martedì 28 ottobre 2014

Eravamo - Racconto (4)





Eravamo vicini quando, nelle fredde notti d'inverno ci scaldavamo facendo accostare i nostri corpi nudi sotto le coperte.
Eravamo così legati da tutto ciò che poteva chiamarsi amore e più di noi, nulla vi era.
Come saremmo stati felici insieme in un'altra vita magari, senza pensieri, in riva al mare in qualche paradiso caraibico.

Ma ora sei li di fronte a me, sembri non riconoscermi.

Era la follia assassina di Selina, la quale continuava ad avventarsi sul cadavere del suo fidanzato, come a volerne strappare l'anima dalle spoglie oramai deturpate e prive di vita.
D'un tratto si scosse, una voce la chiamava, la invitava ad un uscire fuori, di dileguarsi nel buio, la voce parlava di qualcuno, la stavano cercando e lei doveva fuggire.
E fuggì.
In mano aveva ancora il coltello con il quale aveva tolto la vita all'uomo che tutto era per lei prima che arrivasse la Voce.
Doveva seguirla senza fare storie. E così fece. Si fece largo nelle strade deserte, mentre nella notte una sirena; avevano dato l'allarme, non doveva farsi prendere, la Voce la guidava e Selina imboccava vicoli su vicoli incurante della sottile vestaglia che la ricopriva, sembrava conoscere da sempre quelle strade, eppure si era trasferita in quella cittadina da qualche mese.
Arrivò all'ingresso di un palazzo che all'apparenza sembrava abbandonato, ma appena lei giunse dinnanzi ad una porta di metallo arruginita uno spioncino si aprì e dopo un attimo scattò il chiavistello che le consentì di entrare.

Era all'interno da pochi secondi quando la Voce le sussurò : Hai compiuto il tuo scopo. Devi morire.
L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, cercò di scappare ma la porta che prima era spalancata adesso era chiusa e sorvegliata da due uomini con grotteschi passamontagna.
Ehi ma aspetta ! Aveva ancora un coltello in mano, ed in un disperato tentativo di fuggire lo brandì per colpire i custodi della porta, ma neanche a mezzo metro da loro, la Voce la bloccò e la costrinse a squarciarsi lo stomaco.
Viscere e sangue si sparserò sul pavimento e Selina morì.

Una voce la chiama.
<<Selina! Selina! Svegliati è l'ora di pranzo!>> Pranzo ? Quale pranzo ? Dove si trovava ? Si guardò intorno, una giovane infermiera a giudicare dal suo modo di vestire le sorrideva dalla porta.
Ammiccò per schiarirsi la vista e scende dal letto.
La colpì un dolore lancinante allo stomaco, si sollevò la vestaglia e scorse una rossa cicatrice orizzantare nel basso ventre.
Era tutto reale ? Era successo davvero ? Aveva davvero ucciso il suo fidanzato ? I ricordi le salirono alla mente ed ebbe un violento conato di vomito, dopo che si fu ripresa, l'infermiera l'aiutò ad alzarsi dal letto e l'accompagnò al reparto mensa, dove altre persone stavano già consumando il pasto in un deprimente silenzio.
Sedette a tavola e iniziò a mangiare ciò che le veniva servito.
Dall'aspetto vi era una bella bistecca di carne, però non aveva mai visto quel tipo di taglio, era davvero strano.
Assaggiò e le piacque anche, iniziò a mangiare con gusto e i dolori parvero placarsi, dopo poco si alzò dal tavolo e decise che le avrebbe fatto bene una passeggiata e così imbocco un corridoio, poi un altro, poi un altro, e più avanzava e più sembrava aumentare una strana aura di tenebra.
Si ritrovò dinnanzi ad una porta di ferro di fattura rozza ed a tratti arruginita, perchè decise di aprirla non lo sapeva, se ne pentì subito dopo, perchè quella porta conduceva in una spaziosa stanza quadrata dove persone corpulente e deformi macellavano quelle che erano persone.
La carne che le era tanto piaciuta era carne umana.
La videro.
O per meglio dire, la fiutarono, perchè erano tutti ciechi ed al posto degli occhi avevano vuote orbite a volte abitate da vermi che si nutrivano della loro cancrena.
Due mani possenti e rozze la afferrarono, cercò di divincolarsi ma era tutto inutile, come in un lampo carpì stralci della realtà intorno a lei.
Veniva sollevata.
Veniva appesa ad un gancio. Il dolore.
Un coltello.
Il suo sangue in una vasca.

Si svegliò di soprassalto, si ritrovò a fissare il soffitto di casa sua.
Ma che cosa era successo ? Era un sogno senza dubbio, era tutto ok, era li nella sicurezza della propria casa.
Le dolevano lo stomaco e la gola, probabilmente colpa del ciclo e di una congestione, poteva capitare si disse.
Entrò in bagno, si guardò allo specchio e notò un taglio alla gola, alzò la vestaglia e trovò anche lo squarcio all'addome.
Era un incubo non c'erano alternative, non poteva essere vero, era tutto così assurdo!
Doveva uscirne e non sapeva come, dov'era il suo fidanzato ?
Era vivo o morto ? La risposta era alla sua destra. Era lui, deturpato così come lei lo aveva ridotto, brandelli di carne penzolanti ovunque, le ossa delle mandibole scoperte, era un mostro, non l'uomo che aveva amato. Ma perchè lo aveva ucciso ? Non se lo ricordava e se lui era lì come faceva ad essere morto ? Nel frattempo però se la sua mente si poneva quesiti alla velocità della luce, lei rimaneva impietrita, e non riuscì a reagire nemmeno quando lui cominciò a mangiarla partendo dalle estremità.
La mantenne in vita per farle provare ciò che aveva provato lui.
Oramai allo stremo la vita l'abbandonò.
Di nuovo.

Stavolta era pronta a tutto, sapeva che si sarebbe risvegliata in qualche posto assurdo e con le sue ferite di ogni "vita" passata.
Aveva ragione, ma solo in parte, era in un posto sconosciuto, un albergo forse, ma le sue ferite erano sparite, anzi, era vestita in una delicata tuta bordata di rosa.
E le ferite ? Si era svegliata ? E dov'era ? Nel frattempo uscì fuori, imboccò il corridoio e prese l'ascensore, mentre le porte si chiudevano da una stanza adiacente uscì uno dei macellai dell'ospedale.
Impazzita dal terrore si scostò dalla porta e mentre l'ascensore scendeva verso il basso lei lo udì urlare.
A quell'urlo se ne aggiunsero altri ad ogni piano che oltrepassava.
Era braccata, e da tutti i piani giungevano urla che si richiamavano a vicenda quasi a coordinare quella macabra caccia all'uomo che si stava per svolgere.
Giunse finalmente al piano terra dopo quella che le sembrò un tempo infinito, e li lo shock.
Era di nuovo nelle cucine dove gli uomini venivano sgozzati; ma proprio li davanti a lei, si rivide sgozzare da un essere deforme.
Stava rivivendo il suo risveglio in terza persona.
Tutti nella stanza la videro e le urlarono contro, quanti erano ? Dieci ? Venti ? Non lo sapeva, doveva solo fuggire.
E lo fece.
Correva a ritroso lungo il corridoio che ricordava vagamente, ma eccola fuori dall'ospedale.
Non si fermò a controllare dove fosse, pensò solo a scappare, finchè non si ritrovò nello stesso vicolo dove tutto era iniziato, e li di nuovo vide il suo alter ego venire squarciato e lasciato morire.
Superò tutto con un balzo, non voleva vedere tutto ciò, non voleva ricordare, e mentre fuggiva ebbe un blackout.
Era in casa sua, e la Selina di quel momento passato stava per uccidere il suo fidanzato.
Doveva impedire almeno quello.
Afferrò il braccio della sua "gemella", finirono a terra, ma questa la bloccò al pavimento e le vomitò addosso litri di sangue.

Gridò con quanto fiato aveva in gola.
Le luci si accesero ed una voce la chiamava.
Era lui, il suo amato, la chiamava e scuoteva, sapeva essere tutto vero perchè ne sentiva il calore, e senza smettere di piangere affondò la faccia nel suo petto e pianse.
Passarono i minuti, le ore e lei continuava a piangere.
Alzò lo sguardo, e lui la fissava con amore, le disse che era stato un sogno, era tutto passato, qualsiasi cosa fosse successo, ora erano assieme, lei gli credette, e lo baciò.

Il mattino seguente i segni dei suoi sogni erano ancora evidenti.
La paura l'attanagliò a tal punto da spingerla a gettarsi dalla finestra dell'albergo in cui viveva, lo stesso nel quale lavorava come cuoca nella sala da night dello stesso.
A volte il confine fra sogno e realtà è talmente sottile da unire le due cose.


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