mercoledì 15 ottobre 2014

Paura ! - Racconto (2)

Un nuovo racconto di Marco "Artic" Spera, buona lettura !



Paura !

Tu non hai paura.

...e se tutti si disinteressassero alla paura ? Il mondo sarebbe un posto migliore ? Eric pensava di si.
E lui non aveva paura, a nulla valevano gli scherzi degli amici, a niente servivano gli eccessi a cui si sottoponeva, lui negava la paura.
Ma la paura negava lui ?

Era notte fonda e come tutte le notti lui correva, amava fare jogging nelle strade buie e a cuffie incastonate nelle orecchie con musica a palla, lo faceva da sempre a quanto ricordasse, e così continuava a correre senza una meta ben precisa.
Dopo un'ora passata a vagare per la città deserta un lampo attraversa il campo visivo di Eric e poco dopo pochi passi si ritrova faccia a faccia con una vecchietta dall'aria innocua.

Come nulla fosse il ragazzo passò oltre, ma con uno scatto disumano la vecchietta lo afferrò con una morsa ferrea e a nulla valsero gli sforzi del giovane di divincolarsi.

-Hai paura ?- furono le parole che vennero pronunciate dalla vecchia signora che rivelò un ghigno sdentato.

Eric rispose con un beffardo cenno del capo e proprio come a risposta dell'insulto la donna strinse ancor di più la presa affondando le unghie nella carne del giovane che urlò e cercò di divincolarsi con rinnovato ardore, quando riuscì lo strattone gli fece perdere l'equilibrio e facendogli fare delle ridicole piroette su se stesso, quando riprese il controllo e giratosi per dare una lezione a quell'odioso mucchio di ossa, la vecchietta non c'era più. Svanita.

Era decisamente ora di tornare a casa, gli serviva una bella doccia ed una dormita.
Incamminandosi verso casa la vista gli si annebbiò, e mentre avanzava cercava di spostare immaginari banchi di nebbia, dopo essersi messo a correre per raggiungere in fretta la sua abitazione venne assalito da violenti conati di vomito e all'ennesimo spasmo svenne.

Si risvegliò per via di un bagliore accecante, era in una sala operatoria, lo capiva dalla caratteristica lampada che torreggiava su di lui.
Ad un tratto entrò nel suo campo visivo un'infermiera, scarna e senza una parte di mascella, il che lasciava intravedere lembi di nervo e i sottostanti denti, neri e putridi.
Battè le ciglia esterrefatto e la visione scomparve lasciando il viso di una giovane infermiera sano e piacente.
-Non aver paura- si sentì dire da una voce, quella di un uomo presumibilmente il dottore.
-Di cosa dovrei aver paura ?- protese il mento in avanti per vedere cosa stessero operando, era tutto così assurdo ! Vide lo sgardo vuoto del dottore, senza pupille e con una voragine nera per bocca.
Era intento a tranciargli un piede con un seghetto arrugginito, provò a divincolarsi ma era legato ben stretto al letto.
E poi si riscosse.
Era ancora a terra nella strada buia dove era svenuto.
"Bel casino" pensò, doveva aver mangiato male.

Finalmente fu in casa e come da programma si svestì, fece una doccia e si coricò.
Per quella notte ne aveva abbastanza.
Il mattino seguente si svegliò di malumore, fece una rapida colazione e uscì diretto a lavoro, il fast food che tanto odiava.
All'entrata del fast food c'era un insolito cartello.
-Temi il buio, temi la paura stessa.- Pensò ad uno scherzo di pessimo gusto, quindi spalancò la porta deciso ad iniziare una nuova noiosa giornata di lavoro, ma dove avrebbe dovuto esserci il pavimento si estendeva una voragine e lui vi cadde dentro dimenandosi come un forsennato.
Rassegnato alla fine si chiuse in posizione fetale pronto all'impatto che l'avrebbe ucciso, dopo svariati minuti si arrischiò ad aprire gli occhi, e si ritrovò disteso su di un pavimento bianco.
Urla disumane lo circondavano, ma che stava succedendo ? Era un'allucinazione ? Poteva essere, altrimenti tutto quello che vedeva non si sarebbe potuto mai spiegare col raziocinio.
E dopo poco una bella signorina in camice bianco era china su di lui raggomitolato sul pavimento.
-Eric non preoccuparti, sei nella tua stanza, al sicuro da tutto, è l'ora delle tue medicine-.
Medicine ? Si rialzò e dopo una rapida occhiata si scoprì in un manicomio.
Ma che cosa stava succedendo ? Continuava a non capire.
Tentò quindi il tutto per tutto, se era un incubo doveva uscirne e così cercò l'uscita ma una guardia apparsa all'improvviso lo bloccò e respinse in quella che era la sua cella, appena aprì gli occhi dopo il tramortimento si rese conto che la guarda aveva la bocca cucita come anche le palpebre, e come se non bastasse gli avevano mozzato le orecchie.
"Non può essere, è uno scherzo !" Continuava a ripetersi, tuttavia sembrava tutto così reale.
Aveva un forte dolore alla testa.
Cresceva come un fischio perenne che gli trapanava i timpani.
Urlava e non sentiva la sua voce.
Allora pianse, perchè nulla gli restava da fare se non accettare ciò che vedeva.
Era in una manicomio e lui era pazzo.
Appena ebbe preso coscienza di tutto suonò la campanella del pranzo, quel suono lo riportò ai suoi bisogni fisici.
Aveva fame, sete e sonno.
Mentre si avviava al refettorio, fra urla, tic involontari e schizzofrenie varie, intravide in ogni faccia tutti i suoi amici, tutti quelli che erano importanti per lui, persino un paziente che portava il collare del suo cane.
Era pazzo senza ombra di dubbio.
Passò la giornata e venne l'ora del coprifuoco, così le luci vennerò spente e il manicomio sprofondò nel silenzio.

Era notte fonda, una voce ora lo chiamava per nome, e lui obbediente la seguiva come in trance, ma una parte del suo cervello continuava a pensare.
La porta si aprì e rivelò una bellissima donna, la seguiva fuori, ed ora era in corridoio, ora in refettorio, ora in giardino, ora sul tetto dell'ospedale psichiatrico.

-Lanciati, capirai.- Sembrano dolci e melodiose parole alle quali solo un vile non avrebbe obbedito con tutto se stesso, ma nella prigione della sua mente disastrata cominciava a farsi strada il pericolo, lanciarsi era un suicidio e suicidarsi significava la morte.
Pur avendo un sorriso stampato in faccia sapeva di tremare, lo sentiva, e mentre si avvicinava al bordo la voce continuava ad incitarlo finchè non mutò.
La soave musica si trasformo in una cacofonia di tutte le lingue del mondo, le quali dicevano solo : Paura.
Allora mise il primo piede in fallo, e la sua caduta fu inarrestabile verso il terreno, una caduta che portava solo alla morte.

Urlò.
Urlò come non aveva mai fatto prima, e mentre urlava piangeva e malediceva il destino che lo aveva condannato ad una fine così ignobile.
Mentre ancora cadeva in preda al delirio una voce nella sua testa gli chiese : -hai paura ?- e lui rispose nel suo urlo -si ho paura-.
Il mondo si sgretolò sotto i suoi occhi e si ritrovò a terra, in una pozzanghera sulla strada dove era svenuto poco dopo l'incontro con la vecchia donna.
Si rialzò a fatica non riuscendo a dividere più il reale dall'immaginario, e lì rivide la donna che con un ghigno sdentato gli disse -visto ? Tutti cedono alla Paura-.
E si dileguò in una nuvola nera.

Nei mesi seguenti passo notti insonni, cominciò ad accusare disturbi dell'attenzione fino a sfociare nella totale schizofrenia, lo portarono in una clinica specializzata dove passava le giornate a disegnare sui muri e a ripetere tutti i supplizzi che la Paura gli aveva mostrato.
Dopo due anni a causa di un buco nella sorveglianza Eric si gettò dal tetto dell'ospedale.
Lo ritrovarono con un sorriso beato sul volto.

La paura di Eric era sempre stata quella di diventare pazzo.






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