martedì 28 ottobre 2014

Eravamo - Racconto (4)





Eravamo vicini quando, nelle fredde notti d'inverno ci scaldavamo facendo accostare i nostri corpi nudi sotto le coperte.
Eravamo così legati da tutto ciò che poteva chiamarsi amore e più di noi, nulla vi era.
Come saremmo stati felici insieme in un'altra vita magari, senza pensieri, in riva al mare in qualche paradiso caraibico.

Ma ora sei li di fronte a me, sembri non riconoscermi.

Era la follia assassina di Selina, la quale continuava ad avventarsi sul cadavere del suo fidanzato, come a volerne strappare l'anima dalle spoglie oramai deturpate e prive di vita.
D'un tratto si scosse, una voce la chiamava, la invitava ad un uscire fuori, di dileguarsi nel buio, la voce parlava di qualcuno, la stavano cercando e lei doveva fuggire.
E fuggì.
In mano aveva ancora il coltello con il quale aveva tolto la vita all'uomo che tutto era per lei prima che arrivasse la Voce.
Doveva seguirla senza fare storie. E così fece. Si fece largo nelle strade deserte, mentre nella notte una sirena; avevano dato l'allarme, non doveva farsi prendere, la Voce la guidava e Selina imboccava vicoli su vicoli incurante della sottile vestaglia che la ricopriva, sembrava conoscere da sempre quelle strade, eppure si era trasferita in quella cittadina da qualche mese.
Arrivò all'ingresso di un palazzo che all'apparenza sembrava abbandonato, ma appena lei giunse dinnanzi ad una porta di metallo arruginita uno spioncino si aprì e dopo un attimo scattò il chiavistello che le consentì di entrare.

Era all'interno da pochi secondi quando la Voce le sussurò : Hai compiuto il tuo scopo. Devi morire.
L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, cercò di scappare ma la porta che prima era spalancata adesso era chiusa e sorvegliata da due uomini con grotteschi passamontagna.
Ehi ma aspetta ! Aveva ancora un coltello in mano, ed in un disperato tentativo di fuggire lo brandì per colpire i custodi della porta, ma neanche a mezzo metro da loro, la Voce la bloccò e la costrinse a squarciarsi lo stomaco.
Viscere e sangue si sparserò sul pavimento e Selina morì.

Una voce la chiama.
<<Selina! Selina! Svegliati è l'ora di pranzo!>> Pranzo ? Quale pranzo ? Dove si trovava ? Si guardò intorno, una giovane infermiera a giudicare dal suo modo di vestire le sorrideva dalla porta.
Ammiccò per schiarirsi la vista e scende dal letto.
La colpì un dolore lancinante allo stomaco, si sollevò la vestaglia e scorse una rossa cicatrice orizzantare nel basso ventre.
Era tutto reale ? Era successo davvero ? Aveva davvero ucciso il suo fidanzato ? I ricordi le salirono alla mente ed ebbe un violento conato di vomito, dopo che si fu ripresa, l'infermiera l'aiutò ad alzarsi dal letto e l'accompagnò al reparto mensa, dove altre persone stavano già consumando il pasto in un deprimente silenzio.
Sedette a tavola e iniziò a mangiare ciò che le veniva servito.
Dall'aspetto vi era una bella bistecca di carne, però non aveva mai visto quel tipo di taglio, era davvero strano.
Assaggiò e le piacque anche, iniziò a mangiare con gusto e i dolori parvero placarsi, dopo poco si alzò dal tavolo e decise che le avrebbe fatto bene una passeggiata e così imbocco un corridoio, poi un altro, poi un altro, e più avanzava e più sembrava aumentare una strana aura di tenebra.
Si ritrovò dinnanzi ad una porta di ferro di fattura rozza ed a tratti arruginita, perchè decise di aprirla non lo sapeva, se ne pentì subito dopo, perchè quella porta conduceva in una spaziosa stanza quadrata dove persone corpulente e deformi macellavano quelle che erano persone.
La carne che le era tanto piaciuta era carne umana.
La videro.
O per meglio dire, la fiutarono, perchè erano tutti ciechi ed al posto degli occhi avevano vuote orbite a volte abitate da vermi che si nutrivano della loro cancrena.
Due mani possenti e rozze la afferrarono, cercò di divincolarsi ma era tutto inutile, come in un lampo carpì stralci della realtà intorno a lei.
Veniva sollevata.
Veniva appesa ad un gancio. Il dolore.
Un coltello.
Il suo sangue in una vasca.

Si svegliò di soprassalto, si ritrovò a fissare il soffitto di casa sua.
Ma che cosa era successo ? Era un sogno senza dubbio, era tutto ok, era li nella sicurezza della propria casa.
Le dolevano lo stomaco e la gola, probabilmente colpa del ciclo e di una congestione, poteva capitare si disse.
Entrò in bagno, si guardò allo specchio e notò un taglio alla gola, alzò la vestaglia e trovò anche lo squarcio all'addome.
Era un incubo non c'erano alternative, non poteva essere vero, era tutto così assurdo!
Doveva uscirne e non sapeva come, dov'era il suo fidanzato ?
Era vivo o morto ? La risposta era alla sua destra. Era lui, deturpato così come lei lo aveva ridotto, brandelli di carne penzolanti ovunque, le ossa delle mandibole scoperte, era un mostro, non l'uomo che aveva amato. Ma perchè lo aveva ucciso ? Non se lo ricordava e se lui era lì come faceva ad essere morto ? Nel frattempo però se la sua mente si poneva quesiti alla velocità della luce, lei rimaneva impietrita, e non riuscì a reagire nemmeno quando lui cominciò a mangiarla partendo dalle estremità.
La mantenne in vita per farle provare ciò che aveva provato lui.
Oramai allo stremo la vita l'abbandonò.
Di nuovo.

Stavolta era pronta a tutto, sapeva che si sarebbe risvegliata in qualche posto assurdo e con le sue ferite di ogni "vita" passata.
Aveva ragione, ma solo in parte, era in un posto sconosciuto, un albergo forse, ma le sue ferite erano sparite, anzi, era vestita in una delicata tuta bordata di rosa.
E le ferite ? Si era svegliata ? E dov'era ? Nel frattempo uscì fuori, imboccò il corridoio e prese l'ascensore, mentre le porte si chiudevano da una stanza adiacente uscì uno dei macellai dell'ospedale.
Impazzita dal terrore si scostò dalla porta e mentre l'ascensore scendeva verso il basso lei lo udì urlare.
A quell'urlo se ne aggiunsero altri ad ogni piano che oltrepassava.
Era braccata, e da tutti i piani giungevano urla che si richiamavano a vicenda quasi a coordinare quella macabra caccia all'uomo che si stava per svolgere.
Giunse finalmente al piano terra dopo quella che le sembrò un tempo infinito, e li lo shock.
Era di nuovo nelle cucine dove gli uomini venivano sgozzati; ma proprio li davanti a lei, si rivide sgozzare da un essere deforme.
Stava rivivendo il suo risveglio in terza persona.
Tutti nella stanza la videro e le urlarono contro, quanti erano ? Dieci ? Venti ? Non lo sapeva, doveva solo fuggire.
E lo fece.
Correva a ritroso lungo il corridoio che ricordava vagamente, ma eccola fuori dall'ospedale.
Non si fermò a controllare dove fosse, pensò solo a scappare, finchè non si ritrovò nello stesso vicolo dove tutto era iniziato, e li di nuovo vide il suo alter ego venire squarciato e lasciato morire.
Superò tutto con un balzo, non voleva vedere tutto ciò, non voleva ricordare, e mentre fuggiva ebbe un blackout.
Era in casa sua, e la Selina di quel momento passato stava per uccidere il suo fidanzato.
Doveva impedire almeno quello.
Afferrò il braccio della sua "gemella", finirono a terra, ma questa la bloccò al pavimento e le vomitò addosso litri di sangue.

Gridò con quanto fiato aveva in gola.
Le luci si accesero ed una voce la chiamava.
Era lui, il suo amato, la chiamava e scuoteva, sapeva essere tutto vero perchè ne sentiva il calore, e senza smettere di piangere affondò la faccia nel suo petto e pianse.
Passarono i minuti, le ore e lei continuava a piangere.
Alzò lo sguardo, e lui la fissava con amore, le disse che era stato un sogno, era tutto passato, qualsiasi cosa fosse successo, ora erano assieme, lei gli credette, e lo baciò.

Il mattino seguente i segni dei suoi sogni erano ancora evidenti.
La paura l'attanagliò a tal punto da spingerla a gettarsi dalla finestra dell'albergo in cui viveva, lo stesso nel quale lavorava come cuoca nella sala da night dello stesso.
A volte il confine fra sogno e realtà è talmente sottile da unire le due cose.


                                                                                                                 Artic




sabato 18 ottobre 2014

AFTERMATH - Recensione (5)



a cura di Anthony

E' possibile togliere la dignità, anche dopo la morte di qualcuno ? Sono davvero utili, tutti quei rituali 
ed onori funebri che in ogni tempo e cultura, sono destinati ai defunti, oppure, è un qualcosa che 
serve per lo più ai vivi, e che ai morti, è totalmente indifferente ? Cosa accadrebbe al defunto, nel caso il suo corpo, venisse straziato, umiliato, disonorato, degradato, insomma, mortificato e disprezzato in ogni modo possibile ? Quel freddo involucro di carne, senza più funzioni vitali, è ancora un essere umano, o è diventato una cosa, un oggetto ? 
Questo si chiede, e ci chiede, il talentuosissimo regista spagnolo Nacho Cerdà, nella sua Trilogia 
dedicata alla morte, iniziata nel 1990 con The Awakening, proseguita con Aftermath, nel 1994 e 
conclusasi poi, quattro anni dopo, con Genesis. Passiamo alla trama di questo secondo capitolo, quello che più di tutti, ha fatto discutere. 
Marta, era alla guida della sua auto, quando un cane le taglia la strada, lei lo investe, sbanda e muore 
nell' incidente. Come è da prassi, in questi casi, il suo corpo viene sottoposto ad autopsia, ma, la 
doppiamente sfortunata Marta (o il suo corpo), cade nelle mani di un anatomopatologo che ama la 
necrofilia, che farà scempio di ciò che fino a poco tempo prima, era una ragazza. 
Girato in un vero obitorio di un ospedale, in soli otto giorni, Cerdà, ci mostra senza mezze misure, la 
cruda realtà che si cela nelle camere mortuarie. In questo caso, troviamo medici che non si fanno 
scrupoli a riempire di stracci le scatole craniche, rimettere gli organi alla rinfusa all' interno del busto 
del malcapitato (anche il cervello viene compresso nell' addome, all' altezza dello stomaco), vediamo 
tubi dell' acqua, atti a sciacquare via il "lettino" metallico, da tutto il sangue e il tutto, è molto lento e 
cadenzato. Nei suoi appena 32 minuti, Aftermath è un film muto, ma non pensate alle pellicole di 
inizio secolo, semplicemente, non ci sono dialoghi e quindi, nessuno parla durante tutto il film. La 
fotografia, affidata a Christopher Baffa, è glaciale, fredda, con dei toni di grigio-blu che ti entrano nelle ossa,  che vanno ad amplificare la sensazione di ambiente asettico e ospedaliero e, quando qualcuno consegna un rosario a quelli che presumibilmente, sono i genitori della povera Marta, si ha la sensazione di attraversare un cancello, una porta, qualcosa che simboleggi un passaggio che mette fine, non solo alla vita della ragazza, ma alla sua condizione di essere umano. Un atto di grande simbologia, come a voler dire "La sua anima, qualora ci crediate, è qui, nelle mani del Signore, tutto il resto, ora è nelle mie". 
Tecnicamente, il cortometraggio, è pressoché impeccabile. Certo, la MDP (Macchina Da Presa), non ci risparmia frequenti primi piani e morbose inquadrature in piena shock exploration, ma il tutto, è 
fatto senza quella malsana malizia tipica di pellicole più thrash. Ci troviamo di fronte ad un opera 
fortemente artistica e, proprio per questo, lontana, dai bassi propositi di altre produzioni. I manichini 
usati come cadaveri, sono davvero molto convincenti, gli effetti speciali sono magistrali e nonostante l' effetto del rigor mortiis, venga un po' esasperato, e un leggero effetto "plastico" si noti, sfido chiunque a non farsi impressionare, soprattutto quando notiamo dei tagli con tanto di fuoriuscita di sangue, all' altezza dei polsi e delle caviglie (Per chi non lo sapesse, ai cadaveri, vengono di solito tagliati i tendini negli arti, per evitare macabre e fastidiose contrazioni nelle ore successive al decesso). L' unica pecca, a mio avviso, è il comparto audio, infatti nonostante nessuno parli mai, ci sono dei versetti fastidiosi (che poi vanno ad amplificarsi durante lo stupro), per quasi tutto il film, e questo, penalizza non poco il risultato finale.
La scena dello stupro, è glaciale, potente e shoccante come un pugno allo stomaco. Paradossale, è 
vedere il medico necrofilo, che, oltre al camice, si protegge la faccia e le mani, con diversi strati di 
guanti, mascherina e para-schizzi sugli occhi, per poi denudarsi nella parte inferiore del corpo e 
compiere la violenza, senza altre protezioni (l' attore, ha chiesto diverse volte al regista di non fare più di un chack per quella scena, perché stava già vomitando), e invece è interessante è guardarlo godere del tocco delle mani, con i palmi aperti, nel palpare gli organi interni della giovane. Ma non è tutta qui la violenza di questa pellicola. Infatti, una volta terminato il macabro amplesso, gli organi vengono ancora una volta, gettati nel torace alla rinfusa e, una volta ripulito il banchetto con il solito tubo dell' acqua, il tutto scompare nello scarico del lavello, e nessuno saprà mai cosa è accaduto.
Il finale, ci riserva un ulteriore scempio, una ulteriore degradazione del corpo della ragazza morta, 
proprio per rafforzare il concetto stesso del film. Non vi spoilero oltre, ma è qualcosa che ha a che fare con il cuore della povera ragazza, da sempre, il centro dei sentimenti, dell' amore e simbolo della vita stessa, in ogni cultura e civiltà umana. Ci saluta alla fine, il necrologio sul giornale, che ci racconta della dipartita della giovane "Marta Arnau Martì". 
Se non si fosse capito, qui il livello di gore è veramente alto, tra organi, corpi squartati e sangue, è un 
prodotto che anche un appassionato di horror, fa fatica a digerire. D' altro canto, è assolutamente 
consigliato, un film quasi obbligatorio per ogni weird-gore seeker, oltre che un opera veramente 
artistica. Statene alla larga, se siete facilmente impressionabili...
                                                                                                                                     Anthony

venerdì 17 ottobre 2014

Non chiudere gli Occhi ! - Racconto (3)




Cinque giorni. Erano ormai cinque giorni che gli occhi di Greta si erano arrossati e gonfiati. Lacrimavano di continuo e lei non riusciva a non grattarseli, peggiorando la situazione.
« Ma tu guarda... santo cielo che dolore ! Devo convincermi a farmi visitare...» Pensò e quella mattina, non andò a scuola. Accompagnata da sua madre, si diresse al pronto soccorso dell' ospedale della sua zona. L' attesa durò circa quaranta minuti e, quando finalmente fu il suo turno, i medici decisero che era il caso di effettuare un breve ricovero. Solo pochi giorni di osservazione, perché una congiuntivite così violenta era cosa rara e poteva portare ad epiloghi anche drammatici.
La ragazza, era assolutamente contraria, ma non poteva opporsi agli ordini dei medici, d' altro canto, anche sua madre era d' accordo : si trattava di una cosa importante, per il suo bene.
Il reparto dove si trattavano i problemi oculistici era al completo, l' ospedale era piccolo e non disponevano di tutti i posti che aveva a disposizione una grande struttura, molto più attrezzata. Le fu affidato un letto, nel reparto maternità : « Fiuuuu ! - fece Greta, tirando un sospiro di sollievo - almeno il reparto maternità è gradevole, con tutti quei neonati ! Pensa se mi fosse toccato quello delle malattie psichiatriche !» Entrò nella sua camera e, con sua sorpresa, vide che era molto scarna. C' era un piccolo tavolo con due sole sedie dall' aria scomodissima, tre letti vuoti e due armadi di metallo grigio, molto ampi. Si avvicinò al letto accanto alla finestra, almeno avrebbe potuto guardare fuori, pensò e fu allora che si accorse di un quarto letto, posto all' angolo opposto a quello da lei scelto, che era coperto da un separé bianco che occultava ciò che si trovava dall' altra parte. A terra, erano presenti delle ciabatte bianche, tipiche da ospedale, che furono subito notate dalla ragazza, che stupita, aprì l' armadietto di metallo per riporvi le sue cose. Tutto taceva. Era circa mezzogiorno, ma nell' ospedale non c' era un singolo rumore, non un vociare, né il pianto di un neonato, così, in quel silenzio assordante, Greta si alzò per combattere la noia. Il reparto era praticamente vuoto, non c' erano bambini nelle culle, né infermiere che giravano. I carrelli pieni di guanti di lattice, siringhe, fiale più o meno grandi e medicamenti di ogni genere, erano lasciati incustoditi, qua e là nel corridoio. Dalle finestre delle camere e dalla grande porta a vetri dell' entrata, filtrava una forte luce, che ferì gli occhi già provati di Greta, che non potè fare a meno socchiuderli e ripararsi con l' avambraccio. Finalmente, raggiunse una camera isolata, posta in fondo al corridoio, praticamente vicinissima all' uscita di emergenza, da cui provenivano dei mugolii. La porta era semi aperta e la ragazza potè notare le culle in ferro dell' ospedale, dentro cui giacevano i bambini appena venuti al mondo. La cosa strana, è che erano tutti ammassati dentro quella stanza, invece di trovarsi nella sezione di neonatologia, dove sarebbero stati accuditi come si conviene. Greta tuttavia, notò che in angolo della stanza, era posta una incubatrice, c' erano pannolini e biberon pronti per essere utilizzati, ma appena si ripulì per l' ennesima volta gli occhi, dalla forte lacrimazione, la voce di una delle infermiere la fece sobbalzare : « Lei deve uscire immediatamente ! Non si può entrare qui, chi l' ha fatta passare ?» Greta si limitò a dire che aveva il desiderio di vedere i bambini e che sarebbe uscita immediatamente.? Tornò nella sua stanza, le ciabatte bianche erano ancora al loro posto ed il separé era immobile come prima. Decise che era il caso di riposare la vista e si mise a letto. Quando si ridestò era ormai scuro fuori. Le giornate diventavano sempre più corte, ed ormai, in pieno inverno, i pomeriggi sembravano notti. Guardò l' ora : le ventuno e quindici, e mentre guardava l' orologio, qualcosa la distrasse. All' inizio, Greta non capì di cosa si trattasse, o da dove provenisse, ma udiva un rantolo basso, una sorta di gorgoglio, che le causava un po' di fastidio. Dopo pochi secondi, realizzò che il suono molesto, proveniva da dietro il separé bianco. « S-Signora ? - provò a dire - Va tutto bene ? Le serve aiuto ? » Ma non ottenne nessuna risposta. Scese dal letto e avvertì immediatamente una forte inquietudine. L' atmosfera era diventata pesante e quel reparto deserto, le sembrò veramente spettrale, ora che non era più illuminato dalla luce del giorno. Si avvicinò alla fittizia parete divisoria e fece un passo laterale, per superarla senza spostarla, ma la voce squillante di una infermiera con i capelli raccolti, la bloccò : « No, non attraversi quella tenda signorina ! Questa è una paziente che ha problemi particolari, non può avere contatto con gli altri decenti, quindi si allontani immediatamente !». Greta un po' perplessa, eseguì l' ordine della donna col camice bianco e si sdegnò per il suo sguardo severo. ?Così uscì dalla stanza, seguita dalla vista vigile dell' infermiera che continuò a fissarla, quando vide che la ragazza si avvicinava alla porta dell' uscita di emergenza e quindi, alla camera dove erano rinchiusi i neonati. Guardandosi intorno, ma stando attenta a non farsi scorgere dalla severa collaboratrice ospedaliera, Greta finse di entrare in uno dei bagni nel corridoio, ma si nascose dietro la porta. Restò li immobile, cercando di capire se fosse ancora osservata. Passarono interminabili secondi, lunghi come un giorno intero e quando iniziò a credere che ormai la via era libera, un urlo squarciò il silenzio di quel reparto deserto. I vetri tremarono e il mostruoso grido le fece raggelare il sangue nelle vene. Non era una voce umana, non poteva esserlo, rumori di rigurgito ed immondo viscidume seguirono quel grido inumano. Greta, sbiancò in viso ed il bruciore agli occhi le parve una inerzia, in confronto alla paura che le faceva esplodere il petto e pietrificare le membra. Corse via, tornò nella sua stanza. Le lacrime colavano dense dagli occhi arrossati, le rigavano il viso e il gonfiore, non le permetteva di distinguere bene le figure, ma ciò che intravide, tra le sue ciglia fradice, le squarciò l' anima. Il separé bianco era accasciato a terra, delle macchie rosse ne coloravano macabramente il bordo inferiore, seguendole con lo sguardo, Greta scorse goccioline di liquido scarlatto, che colavano dalle lenzuola, finendo dentro una delle ciabatte bianche, poste al lato del letto, su cui era seduto un incubo : Il suo viso era bianco, troppo bianco, tanto da sembrare irreale, tentacoli sottili e viscidi, spuntavano da ogni parte del suo corpo, coperta completamente di sangue ed un liquido molto denso e trasparente. Non poggiava la schiena contro il cuscino, ma restava seduta, rigida, non mosse neanche un muscolo, tanto da sembrare di plastica, ma si limitava a tremare, con il viso verso l' alto. Gli occhi senza pupille, erano cerchiati di nero e la cosa che più di ogni altra, distrusse la lucidità mentale di Greta, fu la visione di una lingua lunga e sottile, viscida e ricoperta di melma trasparente, intenta a portare verso le zanne, una piccola manina, piegando il piccolo braccino, all' altezza del gomito. Solo allora, la donna demoniaca abbassò la testa, piano, guardò Greta con i suoi occhi vuoti senza scomporsi, la bocca contratta in un sorriso raccapricciante, nero e gelido, che lasciava intravedere le file di denti affilati e assetati di sangue giovane. Greta rimase senza respiro dinnanzi a quel' osceno spettacolo, tremando, con gli occhi spalancati e la bocca aperta in una smorfia di terrore, riuscì appena a fare un passo all' indietro, poi l' essere inclinò leggermente il capo e, con il collo che si allargò e gonfiò, come il corpo di un serpente, ingoiò il suo mostruoso boccone. A quel punto, Greta riuscì a vedere l' infermiera dal viso severo, che la colpiva alla testa.? Si risvegliò l' indomani. La testa e gli occhi le dolevano come non mai. Provò a toccarsi la testa, ma non ci riuscì. Si rese conto di avere gli arti legati al letto. Non si trovava sulla branda da lei scelta, vicino alla finestra, ma su quello accanto alla porta, proprio ai piedi, del giaciglio della creatura. La ragazza alzò gli occhi, la donna demoniaca era ancora li, immobile, come il giorno prima, non poggiava la schiena al cuscino, né piegava il busto, era ferma, tenendo rigida la schiena e ancora una volta, le parve di plastica. Solo i tentacoli che uscivano dal torace del mostro, facevano dei piccoli movimenti, alzandosi e scuotendosi, facendo schizzare la sostanza trasparente, tutto intorno al letto, che era ancora orribilmente decorato da grandissime macchie di sangue?. Nella camera, con la porta chiusa, due infermiere, tra cui Greta non riconobbe quella dal viso severo, stringevano un bambino. La ragazza legata urlò, dimenandosi nel tentativo di liberarsi e scappare da quell'orrore, ma una delle infermiere, si avvicinò a lei, con una siringa piena di uno strano liquido, mentre l' altra, porgeva il lattante alla creatura. Quando si ridestò, era a casa sua. Sua madre accanto al letto e tutto era normale. Niente mostri, niente bambini. Andò in bagno e vide i suoi occhi normali, allora si rese conto che il dolore era scomparso. La madre le disse che dormiva da giorni, forse per i tranquillanti, ed era ora che si svegliasse ormai ! Così la ragazza tirò un sospiro di sollievo, possibile che sia stato tutto un sogno ? Era quello che voleva credere. Dopo circa una settimana, la sua vita era ripresa normalmente, ma si sentiva sempre osservata, quando camminava si guardava sempre intorno, e sentiva strane presenze, di cui non osò mai fare parola con nessuno, che la fissavano, dai vetri e dagli specchi. Poi una sera, prima di una importante interrogazione, Greta, era sola in casa. C' era qualcosa dietro di lei. Strusciava contro la porta. Il terrore la pietrificava e all'improvviso, un tonfo la fece sobbalzare. Nell'aria si udì una melodia struggente, poi un rumore di passi, inconfondibile : Uno, due, tre, quattro, cinque....uno, due, tre...non si poteva sbagliare, c' era qualcuno o qualcosa dietro di se. Greta, con il cuore in gola si girò...Non riuscì a vedere altro che delle fauci che si scagliavano sul suo viso, sentì il fetore di quell'alito immondo e il sudiciume della saliva colava sulla faccia, mentre era immobilizzata dal morso del mostro. Un ultimo, potente e straziante rantolo, poi il buio.

                                                                                                            FINE Anthony Weird, 2014

La Stirpe del Male - Recensione (4)



a cura di Artic


Riprendendo una frase leggibile sulla copertina del disco..."Non tutti i miracoli sono opera di Dio".
E' il caso però di riferirlo al film La stirpe del male diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett.
Il tema dell'evocazione satanica dell'Anticristo non è un tema nuovo, ma in questo film di stampo nuovo millennio le cose cambiano, infatti nell'era del digitale e del sempre più disilluso pubblico, nel 2014 è difficile trattare temi sacri senza cadere nel banale.
La trama fin da subito desta parecchi dubbi ma anche parecchie promesse che posso assicurare, mantiene tutte.
Parliamo di due ragazzi come tanti, stanno per sposarsi e decidono di dare alla loro storia la possibilità di essere rivissuta tramite video.
Di conseguenza lascia subito presagire che sarà un film diretto con la tecnica del falso documentario, già ampiamente apprezzata nella serie REC.
Fin da subito notiamo una carezza per le orecchie, il doppiaggio impreziosito dalla partecipazione di Letizia Ciampa, la si ricorda principalmente per aver prestato la sua voce al famosissimo personaggio di Hermione Granger nella saga di Harry Potter, successivamente faremo la conoscenza di Padre Thomas avente il timbro caratteristico di Dario Penne, famoso per il doppiaggio del noto attore Anthony Hopkins.
Le riprese del film sono state girate fra Santo Doming e New Orleans, e su Santo Domingo c'è sempre qualche parola da spendere, le ambientazioni infatti risultano chiaramente di festa, dando la giusta immagine di un popolo che sa come divertirsi e far divertire un viaggiatore, quindi già nei primi quindici/venti minuti possiamo fare i complimenti alla regia, sembra di seguire un interminabile videoblog di famiglia, un matrimonio, una luna di miele, e fin qui la narrazione principale è del tutto assente, infatti i meno arditi potrebbero annoiarsi e chiedere una pausa.
Proprio però durante le esplorazioni della bella Santo Domingo facciamo un incontro con una chiromante che come quasi potrebbe dirsi : ovviamente da cattivi presagi.
Qui si è intravisto un tentativo di dare tensione alla vicenda e tagliare la monotonia del diario di nozze, con tanto di sguardi preoccupati e frasi sussurrate.
Seconda nota negativa sono le reazioni umane alle situazioni, infatti esse sono davvero difficili da simulare e da mettere in scena, dato che ognuno reagirebbe in maniera differente alla data situazione di stress e/o pericolo proposta.
Tuttavia è basilare per tutti non accettare l'invito di qualcuno che in terra straniera ti dice : vieni con me è gratis, ti offro la corsa in taxi, ti porto in un posto molto chic.
Significa rasentare la demenza accettare un invito del genere.
Anche durante tutto il film, ci sono alcune cose che poco richiamano la reazione di un uomo medio di fronte a date situazioni (non ne parliamo per evitare inutili spoiler dato che il film merita).
Per accattivarvi però vi dico che ci sarà una scena totalmente geniale di una sconvolgimento di una funzione in una chiesa. Pensatela come volete ma è un "Old but Gold", un classico che non si batte.
A proposito di scene geniali, ve ne saranno svariate durante tutta la visione, quindi preparatevi a dire : Si ! Era questo che volevo vedere !
Lodiamo ancora una volta la regia che da alla vicenda uno spessore che difficilmente si ha in storie di questo genere, ma non aspettatevi esorcismi come ne Il Rito, qui si fa sul serio amici !
Altro tema toccato durante il film e ne occuperà la maggior parte facendo da protagonista...è il parto, si e per come la vedo è già un horror a se stante, vedere un uomo incapace di capire cosa prova la moglie durante una gravidanza è più frustrante che vedere il tentativo di soccorso in Black Hawk Down.
Se provate ad immedesimarvi nel protagonista vi troverete a soffrire con lui, garantito.
Gli avvenimenti narrati durante la vicenda verranno ripresi da videocamere montate in tutta la casa, blindandola a video come nemmeno uno 007 saprebbe fare, e quindi potendo seguire tutti i movimenti dei coniugi e del loro futuro nascituro possiamo vedere che in alcune fasi il film mostra il fianco alla banalità, cosa inevitabile per la difficoltà del tema fin troppo trattato ed abusato, il che richiama in una particolare sequenza il fastidiosissimo clichè del "è successo davvero lo giuro, avevo le prove un attimo fa, ora sono sparite !".
Ricapitoliamo.
All'inizio scordatevi l'azione, vi ritroverete a fissare lo schermo senza un perchè, non preoccupatevi è voluto, perchè la vostra attenzione e gli eventi cresceranno insieme al bambino, sarà una gravidanza di eventi, fatti messi quasi a caso che nel finale partoriranno quello che si chiama davvero una SEQUENZA FINALE.
Avrete tutto quello che avete aspettato e che avete solo assaggiato durante il film.
Considero questo film un buon pezzo da avere nel proprio bagaglio culturale horror, un film che merita di essere visto, un insieme di diverse tecniche già viste in altri capolavori, mixate e riproposte in una salsa nuova e dal gusto fresco.
Voto finale un pienissimo 7/10, mi sento di consigliarlo agli amanti del genere evocazioni, ma accontenta tutti i palati.
Spero di esservi stato utili e alla prossima recensione !


+Tecnica falso documentario/POV
+Letizia Ciampa doppiatrice di Emma Watson nella saga di Harry Potter
+Dario Penne doppiatore di Anthony Hopkins
+Santo Domingo
+Ottima regia
+Scene geniali
+Il senso del film viene avanti in modo graduale
+Sconvolgimento di evento sacro in chiesa "Old but Gold"
+Il tema del parto è un horror a se stante
+Gli avvenimenti crescono con la gravidanza
+Blindatura video, una scelta da 007
+Ottima pinza INIZIO-FINE

-Scarso tentativo di dare tensione nelle primissime fasi
-Reazioni umane e scelte a volte esageratamente discutibili
-Dopo un pò diventa leggermente scontato
-Moderatamente lenta la narrazione, potrebbe annoiare i più impazienti
-Clichè "è successo ma non posso dimostrare perché tutto è stato cancellato"

L'olivastro Inveges - Storia/Testimonianza) (1)


La nostra amica Teresa Rogliero, ci manda una storia vissuta dalla sua famiglia in prima persona, inoltre, sopra è stata costruita una storia dell' orrore dalla stessa Teresa. Godiamoci la sua testimonianza e dopo facciamoci venire i brividi con la sua storia, costruita a d' oc ! Vi lascio, alle sue parole !

Premessa

Dunque da premettere che l’albero della storia esiste davvero e tutt'oggi è lì enorme e maestoso.
E’ un albero d’ulivo secolare e ci sono state delle testimonianze di eventi di natura paranormale.
Si trova a Sciacca, un paese siciliano in provincia di Agrigento. In paese ogni tanto si sentono storielle strane sull'albero e ho voluto costruirci una creepypasta per farlo conoscere anche sulla rete.
Per i curiosi possono vedere l’ulivo tramite le coordinate con google map: 37.559983,13.057991
Esistono anche degli articoli sui giornali e uno in particolare l’ho trovato sul web.
Link dell’articolo sul giornale: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...li-spiriti.html

Il primo pezzo è basato su un evento successo realmente raccontato da mia madre che è stata sul posto con mia sorella e alcuni amici.
Mia madre lo raccontò spaventata ed entusiasta allo stesso tempo (è appassionata di spiritismo), mia sorella invece tutt’oggi si rifiuta di parlarne.


L’oleastro Inveges

Era sera inoltrata avevamo appena finito di cenare a casa della zia, quella molto affiatata con noi. La seconda mamma, si chiacchierava e si scherzava, solite serate dedicate a stare tutti insieme.
Avevo circa 15 anni quella sera, era un periodo strano in cui non avevo voglia di stare con i miei coetanei. Non sono mai stata brava a fare amicizia.

Lo zio iniziò a parlare di piatti prelibati, di verdure cotte in una certa maniera, e confessò di desiderare ardentemente di mangiare le zucchine, quelle tipiche della zona, lunghe, dalla scorza chiara e liscia. Al mercato costavano troppo. Improvvisamente lo zio ci guarda e sorride
<<ho visto un campo pieno di zucchine, è in una zona internata potremmo andare a raccoglierne qualcuna, non se ne accorgerà nessuno.>> Lo guardammo tutti perplessi, non era molto onesta come azione, ma il fratello dello zio riuscì a convincere tutti col suo entusiasmo e partimmo in macchina fermandoci sulla strada vicina al campo.

C’era la luna piena quella notte, illuminava abbastanza bene il campo quindi non avevamo bisogno di torce. Quando scesi dalla macchina lo vidi: si ergeva maestoso nel campo proiettando ombre inquietanti attorno a lui. Un ulivo, secolare, lo doveva essere per forza; era troppo grande per essere un albero normale. Così grande che pensai che non fossero riusciti a estirparlo per liberare quella zona e renderla coltivabile come il resto del campo. Un po’ come una maledizione che condanna qualcosa, rendendola per sempre sua.

Gli zii e persino mia madre sembravano divertiti; scossi la testa pensando che in fondo alcune persone non crescono mai, una verità fin troppo azzeccata. Ma era proprio per quello che mi piaceva stare con loro, si poteva ancora scherzare e fare leggerezze come andare a rubare nei campi. Eravamo in 5, zia, zio e fratello, Mamma ed io. I fratelli si abbassarono a raccogliere le zucchine vicino al maestoso albero, io non ero molto pratica così mi misi a passeggiare senza allontanarmi troppo. Mi incuriosiva quell’albero così enorme, tanto che provai a girare attorno al tronco, era strano: sembravano quasi due alberi intrecciati, contorti fino a diventarne uno solo. Le fronde erano grandi, un lato risultava così pesante da piegarsi verso il basso quasi volesse toccare la terra. Era imponente, fantastico, avrei voluto vederne bene i colori di giorno. Sentii poi lo zio lamentarsi, imprecò più volte facendomi sobbalzare come se mi avesse svegliata da un sonno profondo, tornai dal gruppo chiedendo cosa fosse successo ma lo zio disse soltanto che si era tagliato.

Suo fratello volle raggiungerlo per capire se era un taglio profondo, ma inciampò su una delle radici dell’albero e dopo la sua rovinosa caduta successe qualcosa di strano… molto strano. Dall’albero iniziarono a sentirsi dei versi striduli, come se uno stormo di uccelli si fosse spaventato: era un suono forte e cresceva sempre di più. Divenne così assordante che mi costrinse a coprire le orecchie. Mi domandavo quale razza di volatile potesse emettere un suono così forte; non c'era alcun uccello sull'albero e nonostante ciò i versi non volevano smettere. Spaventata, chiamai mia madre che mi raggiunse ma questo non fece che far aumentare i suoni e a quel punto anche gli zii si spaventarono.

<< Che diavolo è?>> fece lo zio, tenendosi la mano ferita e camminando nel campo per uscire e arrivare sulla strada. Andammo nel panico, l’unica pensiero che ci accomunò fu l’istinto di dover fuggire. Iniziammo a correre verso la macchina, ero vicino a mamma che mi aveva afferrato per un braccio e lo tirava, correndo. Inciampò di colpo e mi cadde addosso.
<< L’erba…>> fece spaventata strattonando il piede da terra, sembrava che si fosse impigliata. La aiutai a tirare via la gamba, la zona era in ombra e non sapevo cosa ci fosse, ma qualcosa aveva intrappolato la caviglia di mamma. Riuscì ad aiutarla e continuammo a correre ma anche i miei piedi ebbero lo stesso destino, trattenuti da radici o erba, era strano! Ebbi la sensazione che l’erba cercasse di afferrarmi e lo spavento fu uno stimolo sufficiente per potermi liberare e allontanare. Anche gli zii ogni tanto cadevano e quel rumore assordante non voleva smettere di crescere, fino a che non iniziò a coprire le nostre voci. Lasciammo le zucchine a terra e arrivammo alla macchina, spalancammo le portiere come se fosse l’ultima cosa che facevamo, richiudendole con altrettanta forza per poi andare via il più velocemente possibile. Quei versi mi sembrava di sentirli ancora forti in macchina, rimbombavano nella mia testa e in quella dei miei familiari.

Lo zio accelerò e ci allontanammo in fretta da quella strada. Solo dopo diversi metri quei suoni fastidiosi smisero di colpo.
<< Che cosa è stato? >> chiese il fratello di mio zio, ancora scosso, si vedeva dal suo sguardo che era frastornato, come tutti dopotutto.
<< Non lo so, dici che era un allarme? >> chiese zia, non molto convinta di quello che diceva, come se volesse convincersi o darsi una spiegazione logica, razionale. Zio fece spallucce, cercando di non pensarci, fissando la strada ma osservandola con poca attenzione. Respiravamo tutti affannati, nessuno si guardava tra di loro, incapaci di reagire.
Nessuno di noi riuscì a spiegare cosa fosse successo e da dove arrivasse quello stormo di uccelli.
Loro parlavano di uccelli, ma io ero sicura che non potevano essere suoni normali, erano troppo strani e troppo forti per essere una cosa del genere, ma non tornarono mai dopo essere scappati e la vita tornò alla normalità.




Qualche giorno dopo ero a scuola, la ricreazione era iniziata da pochi minuti e mi trovavo seduta su uno dei scalini nel cortile della scuola. Le mie compagne di classe chiacchieravano ma io non riuscivo a seguire i loro discorsi, continuavo a pensare a quello che era successo qualche sera prima. Non riuscivo a capire, mi sentivo confusa, avevo subito tutto quanto senza riuscire a vedere qualcosa. Sospirai e bevvi un sorso di coca cola mentre la mia compagna di scuola, Martina, parlò di zucchine staccate nella campagna del suo ragazzo. Sentii le bolle della coca salire su per il naso, mi sentii soffocare e dovetti sputare il liquido per non soffocare.

<< Che cosa? >> chiesi alla mia compagna dopo aver finito di tossire.
<< Giuseppe mi ha detto che stamattina in campo suo padre ha trovato delle zucchine staccate, qualcuno aveva cercato di rubare le zucchine, ma alla fine non le hanno prese, le hanno lasciate lì, che strano.>> quelle parole mi sembrarono un ritratto di ciò che avevamo lasciato al campo.
<< Dove è questa campagna? >> chiesi per essere sicura.
<< E’ nella contrada Scuncipani, hanno la terra vicino l’olivastro. >> fece Martina. Mi venne da ridere, era proprio dove eravamo andati noi la sera prima. Alle chiacchiere si aggiunse anche Daniela, che aveva sentito parlare di olivastro.
<< Intendi quello infestato dagli spiriti? >> fece lei quasi spaventata. Daniela era una gran credulona, dava credito a tutto: alieni, maledizioni, case infestate e altro. Le piacevano molto quei discorsi e per la prima volta in vita mia mi interessai anche io a quell’albero. Le chiesi informazioni e mi raccontò di una storia: si vociferava che il ventre dell’albero fosse un covo di fate. Non si poteva spezzare un ramoscello senza incorrere in qualche sventura, inclusa la morte.

Mi disse che quell’albero era nato da altri due: padre e figlio che si incrociavano creando quel fusto enorme. Non mi aspettavo che un albero avesse avuto un fondamento nella storia. Daniela mi disse anche altre assurdità, ad esempio parlò di riti satanici soltanto perché il padre del fidanzato aveva trovato delle candele usate. Mi raccontò un aneddoto del fidanzato che scherzava con amici suoi sotto all’albero, lui raccontò la storia dell’albero agli amici che non gli credettero e neanche lui gli dava credito, ma per farsi grande agli occhi dei suoi amici spezzò un ramo dell’ulivo. E quando tornarono in città con i loro motorini ebbe un incidente dove si ruppe la gamba, forse perdendo il controllo a causa di una radice sulla strada. Un albero famoso quello in contrada Scuncipani quindi, eppure io non ne avevo mai sentito parlare. La ricreazione finì e mi convinsi che erano tutte fantasie, scemenze e con i miei familiari magari avevamo davvero attivato un allarme e con l’adrenalina alta l’immaginazione ci fece viaggiare verso qualcosa di orribile, di paranormale.
Quanto mi sbagliavo.





Con gli impegni quotidiani, la scuola e gli hobby, mi dimenticai dell’albero. Accantonai nei ricordi l’esperienza vissuta sotto le fronde di quel ulivo. Non ci pensavo quasi più fino a quando non venni invitata ad una scampagnata con alcuni compagni di classe per commemorare la fine dell’anno scolastico. Non ero molto convinta ad andare ma alla fine riuscirono a convincermi e partecipai. Era estate e c’era un caldo torrido, soffocante. Fortuna che la casa del fidanzato di Daniela era spaziosa e potevamo trovare fresco sotto la tettoia della veranda.

E proprio lì in lontananza vidi le immense fronde dell’ulivo. Il ragazzo di Daniela rievocò ancora la storia del suo incidente, imprecando verso l’albero, ironico ovviamente: come poteva essere lui la causa di quello sventurato incidente? Questo non lo frenò dal gettare una bottiglia nella direzione dell’ulivo, chiaramente senza colpirlo ma guardandolo con scherno e disprezzo. La giornata passò tranquilla, si sentivano le cicale frinire, non vi era un filo di vento e l’aria era davvero calda, così calda che mi sembrava di bruciare.

Ci stavamo rinfrescando con delle bibite ghiacciate quando vidi del fumo, pensai che probabilmente c’era qualcun altro che stava grigliando da qualche parte, ma il fumo aumentò rapidamente rendendo l’aria sempre più densa e scura. Sentimmo la puzza di bruciato, chiamai Daniela e il suo ragazzo: quando anche lui vide il fumo si allarmò, prese il cellulare e chiamò i pompieri, dicendogli di correre, dopodiché il ragazzo si fiondò a controllare la situazione. Daniela lo seguì e lo feci anche io, vedemmo i campi che si erano incendiati, sicuramente a causa del caldo.

Il fuoco aveva invaso molti ettari di terra, compresa la zona del grande ulivo. Quando arrivammo sul posto sgranai gli occhi, convinta di essere vittima di un abbaglio a causa del fumo. Le fiamme non si era avvicinate all’albero, tutto attorno ad esso bruciava, ma non una singola fiamma risaliva il tronco dell’ulivo, né le sue radici lasciando le fronde libere dal fumo. Non potevo crederci: il fuoco lo aveva ignorato come se qualcosa lo stesse proteggendo o forse era il fuoco stesso che non osava avvicinarsi tanto.

Sentii di nuovo il suono di quegli strani uccelli, nonostante non ne vedessi nessuno. E non poteva essercene nessuno con tutto quel fumo! Urlavano e si insinuavano nelle orecchie sempre più forte, lo sentirono anche Daniela ed il suo ragazzo, quel suono divenne sempre più forte e fastidioso al punto che mi gettai a terra non curante delle fiamme, in ginocchio, abbassando il capo e serrando gli occhi, per poi gridare: << Ma che cos’è?! >>
Nessuno dei due mi rispose, si tapparono le orecchie anche loro. Daniela si piegò all’indietro gridando spaventata, il fumo negli occhi le gonfiò le lacrime e molto presto lo stesso destino toccò anche a me, durante il vano tentativo di guardarmi attorno per cercare di allontanarmi o almeno recuperare i miei amici.

Ricordo distintamente di aver visto la figura del ragazzo di Daniela, nonostante il densissimo fumo: era come colto dagli spasmi, come se il fumo lo avesse già intossicato. Piangeva probabilmente sempre a causa del calore e del fumo, fino a che non cadde in ginocchio anche lui: poi gli occhi cedettero e mentre le lacrime sfocavano la sua figura, tossì un ultima volta per poi svenire.

Ci pensarono le sirene dell’ambulanza a farmi riprendere, ne vedevo altre due andare via, mentre cercavano di farmi respirare con una mascherina. Non ricordo bene cosa successe dopo, se non che gettai uno sguardo verso l’albero oramai libero dalle fiamme, completamente illeso. Cosa invece ricordo distintamente? Le parole del ragazzo di Daniela quando lo andammo a trovare all’ospedale: noi stavamo bene, ma lui era messo decisamente peggio. E mentre si grattava le piaghe lasciate sul suo volto oramai deturpato dalle fiamme, mostrava con gli occhi di un bambino terrorizzato la gamba che in passato si era rotta, ora amputata a causa delle ustioni: <<lì non ci torno mai più>>

Ancora oggi, guardando quell’albero da lontano, sento gli occhi gonfi, l’aria pesante e le orecchie che fischiano come se dovessero esplodermi da un momento all’altro.


Teresa Rogliero

mercoledì 15 ottobre 2014

Pervert! - Recensione (3)

Pervert è un film di stampo comico horror/splatter diretto da Jonathan Yudis, con il quale fece nel 2005 il suo ingresso nel mondo del cinema con un tributo al grande Russ Meyer.
Proprio su questo vanno spese due parole in più.
Per chi non lo sapesse Russ Meyer è il regista dei capolavori di Vixens, Supervixens e Beneath the Balley of the Ultra-Vixens.
Proprio da questo stile cartoonesco sono state riprese le linee guida per mettere in scena questo film che ricalca tutti i principali tempi già visti nei film di Meyer : Sesso, Morte e Gore umoristico.
E di gore in questo film c'è tanto, perchè infatti stando alla ben poco chiara e sensata trama il padre del protagonista è uno "scultore di carne" in pratica la versione menomata del Texas chainsaw massacre, perchè infatti il nostro scultore utilizza proprio carne umana.
La storia è lasciata a se stessa, e come si può ben capire ha giusto il tempo che trova fra una scena e l'altra per far quadrare a fatica una serie di eventi che portano quasi sempre ad una conclusione erotica che ha come base seni stratosferici.
E quando tutto sembra un già visto, si inizia a far caso ai dialoghi, totalmente esilaranti e pieni di un sarcasmo di stampo black humor da far pensare a cosa abbiano ingerito prima di scrivere una sceneggiatura simile.
Oltre alle molto frequenti scene di sesso (simulato) flash di tette prosperose e tentativi dei personaggi del film intenti a trovare il modo di uccidersi a vicenda e consimare amplessi, abbiamo anche un rito voodo per il quale il pene del protagonista gli si stacca e va da solo a caccia di donne da soddisfare.
Molto divertenti i suoni da vero e proprio cartoon che aiutano a mantenere quell'atmosfera di delirio e irrealtà, con i quali si sdrammatizzano quasi sempre tutti i fatti quotidiani che avvengono nella fattoria.
Nel complesso è un film godibile se si parte con l'impostazione mentale di stare per vedere un prodotto di sangue e nosense votato alla pura violenza ed alla allusione sessuale nascosta ad ogni angolo.
Senza ombra di dubbio non è un film adatto a tutti, i puristi del genere horror potrebbero erroneamente catalogarlo nella categoria del trash dati i temi trattati, la dubbia qualità degli effetti speciali e le situazioni grottesche che vengono a crearsi in un susseguirsi crescente.
Tuttavia è un genere particolare, da intenditori, una pietra miliare di un cinema che nonostante la sua quasi totale mancanza di senso logico, ha il suo perchè di esistere, film nati con il solo scopo di divertire un pubblico che pur volendo ridere non vuol rinunciare al sangue e la violenza gratuita.
In sostanza un bel 7/10 pieno, meritato per il sangue strafinto, le tette mastodontiche e le situazioni con una carica tale di nosense da far concorrenza ai moderni cinepanettoni, ma con l'unica differenza che qui si parla di horror.
Buon sangue non mente, Yudis prende ottimo spunto dal suo mentore spirituale Russ Meyers, donandogli un vero e proprio tributo che nulla ha da invidiare ai grandi successi del suo maestro.

Consigliato ad un pubblico con un forte stomaco e tanta voglia di ridere, consigliatissimo da vedere in compagnia.

+Russ Meyer
+Vixen trilogia
+Gore Grottesco
+Umorismo
+Situazioni assurdamente erotiche
+Tette e culi in abbondanza
+Suoni da cartone animato
+Tema della morte ridicolizzato

                                                                                                           Marco "Artic" Spera

Paura ! - Racconto (2)

Un nuovo racconto di Marco "Artic" Spera, buona lettura !



Paura !

Tu non hai paura.

...e se tutti si disinteressassero alla paura ? Il mondo sarebbe un posto migliore ? Eric pensava di si.
E lui non aveva paura, a nulla valevano gli scherzi degli amici, a niente servivano gli eccessi a cui si sottoponeva, lui negava la paura.
Ma la paura negava lui ?

Era notte fonda e come tutte le notti lui correva, amava fare jogging nelle strade buie e a cuffie incastonate nelle orecchie con musica a palla, lo faceva da sempre a quanto ricordasse, e così continuava a correre senza una meta ben precisa.
Dopo un'ora passata a vagare per la città deserta un lampo attraversa il campo visivo di Eric e poco dopo pochi passi si ritrova faccia a faccia con una vecchietta dall'aria innocua.

Come nulla fosse il ragazzo passò oltre, ma con uno scatto disumano la vecchietta lo afferrò con una morsa ferrea e a nulla valsero gli sforzi del giovane di divincolarsi.

-Hai paura ?- furono le parole che vennero pronunciate dalla vecchia signora che rivelò un ghigno sdentato.

Eric rispose con un beffardo cenno del capo e proprio come a risposta dell'insulto la donna strinse ancor di più la presa affondando le unghie nella carne del giovane che urlò e cercò di divincolarsi con rinnovato ardore, quando riuscì lo strattone gli fece perdere l'equilibrio e facendogli fare delle ridicole piroette su se stesso, quando riprese il controllo e giratosi per dare una lezione a quell'odioso mucchio di ossa, la vecchietta non c'era più. Svanita.

Era decisamente ora di tornare a casa, gli serviva una bella doccia ed una dormita.
Incamminandosi verso casa la vista gli si annebbiò, e mentre avanzava cercava di spostare immaginari banchi di nebbia, dopo essersi messo a correre per raggiungere in fretta la sua abitazione venne assalito da violenti conati di vomito e all'ennesimo spasmo svenne.

Si risvegliò per via di un bagliore accecante, era in una sala operatoria, lo capiva dalla caratteristica lampada che torreggiava su di lui.
Ad un tratto entrò nel suo campo visivo un'infermiera, scarna e senza una parte di mascella, il che lasciava intravedere lembi di nervo e i sottostanti denti, neri e putridi.
Battè le ciglia esterrefatto e la visione scomparve lasciando il viso di una giovane infermiera sano e piacente.
-Non aver paura- si sentì dire da una voce, quella di un uomo presumibilmente il dottore.
-Di cosa dovrei aver paura ?- protese il mento in avanti per vedere cosa stessero operando, era tutto così assurdo ! Vide lo sgardo vuoto del dottore, senza pupille e con una voragine nera per bocca.
Era intento a tranciargli un piede con un seghetto arrugginito, provò a divincolarsi ma era legato ben stretto al letto.
E poi si riscosse.
Era ancora a terra nella strada buia dove era svenuto.
"Bel casino" pensò, doveva aver mangiato male.

Finalmente fu in casa e come da programma si svestì, fece una doccia e si coricò.
Per quella notte ne aveva abbastanza.
Il mattino seguente si svegliò di malumore, fece una rapida colazione e uscì diretto a lavoro, il fast food che tanto odiava.
All'entrata del fast food c'era un insolito cartello.
-Temi il buio, temi la paura stessa.- Pensò ad uno scherzo di pessimo gusto, quindi spalancò la porta deciso ad iniziare una nuova noiosa giornata di lavoro, ma dove avrebbe dovuto esserci il pavimento si estendeva una voragine e lui vi cadde dentro dimenandosi come un forsennato.
Rassegnato alla fine si chiuse in posizione fetale pronto all'impatto che l'avrebbe ucciso, dopo svariati minuti si arrischiò ad aprire gli occhi, e si ritrovò disteso su di un pavimento bianco.
Urla disumane lo circondavano, ma che stava succedendo ? Era un'allucinazione ? Poteva essere, altrimenti tutto quello che vedeva non si sarebbe potuto mai spiegare col raziocinio.
E dopo poco una bella signorina in camice bianco era china su di lui raggomitolato sul pavimento.
-Eric non preoccuparti, sei nella tua stanza, al sicuro da tutto, è l'ora delle tue medicine-.
Medicine ? Si rialzò e dopo una rapida occhiata si scoprì in un manicomio.
Ma che cosa stava succedendo ? Continuava a non capire.
Tentò quindi il tutto per tutto, se era un incubo doveva uscirne e così cercò l'uscita ma una guardia apparsa all'improvviso lo bloccò e respinse in quella che era la sua cella, appena aprì gli occhi dopo il tramortimento si rese conto che la guarda aveva la bocca cucita come anche le palpebre, e come se non bastasse gli avevano mozzato le orecchie.
"Non può essere, è uno scherzo !" Continuava a ripetersi, tuttavia sembrava tutto così reale.
Aveva un forte dolore alla testa.
Cresceva come un fischio perenne che gli trapanava i timpani.
Urlava e non sentiva la sua voce.
Allora pianse, perchè nulla gli restava da fare se non accettare ciò che vedeva.
Era in una manicomio e lui era pazzo.
Appena ebbe preso coscienza di tutto suonò la campanella del pranzo, quel suono lo riportò ai suoi bisogni fisici.
Aveva fame, sete e sonno.
Mentre si avviava al refettorio, fra urla, tic involontari e schizzofrenie varie, intravide in ogni faccia tutti i suoi amici, tutti quelli che erano importanti per lui, persino un paziente che portava il collare del suo cane.
Era pazzo senza ombra di dubbio.
Passò la giornata e venne l'ora del coprifuoco, così le luci vennerò spente e il manicomio sprofondò nel silenzio.

Era notte fonda, una voce ora lo chiamava per nome, e lui obbediente la seguiva come in trance, ma una parte del suo cervello continuava a pensare.
La porta si aprì e rivelò una bellissima donna, la seguiva fuori, ed ora era in corridoio, ora in refettorio, ora in giardino, ora sul tetto dell'ospedale psichiatrico.

-Lanciati, capirai.- Sembrano dolci e melodiose parole alle quali solo un vile non avrebbe obbedito con tutto se stesso, ma nella prigione della sua mente disastrata cominciava a farsi strada il pericolo, lanciarsi era un suicidio e suicidarsi significava la morte.
Pur avendo un sorriso stampato in faccia sapeva di tremare, lo sentiva, e mentre si avvicinava al bordo la voce continuava ad incitarlo finchè non mutò.
La soave musica si trasformo in una cacofonia di tutte le lingue del mondo, le quali dicevano solo : Paura.
Allora mise il primo piede in fallo, e la sua caduta fu inarrestabile verso il terreno, una caduta che portava solo alla morte.

Urlò.
Urlò come non aveva mai fatto prima, e mentre urlava piangeva e malediceva il destino che lo aveva condannato ad una fine così ignobile.
Mentre ancora cadeva in preda al delirio una voce nella sua testa gli chiese : -hai paura ?- e lui rispose nel suo urlo -si ho paura-.
Il mondo si sgretolò sotto i suoi occhi e si ritrovò a terra, in una pozzanghera sulla strada dove era svenuto poco dopo l'incontro con la vecchia donna.
Si rialzò a fatica non riuscendo a dividere più il reale dall'immaginario, e lì rivide la donna che con un ghigno sdentato gli disse -visto ? Tutti cedono alla Paura-.
E si dileguò in una nuvola nera.

Nei mesi seguenti passo notti insonni, cominciò ad accusare disturbi dell'attenzione fino a sfociare nella totale schizofrenia, lo portarono in una clinica specializzata dove passava le giornate a disegnare sui muri e a ripetere tutti i supplizzi che la Paura gli aveva mostrato.
Dopo due anni a causa di un buco nella sorveglianza Eric si gettò dal tetto dell'ospedale.
Lo ritrovarono con un sorriso beato sul volto.

La paura di Eric era sempre stata quella di diventare pazzo.






Comatus - Racconto (1)

Comatus è il primo racconto che postiamo nella Stanza B- 151.
Nato interamente dal cervello del nostro collaboratore Marco "Artic" Spera, è un viaggio all' inferno, l' incubo senza fine di un uomo che si trova a dover fronteggiare, ciò che non potrà mai vincere.
Buona lettura !



Comatus.
Giorno 1.
Buio.
Tanto buio.
Un lungo, lento, angoscioso sonno perpetuo.
Dov'era la Morte ? Dove ella indugiava ? Quale raccapricciante destino aveva dettato quel forzato sonno, non dolce, ma amaro come il veleno.
Una luce.
Era un tunnel ? Una porta ? Egli camminava lungo un nero e tetro sentiero, ove passo dopo passo i contorni sembravano stringersi attorno a quel piccolo barlume di speranza, li dove ogni speranza era vana, perduta, obliata dall'oscurità.
Correva, quando una spettrale dama gli apparve.
Sangue le sgorgava dai neri occhi e marce erano le sue guance come anche il suo corpo minuto,ed egli conosceva bene quel viso, poiché di sua figlia si trattava.
Un malsano ghigno le deformava le labbra dalle quali fuoriusciva una nerastra lingua che prometteva mille perdizioni.
Fuggì così dinnanzi a tanta depravazione quando egli stesso prese fuoco, ed ardendo nelle fiamme dell'inferno si dimenava implorando la Morte di salvarlo, ma ella non giunse, e godendo del suo dolore ghignava soddisfatta invitata a pascersi del dolore di quell'essere dal diavolo in persona.
Senza preavviso l'atmosfera cambiava da se, tetra era la stanza in cui ora era rinchiuso, inutilmente cercava a forza di pugni e calci di aprirsi un varco nelle spesse pareti che tuttavia sembravano di viva carne, ad un tratto più egli le calciava più loro sgorgavano sangue.
Un sangue fetido, un sangue maledetto, dal lago di sangue che ora gli lambiva i piedi vennero fuori viscidi esseri deformi, per occhi carboni ardenti e per denti schegge d'osso marcio.
Lo prendevano e lo divoravano, grande era lo strazio, quei denti scheggiati e malridotti macellavano con brutalità le carni di colui il quale era intrappolato in quel viscido lago di sangue che nel frattempo stava pian piano solidificandosi in un blocco dal quale non nessuno era mai sfuggito.
E tutto finì.
Le ferite sanate.
E l'orrore ancora vivo nel cuore e nella mente.
Un conato di vomito lo scosse, e sfinito giacque nel buio nella chiazza della sua stessa bile.
Giorno 2.
Tuoni.
Lampi.
Era l'apocalisse, la terra tremava sotto i suoi piedi scalzi, la pioggia batteva fitta ed incessante sul suo capo, a fargli da mantello la sua nuda pelle.
Fumo; chi mai avrebbe mai pensato di vedere del fumo sotto una così rigida intemperia, e dopo pochi istanti di riflessione una risata.
Malefica, profonda, ferina, la risata del Male.
Da quella poté facilmente capire che il dolore sarebbe tornato, più intenso di prima.
Le sue aspettative non vennero deluse, e la pioggia mutò in acido.
L'acido continuò a corrodere tutto ciò che incontrava ed invano egli correva in cerca di un riparo; la sua pelle era piena di ustioni che a mano a mano scavavano profondi solchi nella sua pelle, a tal punto che dopo qualche attimo si trasformo in un ammassi informe di carne con l'unico scopo di volersi salvare, di sopravvivere a tutti i costi.
Ma quando trovò riparo fu troppo tardi, gli mancavano buona parte degli arti superiori che si reggevano a stento su ciò che rimaneva della struttura ossea, la quale aveva ceduto alla maledetta pioggia.
Si lasciò andare, una parvenza di morte lo accolse fra le sue benigne braccia, tuttavia dopo un solo secondo le sue ferite furono di nuovo sanate e stavolta un cane gli venne incontro, intenzionato a spartirsi la sua carcassa che avrebbe giaciuto in maniera docile.
Non poteva opporsi, ed il cane continuò finchè di lui non ne rimasero soltanto le ossa bianche senza traccia di cosa quell'uomo fosse.
Le ossa tornarono a comporsi, la carne fu ricostruita ed egli si trovò di fronte ad immagini mostruose.
Donne che si accoppiavano con animali in putrefazione, uomini che stupravano cadaveri carbonizzati di bambini, viscere sparse in terra, sangue ovunque, strangolati con occhi fuori dalle orbite, ed all'improvviso cominciò a spalancare la bocca ed emettere suoni gutturali sbavando e farfugliando con la lingua di fuori mentre legato ad una sedia piena di chiodi veniva ora costretto ad osservare tali scempi ripetuti all'infinito, quando non ci fu più saliva da tossire iniziò a tossire sangue, vomitò i suoi organi e schiere di gatti malati vennero a cibarsene mentre lui osservava attonito ed agonizzante, stremato fisicamente e mentalmente, annichilito da tanto male.
Per la seconda volta egli morì fra bava e sangue mentre gli orrendi animali si cibavano dei suoi resti.
Giorno 3.
Sto bene si ripeteva, sto bene, sto bene.
Mentiva a se stesso dondolando avanti e indietro in bilico fra ragione e follia, in attimi di lucidità provava orrore, in quelli di follia riusciva solo a camminare, sbavare e balbettare.
Quattro bruti dalla testa di toro apparsi dalle tenebre lo presero e lo condussero in quella che sembrava una nuova cella stavolta fatta di mattoni.
Lo scaraventarono dentro come fosse un pezzo di carne da macello.
Di fuori la cella vedeva cosa accadeva, il macabro panorama era cambiato, notava figure indistinte muoversi nella foschia che velava tutto. 
Non aveva mai visto quel luogo e così domandò ai suoi carcerieri in un disperato tentativo di civiltà e loro risposero con un acuto grido che deformò i loro tratti.
Rabbrividì dal terrore e si ritrasse dalla porta della cella e ad ogni battito di palpebre le sagome di quei volti deformati con occhi vuoti di un nero malsano come la loro bocca tornavano a tormentarlo, nel frattempo quattro energumeni continuarono la loro opera di male conducendo il povero malcapitato in un posto dove migliaia di persone lavoravano senza scopo, senza paga e senza nessun contratto.
Picconi, pale e vanghe erano usate per estrarre massi di carne rancida da una montagna anch'essa di carne.
Ogni picconata sollevava schizzi di sangue fetido che al contatto con la pelle dei dannati lavoratori produceva ferite profonde che all'istante suppuravano in uno spettacolo raccapricciante.
Cercò di scappare.
Scappare era inutile, quel posto era al servizio di un'entità più forte della ragione umana, ne la mente ne il corpo poteva vincere tale malvagità.
La marea di lavoratori deformi per gli schizzi di sangue acido lo sollevarono, e in quell'attimo egli seppe che era la loro vittima sacrificale.
Lo graffiarono beandosi del suo sangue e del suo dolore, lo condussero in una nicchia e lo murarono li in quella montagna di carne abominevole.
Più egli scavava più le sue mani fondevano nell'acido di quelle orride secrezioni, e fu lì che la montagna collassò su se stessa e prima che il mondo gli finisse addosso sentì distintamente due cose : una malvagia risata, ed il suo cuore che esplodeva.
Per la terza volta egli morì, ma come legge di quel luogo il suo corpo necessitava di essere fagocitato.
E tutti i deformi ed orrendi lavoratori furono invitati a quel macabro banchetto che erano le sue carni.
Giorno 4.
Era ora del tutto pazzo, attendeva rannicchiato il prossimo supplizio canticchiando ad intervalli filastrocche di quando era bambino e vecchie ninna nanne.
A tratti si contorceva al ricordo del dolore passato, urlava e si graffiava le carni, che prontamente guarivano permettendogli di ferirsi all'infinito.
Ma dopo poco sentì un odore confortante che gli fece lacrimare gli occhi, quella che sentiva era erba.
Ed era vera si disse perché ora ricopriva tutto il terreno, e sotto il suo sguardo attonito il tetro posto della sua agonia era mutato in un verde paesaggio con alberi, un lago e un chiosco.
Rise come non mai, perché la pazzia era svanita ed il benessere lo invadeva, le sue membra erano di nuovo forti e vigorose e la sua voglia di vivere era grande.
Non gli parve strano anzi, il tutto gli pareva la cosa più naturale del mondo, trovarsi li, dopo tanta sofferenza.
Godeva del contatto dell'erba sotto i piedi e della dolce brezza, e giunto al chiosco di legno una giovane ragazza lo accolse, aveva un che di familiare, tuttavia non vi badò, perché quel giorno la vita era bella.
La ragazza era bionda, con occhi di un azzurro disarmante, seni pieni e prosperosi, un corpo perfetto.
Ebbe voglia di possederla, e come se ella avesse inteso i suoi pensieri si denudò e lo strinse a se sospirando di beatitudine, e quando ella lo baciò il mondo prese a mutare ricadendo nell'inferno.
La giovane si trasformo in una demoniaca imitazione storpia, orba e monca di un braccio, a terminare l'opera tenendolo stretto nel suo orrido bacio gli riversò in gola fiumi di liquido suppurale misto a sangue.
Quella mistura lo corrose dall'interno uccidendolo.
Epilogo
Patì l'ultimo supplizio,l'uomo che tanto aveva sofferto si risvegliò dal coma in un letto di ospedale.
Nelle sue orecchie ancora tuonava la malvagia risata, che presto mutò in un ordine.
Muori.
Ed egli nel buio,non degnando di uno sguardo sua moglie e sua figlia che da giorni vegliavano al suo capezzale, uscì dalla sua camera raccolse una scopa,salì su di una sedia e vi si gettò sopra inghiottendola e morendo impalato.
Due mesi lo raggiunsero sua moglie e sua figlia e tutti e tre si ritrovarono per sempre prigionieri di quella Morte e di quella suprema entità maligna che li torturò sino alla fine del mondo.
                                                                                          Marco "Artic" Spera


Smiley Recensione (2)



E' con questa recensione di un horror, che fa parte tuttavia del mondo mainstream, che debutta nella stanza B - 151, un nuovo collaboratore : Marco "Artic" Spera, leggiamo le sue parole, per conoscere meglio questo  film...

Smiley è un film horror del 2012 diretto dal regista Michael J. Gallagher ed uscito nelle sale cinematografiche italiane il 31 Ottobre 2013.
Mi è stata consigliata la visione di questo film del quale non avevo mai sentito parlare.
La trama sembra promettente, infatti parla di una leggenda metropolitana del web che al giorno d'oggi tutti conosciamo come CreepyPasta.
Scrivendo per tre volte consecutive in una chat : L'ho fatto per lulz, può essere evocato un "essere" che comparendo alle spalle delle vittime le uccide barbaramente.
Ottima premessa, essendo un fan accanito delle CreepyPasta ho deciso di procedere subito alla visione di detto film dicendomi : uno Zalgo novello insomma, promette bene.
Il film inizia.
Appare sulla scena una ragazza intenta a inviare messaggi dal suo cellulare, stranamente in tinta con il copriletto sul quale è stesa, dettaglio che salta subito all'occhio è il fastidiosissimo arancio salmone che invade la scena.
Facciamo quindi la conoscenza di una bambina intenta a scoprire i piaceri e dispiaceri delle tanto famose chat video anonime sulle quali spesso e malvolentieri ci si imbatte in tragici peni...
La bambina quindi spiega alla ragazza (la quale si intuisce vagamente essere la babysitter) i punti a favore di queste chat, quali fare amicizie in luoghi lontani, vedere cose carine ed anche oscene se si vuole.
Oltre alla totale assenza di senso in questi primi scambi di battute stona fin da subito il pessimo doppiaggio, e dire pessimo è dire oro in questo caso, dato che le emozioni durante i dialoghi sono totalmente sbagliate, unica nota positiva è che dopo un pò l'orecchio da quasi da se le giuste sfumature ai dialoghi.
E qui avviene il primo fattaccio, la ragazzina parla alla sua badante di Smiley, il killer che viene evocato scrivendo "L'ho fatto per lulz" per tre volte.
Incuriosita la ragazza decide di provare anche lei questa chat e si imbatte in un ragazzo che dopo averle detto di doverla uccidere le scrive queste fatidiche tre volte consecutive "l'ho fatto per lulz".
Inutile dirlo, l'entità si presenta.
Ovvio. E qui si inizia a sentire puzza di marcio, hanno reso banale il soggetto buttandolo li quasi a caso.
E questa entità non è nemmeno come ce la si aspetta, niente feste di sangue ragazzi.
La visione continua dopo uno sbuffo di disapprovazione.
Iniziano i clichè, e si inizia con la situazione : ragazza santarellina+college+coinquilina trasgressiva+festa a caso.
Con una scena di sesso il livello si sarebbe alzato di sicuro, ma niente, per chi si fosse già messo l'uccello in mano...che ritorni in gabbia...
Alla fantomatica festa facciamo la conoscenza di personaggi ambigui e qui più che mai si manda all'inferno il senso di tutte le discussioni.
Tanto per cambiare in questa festa c'è un computer con accesso ad internet ed ovviamente per animare la festa perchè non uccidere qualcuno per mano di Smiley ?
Questo nome lo sentirete fino alla nausea.
Dalla chat si arriva a capire che la vittima è proprio la prima ragazza morta. Pessimo collegamento.
La nostra protagonista va nel panico assistendo a questo omicidio in diretta, ma tutti la rassicurano; se circola su internet...è falso no ?
Ovvio...
E qui sarà una escalation di omicidi, visioni su Smiley, psicologo per la già complessata protagonista costretta a prendere degli psicofarmaci.
Ricapitoliamo il grado di clichè : ragazza santarellina+college+coinquilina trasgressiva+festa a caso+omicidio perchè se no la trama non va avanti+succedono svariati eventi+ la protagonista viene ritenuta pazza.
Detto questo ho quasi riassunto il film in un rigo.
Ma devo firnirlo, non si lascia un film a metà, devo questa fatica al mondo intero! Lei comunque la vuole far finita, Smiley doveva essere affrontato, quindi chiede alla sua coinquilina (in un casuale viaggio di weekend) di scriverle per tre volte "l'ho fatto per lulz".
Arriva Smiley, il nerd ha un incidente con la protagonista (non spoilero per chi volesse procedere alla visione per confermare o confutare questa recensione) e muore sgozzato per giunta dal neo arrivato Smiley.
Però colpo di scena ! Diversi Smiley ! La protagonista in un impeto di reazione si butta giù.
D'accordo avevo detto che non avrei spoilerato, ma il finale è il peggio del peggio del film e va raccontato.
Buttandosi di sotto muore sul colpo.
Gli Smiley si tolgono la maschera, e oh no, sono tutti i suoi amici del college, compreso il nerd morto, che si rivela essere (?) la mente dietro Smiley. Ora hanno avuto una vittima vera, tutto questo era per un (?) contest per il video più sconcertante si presume.
Durante tutta la scena la coinquilina della protagonista era in videochat quindi ha assistito a tutto, era complice anche lei non temete.
Uno degli Smiley per gioco le ricorda il "rituale di Smiley".
Colpo di scena Smiley esiste davvero e la sgozza in diretta video salutando calorosamente.
Ricapitolo clichè 2.0 : ragazza santarellina+college+coinquilina trasgressiva+festa a caso+omicidio perchè se no la trama non va avanti+succedono svariati eventi+ la protagonista viene ritenuta pazza+introduzione per colpo di scena+morte della protagonista+si capisce che era tutta una balla per ottenere una cosa di dubbio senso+si scopre che però era vero tutto.
Dopo i titoli di coda la protagonista riaprirà gli occhi. Nosense.
Per parlarvi dei clichè ho dovuto raccontare del film dato che è fatto interamente dei suddetti.
Avendo poi visionato il film in alta definizione vi posso dire che se già un film è finto di per se per definizione, il Full HD lo rende ancora più finto.
Passiamo alle note positive, perchè si ne ha !
La trama aveva il potenziale per essere un thriller horror che sfociava nel gore ogni volta che veniva digitata quella frase (che per chi volesse saperlo significa "l'ho fatto per divertimento" venendo da "i did it for lulz" lulz è una deformazione underground del lol e ne ha la stessa funzione solo una versione più rozza dello stesso).
Le leggende del web sono appassionanti e se ne trovano a centinaia, questa poteva avere le potenzialità per divertire.
Altro potenziale punto a favore è il soggetto. Ha tutto ciò che serve per essere una CreepyPasta in piena regola, insomma, l'idea di un killer evocato da una frase è allettante ed inquietante allo stesso momento !
Ed udite udite, altro punto a favore è un attore già visto in Hostel part II, sto parlando di Roger Bart, impersonante il boia Stuart con crisi coniugali e deciso a rivendicarsi tramite torture varie.
L'unica vera recitazione vista nel film e degna di nota.
Che dire di più, valutazione finare un 4,5/10 film senza mordente che poteva dare qualche sensazione in più.


-Banale
-Scontato
-Clichè
-Poco gore
-Trama poco sviluppata
-Doppiaggio scadente
-Recitazione e reazioni umane assenti
-La qualità in Full HD lo rende ancora più finto

+Trama con potenziale
+Ricorda le tanto popolari CreepyPasta sul web
+Roger Bart da Hostel part 2                 
                                                                                                            Marco "Artic" Spera

domenica 5 ottobre 2014

Nekromantik Recensione (1)




ATTENZIONE : Recensione già pubblicata da me su un altro sito.

Nekromantik è un film di nicchia, che fa parte di un certo genere di "horror" (tra virgolette perché non è proprio corretto definirlo horror) molto estremo, di diffusione assolutamente underground, dalla data di uscita nel 1987, fino a poco tempo fa (se non erro solo nel 2005 è uscita una versione in dvd, dato il grande successo tra gli affezionati dell' underground, fortemente voluta dal regista Jörg Buttgereit .
Ma di cosa parla questo Nekromantik ?
Bene, la trama è la cosa che mette di più in imbarazzo, persone come me, che si accingono a raccontarlo, perché se c' è qualcosa che rende famoso questo film è, oltre al titolo stesso, la trama, molto più delle immagini, che la maggior parte delle persone non ha visto fino alle fine o si è rifiutata di vederle completamente.
Eccolo comunque, descritto in breve :
Rob è un ragazzo che lavora in un' agenzia che si occupa di recuperare i corpi delle vittime di incidenti stradali, il suo lavoro però, non è certamente stato scelto a caso, dato che Rob e la sua ragazza Betty, hanno lo strano hobbie, di collezionare sotto formalina, resti umani che tengono sparsi per casa, ma per di più in cantina e nella toilette, dove li utilizzano per fare dei rigeneranti bagni a base di acqua, sangue e frattaglie varie...
Un giorno però, viene ritrovato il corpo di un uomo, ucciso da un colpo di pistola, in avanzato stato di decomposizione e dopo averlo prelevato dal luogo del ritrovamento, danno a Rob il compito di portarlo in obitorio. Questi invece, approfittando del fatto che era rimasto solo in agenzia, lo trafuga e lo porta a casa sua, per la felicità sua e di Betty, che si rivela entusiasta del regalo.
Poco dopo, tra i tre scoppia un "amore", che li porterà ad avere rapporti sessuali col defunto concubino, cosa che continuerà finché, dopo l' ennesima distrazione in agenzia, Rob viene licenziato ed a quel punto...
Basta mi fermo qui, non vorrei rovinarvi il film !!

Ora che dire ? Che sia estremo, controverso e "malato" lo si vede. La famosa scena del rapporto sessuale tra i tre, è passata agli onori della cronaca, come una delle scene più disgustose della storia del cinema, ma devo spezzare una lancia a favore di questo controverso film, dicendo che : si è vero che è eccessivo, è vero che alcune scene sono "volutamente" troppo esplicite, il che non era necessario ai fini della storia ed è vero anche che tutta quella voglia di scioccare sempre e comunque lo spettatore, poteva sembrare una mera operazione commerciale (cosa che alla fine si è rivelata essere utile all' esatto contrario...), ma è vero anche che questo non è un semplice splatter movie (necro-splatter in questo caso, sottogenere creato proprio dalla nascita di questo film), ma è una rappresentazione di come si possa arrivare a desiderare l' impensabile, pur di avere una certa soddisfazione personale nella società moderna che da sempre, cerca di configurare il singolo individuo, in schemi prestabiliti che ella stessa ha deciso e codificato. A questo proposito infatti, quando Rob guarda la televisione e noi vediamo cosa sta pensando (un coniglio ucciso e spellato), ci troviamo di fronte ad una grande metafora, infatti, questo è esattamente quello che sta succedendo a Rob, che si sente ucciso e svuotato del suo vero essere, da qualcuno troppo più grande e forte di lui, la società appunto (rappresentata dal contadino del sogno), che lo vuole in un certo modo, così come, il contadino, vuole il suo coniglietto fritto in padella... Tutto questo avviene mentre Rob guarda la televisione, ed uno psicologo dice che le persone possono desensibilizzarsi nei confronti dell' orrore e anche della paura, se stanno troppo a contatto con scene raccapriccianti, riferendosi soprattutto agli appassionati di film horror, infatti, nella mente di Rob, la metafora che appare per comunicare il suo stato si oppressione e disagio, è un coniglio ucciso e macellato.
Nella scena del rapporto sessuale col corpo putrefatto, la cosa che va ad accentuare il desiderio di Rob, di essere se stesso, è il fatto che Jörg Buttgereit, usa come sottofondo musiche romantiche da film d' amore, piuttosto che cadere nello splatter fine a se stesso, mettendo magari delle membra decomposte che "rumoreggiassero", sui mega- primi piani, cosa che accade nel modo giusto fortunatamente. Le musiche romantiche, servono a descrivere lo stato in cui Rob e Betty si trovano in quel momento, cioè sono se stessi, assolutamente se stessi, senza limiti né difetti, né perfezione, né regole, senza niente di tutto quello che il mondo gli ha imposto, sono semplicemente Rob e Betty, nella loro forma più sincera, non a caso sono nudi, ma la nudità non è intesa come nudità fisica (nonostante stessero avendo un rapporto sessuale), ma è una nudità dello spirito, loro in quel momento sono vergini e la cosa diventa ancora più grottesca, nel momento che avviene mentre loro stanno facendo l' amore...
Potrei fare un' altro esempio eclatante, riferendomi alla scena del coniglio, ma finirei col fare spoiler, quindi tralascio questa parte.
Pensate quindi a Nekromantik, come un film eccessivo si, estremo sicuramente, "malato" probabilmente, ma anche come un film che descrive uno stato d' animo negativo, che non stà nel fatto che stiamo parlando di necrofilia, ma nel fatto che Rob non è se stesso, così come altri milioni di persone, che sono oppresse e svuotate del loro vero "io", per essere riempiti con la pappa precotta che la società vuole che ingurgitiamo.
Ora mi chiederete, si ok, ma perchè la necrofilia ? Bhè semplice a dirsi, secondo voi, sarebbe stata la stessa cosa, se Rob e Betty, avessero voluto giocare a calcio, piuttosto che fare sesso con i morti ?? Io direi di no...
Continua in Nekromantik 2, che è a mio avviso migliore del primo episodio.