domenica 18 ottobre 2020

Insania.11 - Di sangue e di luce - Recensione Album #30

 


A cura di Anthony

Cosa succede se uniamo un death metal iper-tecnico, creato da due professionisti, virtuosi della chitarra e del metal estremo, con la moderna, fresca e complessa violenza e aggressività di Cannibal Corpse e Meshuggah, la tecnica progressive di Devin Townsend, il tutto cantato in italiano ed una grandissima professionalità? Ecco che abbiamo gli “Insania.11”. Band disponibilissima e paziente (nel mio caso fin troppo, visto il ritardo della recensione), che mi ha inviato l’album direttamente con tanto di lettera indirizzata al sottoscritto. Un cofanetto elegante e minimale, con tanto di booklet con foto della band, i testi dei brani e le divertenti ed inquietanti immagini di zombie e scene splatter. E poi c’è lei, il motivo per cui tutti noi siamo qui: La musica!

Nella proposta musicale degli “Insania.11”, la chitarra (come intuibile) la fa da padrone. Un suono originale, che non fa fatica a farsi notare anche nell’enorme mare delle proposte underground, che spesso, sono fini a se stesse, che passano come il rumore di un tram a mezzogiorno e non lasciano traccia. “Di sangue e di luce” invece, riesce a cogliere nel segno, già dalle primissime note di “Uroboros”, in cui, se è vero che la voce lascia per un momento impietriti, l’enorme lavoro di chitarre (ad otto corde) mi fa sciogliere e si fa amare. Violenza e velocità, con ampio sfoggio di tecnica. Quel classico “caos calmo” che amiamo, dove il suono è potente e controllato, dove non si scende mai nel rumore ed il tutto è ben dosato.

Cannibal Corpse come se piovesse nel secondo brano “Metamorfosi”, riff poderosi alternati con un blast beat fisso e potente, composizioni che rasentano il Groove metal, pur senza cedere di un passo la violenza e l’aggressività. Ammetto, sento “stranezza”, nel cantato in italiano, ma è un limite mio, infatti i brani sono perfetti così come sono, non è la nostra lingua ad essere un ostacolo, bisogna solo allenare l’orecchio a pezzi del genere in italiano. Anche i grunt proposti sono convincenti, alternati a parte parlate e a campionamenti macabri, come l’intro di “Nosferat (aspettando l'alba)” che è praticamente una immensa fase ritmica, un tappeto fatto di lame, pezzi di vetro e corpi squarciati, dove non possiamo far altro che strisciare senza mai la possibilità di alzare la testa per avere un attimo di respiro. Una tortura totale e completa, che come nel migliore Hellraiser, nel momento in cui riusciamo a trarre piacere da questo tocco gelido e affilato, raggiungiamo la vera illuminazione. Proseguiamo con “I morti” ed il suo spettacolare riffing. Cosa che va ad accentuare il concetto del brano precedente. La tecnica che si spreca, il tutto velocissimo e senza una minima sbavatura, le chitarre sempre in primo piano a rendere voce e gli altri strumenti solo un mezzo, un contorno alla portata principale. Quello che manca, è l’assaggio di un assolo, di un momento di più ampio respiro, invece questo Ep vive di sezioni ritmiche dal ritmo crescente, una dietro l’altra, senza un minimo di respiro, senza un secondo di pace, si corre distruggendo qualsiasi cosa senza preoccuparsi di niente, nudo e crudo.

“B Naural (i figli del quinto sole)”, è il brano più lungo dell’Ep, campionamenti elettronici del tutto inaspettati mi accolgono con un sorriso ampio e luminoso, mi sembra di aver sbagliato disco, finché non è un fitto growl a fare la comparsa, sulla sezione ritmica progressiva, che piano inizia a reclamare spazio. Un brano molto più gelido rispetto agli altri, con una cattiveria affilata come un bisturi. Qui la grande capacità tecnica, non viene ostentata come nei precedenti pezzi, ma anzi, è sottile e latente, come un serpente grosso che si muove lento, che non ha la minima voglia di mordere, ma non costringetelo ad alzare la testa.

In ultima analisi è un piccolo gioiellino di thrash-death metal moderno e pulito, curatissimo, che dimostra, per l’ennesima volta, che il metal estremo può essere qualcosa di molto serio e per niente accostabile al rumore ed alla voglia di violenza fine a se stessa, e che soprattutto, è un genere che richiede una capacità ed una bravura fuori dal comune, perché a picchiare su un rullante sono bravi tutti, a premere un metal muff pure, ma è da come poggi le mani sulle corde che si vede la differenza!

Anthony

Tracklist:

01. Uroboros

02. Metamorfosi

03. Nosferat (Aspettando L’Alba)

04. I Morti

05. B Naural (I Figli Del Quinto Sole)

Line-up:

Samaang – voce, chitarra

Ethrum – chitarra

Contatti:   https://www.facebook.com/Insania11/



sabato 6 giugno 2020

Aleister Crowley - I Racconti della Bestia - Recensione Libro #4


Finalmente, complice anche la quarantena, ho avuto l'occasione di leggere i racconti di Crowley, personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni, ma che, nonostante la fama e l'accattivante alone di mistero, oscurità ed occultismo che circondano la sua figura, non riusciva a trovare il giusto spazio letterario, che poteva far gola agli appassionati. Infatti, come ho già avuto modo di dire Qui, ben otto, dei dieci racconti raccolti in questo volume, non erano mai stati pubblicati in Italia. Ringraziamo quindi Edizioni arcoiris e La Biblioteca Di Lovecraft, per aver rimediato a questa mancanza.
Ma parliamo del libro, prima di tutto, volevo soffermarmi sull'aspetto estetico del volume, bello, curato, con una copertina ruvida molto piacevole al tatto, cosa che aumenta anche grazie al formato tascabile, si, forse la bella ed accattivante copertina avrebbe meritato un formato più da volume "maestoso", che faccia bella figura in libreria, ma sinceramente io sono contento così, lo trovo comodo, bello, elegante e non mi dispiace questa presentazione. Devo dire la verità, la mia copia non è impeccabile, il difetto maggiore è la copertina scurissima e altri piccoli difetti maniacali, ma credo che la cosa sia dovuta al fatto che si tratta di una copia promozionale, destinata a noi recensori, invece le copie a disposizione del pubblico, come ho avuto modo di vedere, non presentano nessun difetto importante.
Innanzitutto, la prefazione di Steve Sylvester, il leader dei Death SS, arricchisce non poco l'opera, dato che si tratta di un personaggio che conosce molto bene la figura di Crowley, che ha fatto ampio uso della sua dottrina nei testi delle sue canzoni e quindi, quale miglior occasione per scoprire meglio anche l'interiorità dell'occultista, se non venendo introdotti da qualcuno che non solo conosce l'argomento, ma che per tanti anni ne ha fatto proprio l'insegnamento e la filosofia ?!
Comunque, parlando ora del contenuto, con la penna in mano Aleister Crowley non era certo Dante Alighieri e devo dire che il suo apporto alla letteratura non è certo così imprescindibile, molti dei racconti, bizzarri già dal titolo, sono inconcludenti, non hanno un mordente, sono bizzarri e spesso sembrano "senza capo né coda", ma devo dire di averne apprezzati un paio, cioè "Al bivio" e il bellissimo, veramente bellissimo "Il colore dei miei occhi", che da solo merita la lettura del libro. Anche "La volpe" e "Un ballo in maschera", meritano molto, ma, come ho già accennato, non aspettatevi racconti "normali", sono più che altro delle "raffigurazioni" letterarie in cui scovare, scoprire e comprendere attraverso gli allucinati e macabri esempi di Crowley, il suo pensiero, la sua idea del mondo, delle religioni, dell'occultismo e tutto ciò che lo ha reso leggenda. Come dice l'ultimo dei dieci racconti "Queste cose sono un'allegoria". Spesso poi, le storie sono accompagnate da piccole e carine illustrazioni che danno respiro alle pagine e aggiungono quel tocco visivo, che guida ed indirizza la nostra immaginazione.
Si tratta comunque di un libricino di meno di 150 pagine, quindi io consiglio a tutti di leggerlo, soprattutto se amate l'horror, l'occulto e se siete interessati a tutto questo mondo macabro e avvolto nel mistero e nella leggenda, se ne sta parlando molto di questo volume e non perderei l'occasione di averlo, sia per arricchirsi personalmente con qualcosa di non convenzionale che difficilmente troverete altrove, sia per dare un segnale all'editoria nostrana, che possa comprendere che esiste un pubblico anche per questi contenuti e che si debba sempre aspettare l'anima pia di un editore che per puro amore dell'arte e della conoscenza, renda disponibili opere che in caso contrario, andrebbero a finire nel dimenticatoio, restando ignote ed inaccessibili al grande pubblico, che invece, mostra interesse e fame, anche di bizzarria !
Anthony

Titoli dei racconti presenti:
1- Prefazione di Gianluca Venditti e Jacopo Corazza;
2- Introduzione di Steve Sylvester;

- I racconti di Aleister Crowley
1- La Violinista;
2- Al bivio;
3- Un ballo in maschera;
4- Il cacciatore di anime;
5- La volpe;
6- La faccia;
7- Illusion d'amoureux;
8- Il colore dei miei occhi;
9- Il furto della signorina Horniman;
10- Queste cose sono un'allegoria.


domenica 23 febbraio 2020

Voland - "Voland 2" - Recensione Album #29




Dopo il debutto omonimo del 2008, tornano i Voland con il secondo Ep, chiamato “Voland 2”, uscito in mini-cd nel 2017 di cui sto per parlarvi, con un po’ di ritardo (mea culpa).
La prima cosa che salta all’occhio, è sicuramente il formato in cui sono racchiusi i quattro brani che compongono “Voland 2”, i mini dischi sono rari, scomodi e ognuno, legittimamente, si chiede se funzionano nel proprio impianto. Ma, com’è ovvio che sia, dietro una scelta particolare, c’è sempre una ben precisa scelta artistica o anche semplicemente stilistica. Bando alle ciance, iniziamo subito!
“1917”, è il primo pezzo, l’inizio di questo black metal sinfonico e grezzo con cantato in italiano, che alterna uno scream sfatto e sinceramente poco convincente, ad un cantato simil-lirico curioso che alterna l’italiano al russo. I testi infatti parlano della Russia sovietica e rivoluzioni proletarie, quasi a voler sfacciatamente dimostrare che il black metal non è sinonimo di destra e non è unicamente accostabile alla parte di pubblico che oltre al cuore, di nero ha anche la camicia… Personalmente, la politica in musica mi ripugna, da qualsiasi parte arrivi. La politica divide e la musica unisce, non vedo come le due cose possano convivere, quindi non apprezzo la scelta dell’argomento trattato, ma non in quanto “rosso”, ma in quanto politico. Avrei preferito l’ennesima storia di demoni, tagli sui polsi, sangue e sesso, e l’ennesimo sermone sull’arrivo dell’apocalisse e l’ascesa di Satana.
Ma tant’è, proseguiamo quindi con “Ottobre”, questa volta totalmente cantata in italiano. Le tematiche restano le stesse, ma la produzione sembra migliorare, o forse sono le mie orecchie ad essersi abituate al sound dei bergamaschi e mi trovo ad apprezzare maggiormente, a livello musicale, questo brano rispetto all’apertura. Interessante il riffing dilatato e solenne e il ritmo sostenuto rende tutto piacevole e adatto ad un bel head-banging.
“Dubina”, e la sua cantilena, aprono velocemente prima del sinfonico riff, potente e solenne, rapido si muove e segna solchi che di colpo diventano scarlatti, sotto un testo di nuovo cantato in italiano ed in russo, con addirittura una strofa in tedesco! Una prova di black metal poliglotta notevole, ma soprattutto violento e convinto nei propri valori e convinzioni, che, chi apprezza la musica politicizzata o ne condivide gli ideali, apprezzerà sicuramente.
L’outro è un componimento strumentale, salvo per qualche campionamento, che ci immerge direttamente nel vissuto del periodo, quel 1917 in cui la rivoluzione d’ottobre lasciò il suo segno nella storia, facendoci assaporare la realtà del momento, i suoni, ma anche gli odori e i sapori che quella gente respirava e viveva ogni giorno.
Sicuramente un lavoro controverso che non piacerà a tutti, ma ciò non toglie nulla alla maestria ed all’epica ferocia dei “Voland”, che tirano fuori un lavoro, sicuramente da ascoltare! Scusandomi per il ritardo della recensione, vi invito tutti ad ascoltare questo Ep, sorvolando (eventualmente) sul fattore politico.
Anthony

Band : Voland
Album : Voland 2
Paese : Italia
Città : Bergamo
Line up: Haiwas (Tutti gli strumenti)
               Rimmon (Voce)
Contatti : Facebook
                E-mail


sabato 15 febbraio 2020

Blood Crush : Il video del singolo Twisted Love !


Ed eccolo finalmente, avevo parecchio hype riguardo questo video, innanzitutto perché Nicole è un'amica e sono entusiasta per i suoi successi personali, ed inoltre perché è una brava artista, una grande professionista che ha saputo circondarsi da altrettanti grandi musicisti, che sono riusciti a canalizzare l'attenzione anche di chi non ama particolarmente il metal con voci femminili e meno canonico sul loro progetto, tanto da realizzare, con sommo piacere, più di mille visualizzazioni in una sola notte dopo l'upload!
Quindi che dire, vi ricordo che il singolo è acquistabile su DistrokidiTunes e Google Play e vi lascio al video ! Buon ascolto.
Anthony


domenica 2 febbraio 2020

Blood Crush, il singolo di debutto "Twisted Love"


Avevo già conosciuto Nicole Willerton, con la quale è nata poi una bella amicizia, qui nella Stanza B-151, quando la band in cui allora militava, i "New Zone" stava iniziando ad attirare l'attenzione e, fui il primo in Italia, a realizzare una intervista alla bella cantante svedese. Oggi, accantonata l'esperienza "New Zone", la ritroviamo leader di un progetto totalmente nuovo, fresco, che ha saputo immediatamente far parlare di se, ovvero la nuova band "Blood Crush", che ha annunciato l'uscita del suo singolo di debutto "Twisted Love", che sarà accompagnato da un videoclip ufficiale. La data è fissata per il 14 Febbraio e non ci resta che attendere trepidanti per scoprire il sound del nuovo album, di cui sicuro parlerò in un futuro non troppo lontano!
Tenetevi pronti a passare un San Valentino innamorati del sangue !
Anthony
Line-up:
Nicole Willerton - Vocals/Screams
Bradley Hall - Guitar
Hareth Khalfan - Bass
Phil Martin - Drums


sabato 1 febbraio 2020

Aleister Crowley - I Racconti della Bestia


Lo aspettavo da un po' e finalmente è nelle mie mani, il bellissimo volume edito da "Edizioni Arcoiris" che presenta il secondo volume de "La Biblioteca di Lovecraft", dedicato al noto occultista "Aleister Crowley", personaggio controverso, che da sempre suscita l'interesse di chi si dedica al macabro e da sempre ispira artisti di ogni genere, come ad esempio "Steve Sylvester", leggendario frontman dei "Death SS", che non hanno certo bisogno di presentazione, che qui scrive l'introduzione.
Il volume il questione, dal potente titolo "I Racconti della Bestia", in comodo formato tascabile e con una splendida copertina molto piacevole al tatto, contiene ben dieci racconti scritti da Crowley di proprio pugno, tradotti per l'occasione e raccolti in questa che è di fatto la prima antologia dedicata al maestro dell'esoterismo, in lingua italiana: Ben otto, dei dieci racconti infatti, non erano mai stati tradotti prima nella nostra lingua, cosa che rende questo libro una vera chicca per chiunque sia appassionato non solo di tutto ciò che riguarda il mondo della paura e dello spavento, ma anche a chi semplicemente si interessa di storia, biografie o letteratura in generale.
Quindi, nell'attesa della recensione che posterò qui nella Stanza B-151; vi invito a recuperare "I Racconti della Bestia", insieme al primo volume della collana, dedicato al Maestro dei maestri: H.P. Lovecraft, che potete trovare QUI.
Continuate a seguire i post della Stanza, per non perdervi la recensione !
Anthony


domenica 12 gennaio 2020

Karma Shock - Human Landscape - Recensione Album #28



Cosa succede se uniamo i Joy Division con i Daft Punk, i Depeche Mode, tonnellate di Synthpop, vaporwawe, elettronica e gocce di EBM, Ambient e Techno? Ecco che abbiamo i Karma Shock, un duo italiano che ha attirato l’attenzione della scena, grazie a questo “Human Landscape” ed alle atmosfere degli anni ’80 che sono tornate prepotentemente ad imporsi nel panorama moderno. Qui tuttavia, non ritroviamo per l’ennesima volta il solito disco nostalgico di una scena musicale underground, tanto cara alle anime oscure dagli anni ’80 ad oggi, ma anzi, troviamo pezzi che sono in grado di riscoprire una freschezza e modernità sia sonora che compositiva, che ben si sposa con il genere proposto. Già dalla copertina ci rendiamo conto che questo è un duo che mastica bene la materia e che non si tratta dei soliti appassionati, improvvisatisi esperti, perché il disagio che trasuda da questa immagine, muta, privata persino del logo e del titolo, racconta di un mondo che pensando di essere nel futuro, non si accorge di essersi sempre più de-umanizzato, la trasformazione di manichini di plastica che cercano sesso e “perfezione” artificiale, ciechi a tutto il resto, ciechi persino alla loro condizione. Condizione espressa perfettamente nel ritmo da pista di “Everyday”, amplessi androgini e coscienze annebbiate, corpi di cui resta soltanto un affannarsi e strusciarsi l’un l’altro al centro della pista; per non pensare, per trascendere al livello superiore di “Dance with myself”, dove il Synth-pop è una discesa su cui scivolare, un percorso nello spazio su una striscia di terra, che non sappiamo dove ci porterà. Basta chiudere gli occhi per ritrovarsi a viaggiare con tanto di scia del delay. Mi lascia un po’ spiazzato la vena industrial di “Work” che va ad unirsi con un synth acido, malevolo, al limite del fastidio, ma è lì che ne comprendi la grandiosità, perché “Human Landscape” è un album che, seppur non compatto ed omogeneo, sicuramente si basa su un unico pensiero e riesce a trasmettere oscurità, disagio, creando mondi fatti di plastica dove tutto si ripete e si fonde, prende forme che si susseguono all’infinito e spaventano, nel loro proseguire senza una meta nello spazio che ci è dato di visitare, ma se siamo vivi e tutto intorno a noi esiste, grazie a questo susseguirsi di “lavoro” insopportabile, sempre uguale, industriale, giorno, dopo giorno e la cosa è spaventosa, per quanto “familiare”.
I “Karma Shock” sono stati una bella scoperta quindi, un debutto da non lasciarsi scappare, soprattutto se si ama il genere, un post-punk molto elettronico e synth-oriented, molto diverso dall’oscurità di band come “Suspiria” o i “The Cure” di “Pornography” e “Faith”, più vicino a realtà come i “Clan of Xymox” e i già citati “Depeche Mode”, ai cui fan, consiglio di tenere sott’occhio questa band, aspettando i lavori futuri.
Anthony

Band : Karma Shock
Album : Human Landscape
Anno : 2019
Paese : Italia
Città : Milano/Rimini
Membri : Piero Cocozza: chitarra, voce, sintetizzatori
.               Antonio Induddi: basso
Tracklist: 1. My secret world
                2. The pain
                3. Finally
                4. Everyday
                5. Dance with myself
                6. This is not a way
                7. Work
Contatti : karmashockofficial@gmail.com
                  Bandcamp
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giovedì 2 gennaio 2020

Top 10 2019 !

Anche se con un briciolo di ritardo, anche quest'anno voglio pubblicare quella che secondo noi della Stanza B-151, è la classifica dei migliori album metal dello scorso anno !
Ovviamente, è da ritenersi del tutto personale e non da prendere alla lettera, questa lista è stata composta basandosi sui gusti e le competenze del sottoscritto, senza che ciò ritrovi un reale riscontro nell'oggettività.
Anthony

1- Ison - Inner-Space



Sono partiti a bordo della navetta rossa nel 2019 e, chissà quando rimetteranno piede sulla Terra gli Ison capitanati dalla splendida ed enigmatica Heike Langhans,
già voce dei Draconian, che non trova pace su questo pianeta e così, tra vari progetti come :LOR3L3I: e altri lavori personali, parte attraverso lo spazio siderale con un album magnifico, magistrale, dopo l'ottimo, eccellente "Cosmic Drone" e il bellissimo, magistrale "Andromeda Skyline", gli Ison arrivano al terzo album che tocca picchi mai esplorati dello spazio e dell'animo umano. Un viaggio astrale interminabile attraverso il cosmo, lontani il più possibile dal proprio corpo, alla ricerca di ciò che ci rende umani e della comprensione di ciò che ci circonda. Assolutamente magnifico!


2- Strigoi - Abandon All Faith


Ne ho sentite di ogni su questo progetto, sarà che portano il pesante marchio di "Gregor Mackintosh" una delle massime autorità in ambito metal estremo, e allora
tutti a dire "ce n'era bisogno?"; "A cosa serviva questa nuova band ?", io invece dico sì, c'era bisogno, evidentemente è stata una boccata d'aria, uno spiraglio di libertà per gli artisti, già troppo incanalati e costretti nei progetti principali, e qui finalmente hanno potuto liberarsi, sfogarsi, essere maligni, cattivi, pesanti e distruttivi, creando un immaginario oscuro, un mondo tetro fatto di death metal e macchie d'inchiostro, senza cannare un singolo pezzo, ma imponendosi con uno degli album estremi, più interessanti della scena attuale.

3- Opeth -  In Cauda Venenum


Gli Opeth ormai sono una garanzia, è impossibile che propongano un album brutto e personalmente credo che non siano proprio in grado di realizzarlo, anche volendo! E' vero che sono cambiati, che hanno mutato, si sono addolciti, si sono incazzati, hanno cambiato immaginario, forma e modi di fare, ma non è una opinione il fatto che cambiando l'ordine dei fattori, il risultato non cambia, quindi gli Opeth non si discutono: si amano. 


4- Fleshgod Apocalypse - Veleno


5- Mgła - Age Of Excuse


6- Borknagar - True North


7- Abbath - Outstrider


8- Slipknot - We Are Not Your Kind


9- Alchest -  Spiritual Instinct


10- Gastir - Ghosts Invited