sabato 21 novembre 2015

Un incontro per caso - Racconto 9



La vita ci pone molte volte davanti alla domanda : ma era forse il destino ad averci fatto incontrare ? Ben poche volte esiste una risposta semplice e diretta a questa domanda, perchè i casi sono davvero tanti, e per l'appunto non tutti sono...semplici.
Spesso e volentieri i migliori incontri sono quelli avvenuti in maniera banale e senza un reale motivo o proposito.
E' proprio il caso di una giovane coppia conosciutasi per il classico scontro per strada, lei piena di libri e dizionari, lui con la sua chitarra nuova fiammante con la promessa di mille concerti.
Amore a prima vista, iniziano a frequentarsi, dopo i primi baci innocenti si ricordano che da quel fortunato giorno sono passati ben otto anni, decidono di sposarsi, e scelgono la loro casa, pronti a farla diventare il loro nido d'amore.
Otto anni non son tanti, ma non sono nemmeno pochi, ma la loro particolarità era rara se non unica; entrambi non avevano mai fatto una sola domanda sul reciproco passato.
Per un implicito accordo era come se la loro vita fosse iniziata li, quel giorno, in quello scontro che li aveva portati a conoscersi.
Come tutti sappiamo, il passato raramente rimane nascosto.
Non avevano problemi di denaro e la loro vita filava liscia come l'olio, ma l'ombra del passato non li abbandonava.
Qualcuno a volte ha degli scheletri nell'armadio, ma in alcuni casi questi scheletri son veri.
Era arrivato il momento del grande passo, quasi all'unisono si chiesero se l'altro volesse ascoltare il proprio passato.
E da buon uomo pieno d'iniziativa egli iniziò il suo racconto.
Fu discretamente sincero, confessò di avere avuto dei guai con la legge che lo avevano portato a qualche mese in gattabuia e di aver fatto uso di qualche droga leggera.
Quando si fermò attese la reazione della moglie, ma lei non reagì con spregio e sdegno, al contrario, lo abbracciò e si complimentò per il suo coraggio di ammettere le sue colpe.
E d'un fiato gli confessò di essere una maga.
Dopo un piccolo silenzio imbarazzante anche lui l'abbracciò pensando che la moglie fosse soltanto un pò credulona o che non avesse ancora il coraggio di confessare chi sa quali relazioni passate.
E la storia finì.
Passarono otto giorni, ed in una notte tempestosa il giovane si svegliò di soprassalto, per un forte tuono probabilmente si disse, ma voltandosi verso la giovane moglie, non la trovò accanto a se.
Dove poteva essere andata ? Era ancora presto per lavorare mancavano almeno quattro ore, sentì un rumore e si convinse che la moglie fosse in cucina per qualche spuntino.
Riprese a dormire, ed al mattino come di consueto la sveglia suonò e si vestì come al solito diretto al lavoro, ma stavolta l'assenza della moglie non lo insospettì, lei si svegliava un'ora prima per andare al lavoro.
Nella pausa pranzo ricevette un messaggio che diceva : Ciao amore, questa sera farò tardi, non aspettarmi sveglio ! Ti amo.
Prese nota, finì il suo panino e tornò al lavoro, era la solita routine.
I sospetti iniziarono quando questo si verificò per una settimana consecutiva.
Le scriveva, ma lei non diceva mai ne quando sarebbe tornata ne quando.
E lui doveva scoprire cosa stesse succedendo, o meglio cosa stesse succedendo a sua moglie.
Al nono giorno lei tornò, ma aveva un'aria strana, quasi stralunata, sembrava non vederlo e rispondeva distrattamente, ma stavolta lui era pronto, prese di nascosto il suo cellulare ed attivò il gps, e come previsto l'indomani mattina sparì.
Ma grazie ad una piccola applicazione era arrivato a rintracciarla, ma era tutto così assurdo, doveva essere al lavoro, perchè mai si trovava dall'altra parte della città nela parte dedicata all'industria ?
Decise di recarsi così all'ultima posizione nota della moglie, guidò per mezz'ora circa e infine arrivò in quello che sembrava un vecchio edificio aziendale abbandonato dopo un fallimento, l'insegna era rugginosa, l'intonaco decadente e scolorito e qua e la le finestre erano rotte.
Non poteva capacitarsi che la moglie fosse in un posto del genere, e l'unica pista che gli venne in mente era la tossicodipendenza, forse si radunava li con dei conoscenti per abusare di droghe varie.
Parcheggiò poco distante per non dare nell'occhio e si avvicinò di soppiatto all'edificio; ma anche se in quel posto sembrava non esserci nessuno, lui si sentiva costantemente seguito ed osservato.
Quando però arrivò all'ingresso trovò una porta stranamente nuova per un edificio in abbandono, ed infatti quando provò ad aprirla scoprì che era chiusa.
E se era chiusa, qualcuno non voleva che altri entrassero.
Allora sbirciò da una finestra arrampicandosi su di una impalcatura per qualche intervento di ristrutturazione mai avvenuto, e ciò che vide gli gelò il sangue.
La moglie era nuda e coperta da una sola toga nera che ricordava quella di un monaco, tuttavia era foderata di un rosso sangue che dava i brividi, muovendosi come in trance eseguiva un cerchio, che ad un esame più attento era scandito da un complesso disegno probabilmente di matrice esoterica che ad un tratto parve illuminarsi ed un attimo dopo sgorgò sangue dal nulla.
Il povero ragazzo era atterrito, ma il macabro spettacolo non era ancora finito perchè dalle pozze appena formatesi ne vennerò fuori quattro donne, che dopo un attimo di stordimento si rialzarono e resero onore a quella che sembrava la figura di comando in quella riunione immonda.
Aveva visto abbastanza, voleva solo tornare a casa e non pensare a ciò che aveva visto.
Tornò di corsa alla macchina, mise in moto e come un fulmine tornò a casa, ma appena aprì la porta di casa si trovò catapultato all'interno della struttura abbandonata, con lo sguardo di fuoco della moglie che lo osservava con ira.
Gli chiese perchè fosse andato a cercarla, e che ormai per lui non c'era più scampo.
Doveva morire per completare il rituale.
A cosa serviva il rituale non lo chiese e non gli importava, lo spirito di sopravvivenza ebbe la meglio e cercò di sfuggire a quella follia alla quale non credeva ancora completamente, ma che attaccando tutti i suoi sensi si rivelava più che reale, fatale.
Ma a nulla valsero i suoi sforzi, nonostante salisse rampe su rampe di scale, si ritrovava sempre allo stesso dannato piano dove la moglie e le quattro donne si avvicinavano sempre di più.
Alla fine lo presero, ma non con le mani, si trovò incatenato da una sorta di camicia di forza invisibile, dalla quale non riusciva a liberarsi nonostante si dibattesse come un forsennato.
Smise di lottare e rimase fermo in attesa di ciò che lo attendeva, di certo non era pronto al fatto che di li a poco sarebbe stato sacrificato per un rituale di chi sa quale genere o entità.
La cosa più malsana di tutte era che la moglie lo avrebbe sacrificato in ogni caso.
Udì frasi incomprensibili, e vide il soffitto che iniziava a vorticare, e si accorse che a girare non era il soffitto ma lui stesso.
Si sentì subito frastornato, non aveva più la cognizione dello spazio, era totalmente avvilito ed annientato.
Non sapeva cosa sarebbe successo, ma mentre iniziava di nuovo a chiedersi cosa stesse accadendo realmente sentì chiaramente una fitta alla schiena, una fitta che divenne subito dolore lancinante.
Era appena stato trafitto da un pugnale, ma il sangue che sgorgava non toccava terra, si addensava e poco a poco che l'uomo perdeva il prezioso fluido vitale, questo diventata un ovale sempre più grande.
L'operazione durò minuti, ore, non seppe dirlo, ma sapeva per certo che si sentiva sempre più debole, e più debole diventava più lo specchio di sangue, il suo sangue, diventava grande.
Dal neo creato specchio di sangue vennero fuori dei tentacoli provenienti da chi sa quale mondo, e lo trascinarono dentro.
L'attimo dopo tutto era sparito.
Stranamente si sentiva bene, non sentiva dolori, spossatezza, nulla, come se gli avvenimenti delle ultime ore non fossero mai avvenuti, cosa strana, perchè gli sembravano fin troppo reali, soprattutto il dolore.
Il suo primo pensiero fu per la moglie.
Qualsiasi luogo fosse quello per il momento non vi badò, e sedette in terra con la testa fra le mani, piangeva, e piangeva non per la propria presunta morte o ciò che era stato, no, piangeva perchè non credeva ancora che a farlo fosse stata la donna che amava, lei non l'avrebbe mai fatto, lo amava, come lui amava lei, cosa l'avrebbe spinta al punto di ucciderlo ? E pure non possedeva nulla di rilevante valore a parte la vita, non l'aveva mai tradita, anzi si era sempre considerato fortunatissimo ad averla incontrata, ma cosa era successo ?
Il suo cervello iniziava ad elaborare gli avvenimenti appena accaduti e si tastò la schiena.
Il terrore che lo assalì fu quasi istantaneo, perchè quando provò a toccarsi, non trovò nulla di solido, cercò di battere le mani e le vide oltrepassarsi.
Era morto lo sapeva, ormai quasi lo sentiva, forse era quello il mondo dall'altra parte, e si dedicò ad una rapida occhiata in giro.
Quel nuovo posto gli sembrava ovattato, totalmente opaco, ma cosa ancora più strana non vi era un orizzonte, sembra un posto infinito, una prigione infinita e senza uscita.
Forse avrebbe dovuto dire qualche preghiera in più oppure andare più volte in chiesa, fare più offerte.
Iniziava a delirare, ma venne bloccato quasi subito nei suoi vaneggiamenti, perchè una figura totalmente nera avanzava a velocità spaventosa verso di lui, cercò comunque di scappare, ma sapeva che era inutile, dopo qualche metro lo sentì dietro di se.
Se fosse stata una creatura ostile era finita, sarebbe morto.
Morto ? Ma lo era già ! Si voltò, spavaldo di una nuova convinzione, con uno strano fuoco negli occhi assestò un gancio alla creatura.
Sarebbe stato devastante se fosse andato a segno, ma si ritrovò a fendere l'aria, il problema più grosso era che la creatura sapeva perfettamente come afferarlo, e lo avvinghiò subito alla gola.
A nulla valse il suo dimenarsi, perchè stranamente ebbe la sensazione che gli mancasse il respiro, la tortura si protrasse in quella che sembrò un'eternità, non poteva morire di nuovo, ma scoprì che poteva continuare a soffrire, e quella creatura sapeva come farlo soffrire.
Non sapendo più cosa fare chiuse gli occhi.
Dopo poco sentì la presa allentarsi e riaprendo gli occhi scoprì un diverso ambiente, questa volta tutto sembrava di un rosso malsano, che faceva ricordare quasi il rosso del sangue rappreso.
In che luogo era finito ? Non capiva più nulla, era certo solo che avrebbe sofferto.
Come se le suo fossero state preghiere, questi pensieri vennero presto esauditi, tutto il luogo venne sommerso dalle fiamme.
Non fu una cosa graduale, istantaneamente sembrava che l'aria fosse composta di gas o qualche altra miscela altamente infiammabile, cosichè anche lui prese letteralmente fuoco, nonostante non avesse pelle, si sentì ardere e guardandosi le mani le vide carbonizzate.
Stavolta non si accorse nemmeno di non soffrire, a farlo soffrire fu il suo cervello ormai in preda al terrore più nero, tanto da non distinguere più le proprie sensazioni.
Ma le sensazioni cosa sono ?
Impulsi elettrici inviati dal cervello, che all'occorrenza possono essere modificati al punto di indurre allucinazioni.
Marito e moglie erano stati drogati con dei funghi allucinogeni, poi trasportati ed indotti al sonno da alcuni alchimisti moderni specializzati nel controllo delle emozioni e degli impulsi neurali durante il sonno.
Quasi tutta la vita insieme che avevano creduto di vivere insieme era stata frutto di questi funghi e di un malsano sonno forzato, ma perchè compiere un tale lavoro ? Quale lo scopo di tutto questo ? Non se lo sapevano spiegare, cosa avevano fatto di così grave per indurre l'una a pensare di dover sacrificare il marito, e l'altro a vivere l'incubo della propria morte per mano della moglie e del suo spirito torturato da chi sa quali strane e folli creature ?
Erano entrambi stati presi di mira da una segretissima congregazione che prendevano di mira centianaia di soggetti all'anno, e loro due purtroppo erano fra quelli.
Ma per loro avevano in serbo un destino differente, erano stanchi del solito gioco al quale vincevano sempre, volevano provare l'ebrezza della sfida, volevano verificare la loro effettiva forza.
Così cercarono di rendere reali tali tormenti, ma prima li avrebbero svegliati.
Passarono giorni prima che i due recuperassero tutte le loro capacità, giorni durante i quali si tennero stretti, e cercavano spiegazioni l'uno nell'altra e viceversa, si facevano forza e per il momento glielo lasciarono fare.
Non passò molto prima che iniziassero a chiedersi dove fossero, e notarono quasi istantaneamente di essere quasi nello stesso posto abbandonato che avevano visto nei loro deliri allucinogeni, e questa macabra similitudine li guidò nei primi passi dove credevano ci sarebbe stata l'uscita.
Ma dopo svariati minuti si ritrovarono a percorrere un corridoio con quasi dieci porte l'una di fronte all'altra, e stando al cartello affisso sopra, portavano tutte all'uscita.
Erano stati drogati, non era di certo stupidi si dissero, tuttavia non c'erano altre vie, dovevano rischiare.
Ed il rischio li portò ad una soluzione inaspettata della vicenda.
Erano gli unici sopravvisuti ad una lunghissima catena di esperimenti durata decenni, gli unici due soggetti di ambo i sessi ad essere scampati a quell'orrida tortura mentale.
Una stanza enorme, senza finestre, foderata di piastrelle così bianche e splendenti da riflettere la luce di vari neon ed accecare un occhio poco abituato, era forse una nuova tortura ? Cosa stava per inventarsi quella situazione bislacca ? Era giunto il loro tempo, non dovevano essere più al mondo e quella doveva essere di certo la famosa luce dopo il tunnel, nel loro caso un tunnel di sofferenza.
Di fronte a loro era riunita tutta la congrega del sonno, erano dieci in tutto ed erano tutti seduti attorno ad uno strano tavolo che sembrava una forma senza senso, ma dopo pochi secondi si riuscivano a cogliere lettere, lettere che formavano la parola "SILENTES".
Avevano tutti un sorriso bonario sul viso, quasi fossero felicissimi di vederli, o meglio di rivederli.
Come il figliuol prodigo tornavano al padre, e loro senza una parola li accolsero facendoli accomodare alla tavolata silente.
Vennero invitati a toccare la tavola con un solo cenno della mano, nessuno parlava, non un accenno a proferire parola.
Una volta toccata i pensieri di tutti i presenti fluirono in loro sottoforma di immagini, sensazioni, ricordi, una condivisione senza limiti alla velocità del pensiero, un'esperienza unica.
Il loro reclutamento era appena iniziato, con estrema rapidità venivano messi a conoscenza di ogni segreto ed ogni meccanismo di quella muta congrega, ma soprattutto vennero messi al corrente del motivo di tale associazione.
Il controllo mentale.
La forma assoluta di dominio sul genere umano, una gabbia mentale che rinchiudesse tutti, dal più grande leader al più miserabile dei cittadini, senza esclusione, e dominare così l'intera razza umana senza ricorrere al rudimentale metodo della guerra.
Ognuno degli astanti poteva contare su di una elevatissima percentuale di sviluppo cerebrale, quello che sembrava il capo poteva contare sul 65% del proprio cervello, li pronto per dargli ogni soluzione ad ogni problema.
Passavano i giorni, poi le settimane, e le settimane si fecero mesi, e mese dopo mese vennero gli anni, anni durante i quali le due reclute scoprirono attraverso le proprie neo capacità cerebrali, di poter bypassare i pensieri degli altri e mascherare i propri a piacimento.
Le uniche due cose rimaste da quell'orrido esperimento degli anni passati erano esattamente due, l'amore e il rancore.
L'amore che li aveva legati nella finzione non era svanito, anzi si era rafforzato, e il rancore verso quel marcio apparato che aspirava a conquistare il mondo rendendo tutti schiavi, ognuno nel proprio mondo personale.
Ma non lo davano a vedere, cooperavano anche se con riluttanza, ma avevano affinato al meglio la loro tecnica di occultamento, e potevano pianificare al meglio la loro vendetta.
Non li avrebbero mai scoperti, tuttavia il rischio era grande, stavano progettando di sconfiggere le menti più potenti dell'intero pianeta, e l'impresa se pur progettata al meglio, poteva fallire miseramente.
Il tempo intanto continuava a scorrere e la Silentes continuava a perpetrare nei propri loschi piani, assoggettando in realtà fittizie il buon 6% della popolazione mondiale, un record mai raggiunto da Silentes, tali progressi erano stati incrementati proprio dalle nuove reclute, le quali vennero tenute sempre in maggiore considerazione, tanto da poter contraddire anche i membri più anziani.
Tuttavia la vendetta era molto vicina.
Loro erano stati drogati e soggiogati, infatti questo era il vecchio metodo di attacco mentale utilizzato da Silentes, selezionare individui campione e per mezzo di vari espedienti indurli in lenti deliri allucinogeni e controllarli tramite le loro brillanti menti.
Nel tempo i due giovani, lavorando per l'associazione avevano sviluppato complessi processi mentali che permettevano addirittura la forzatura cerebrale a distanza di centinaia di metri.
All'inizio.
Perchè col passare del tempo potenziarono sempre più questo sistema al punto da poter raggiungere mezzo mondo dal solo centro operativo, avvalendosi però del potere mentale di tutti i membri.
In segreto avevano iniziato ad esercitarsi, al fine di diventare imbattibili, decisero che avrebbero attaccato tutte le psiche di Silentes contemporaneamente forzandole proprio nel momento in cui erano impegnate loro stesse in una forzatura di massa molto complessa.
Li avrebbero imprigionati in una esperienza simile alla loro, li avrebbero torturati fino al collasso del loro intero sistema nervoso.
La lora grande occasione si presentò il mese dopo, convinsero l'intero gruppo a forzare un maxi blocco di individui equivalente a dodicimila individui, cosa che avrebbe richiesto il massimo impegno dell'intero gruppo.
Eccoli li, le espressioni per la prima volta leggermente tese, non più tranquille e pacate, ma risolute nel loro intento, era un colpo senza precedenti, avrebbero assoggettato così tanti individui da poter iniziare una scalata sociale che li avrebbe portati ad ottenere il controllo totale delle risorse petrolifere del pianeta, dettando così legge sui mercati e gli scavi.
Nella loro estrema concentrazione non si erano accorti dei piccoli impulsi che viaggiavano attraverso tutti gli astanti, erano i due giovani che mano nella mano inviavano piccole scariche sonda per saggiare i punti più deboli dei sistemi da invadere.
Erano impulsi così piccoli che a stento li avvertivano loro stessi, ma erano dei piccoli cavalli di Troia in miniatura, perchè erano pronti ad esplodere in gigantesche esplosioni cerebrali non appena si fossero ben innestati, e nessuno avrebbe avvertito nulla, si sarebbero trovati in una realtà non più gestita da loro.
Durò trentasette minuti esatti,allo scattare dell'ultimo minuto tutti crollarono sul tavolo Silentes con espressione attonita e terrorizzata.
Erano in trappola.
Tutti e dieci si ritrovarono nella stessa stanza dove risiedevano i loro corpi reali, e li vedevano, ma in loro qualcosa non andava, perchè tutti, nessuno escluso, perdevano sangue dalle orecchie.
In un attimo i corpi ripresero vita e cominciarono a cercare di afferrare i loro "sosia".
Non avevano nulla dell'aria distinta che li aveva caratterizzati fino ad allora, avevano volti scavati, denti marci, e bava che colava mentre emettevano gemiti folli.
Li afferrarono non per percuoterli, ma per mangiarli, ma i loro denti non riuscivano a strappare le carni e le vesti, dopo un minuto le loro bocche erano già ridotte a poltiglie sanguinanti, però il lampo di genio non si fece attendere, iniziarono ad usare le unghi e con le unghie imprimevano grossi e profondi tagli fino a ridurli a brandelli, erano annientati, restavano in balia di quegli esseri che avevano le loro stesse sembianze senza però rispettarne il codice di vita, e li riducevano in pezzi, fra dolore ed urla, e dopo averli resi totalmente irriconoscibili iniziarono a cibarsi delle loro carni.
Quando il macabro pasto fu terminato tutto si trasformò, erano tutti di nuovo al tavolo ma stavolta vi erano legati da spessi bracciali di metallo.
Una voce li stava istruendo e loro non potevano fare altro che annuire, il loro compito era semplice, distruggersi a vicenda.
E lo fecero.
Vennero liberati dai loro vincoli e presero subito a fronteggiarsi l'un l'altro con il solo scopo di assitere alla morte dell'altro, quasi essendo spettatore nel proprio corpo, attendendo la propria morte.
Il processo fu lungo, nessuno era in reale vantaggio fisico rispetto agli altri, ne erano di grandi doti combattive, il tutto scaturiva in una confusionale ricerca di parti molli quali gli occhi e la gola.
Dopo ore di strenua lotta, i combattenti avevano tagli e contusioni ovunque ma nessun reale danno, venne allora fatto entrare un boia, la sua testa era quella di una orrenda creatura vagamente somigliante ad una capra, non aveva nulla di umano, i suoi arti era quasi del tutto deformati, ed il suo unico scopo sembrava proprio quello di finire i malcapitati.
Uno ad uno li abbatteva mentre loro ancora cercavano di uccidersi l'un l'altro.
Quando anche l'ultimo silente fu abbattuto con estrema violenza venne un'altra losca figura.
Un tristo nocchiere vestito di vesti eleganti ma estremamente consunte, conduceva un carrettino malconcio e marcio, il quale veniva trainato da immonde bestie dal corpo molle e flaccido.
I corpi malridotti vennero caricati sul carro e vennero in un cerchio di fiamme.
Al centro del cerchio di fiamme c'erano i due giovani amanti, era il loro rito, la loro vendetta, il loro riscatto.
Con estrema calma tutti i corpi vennero ammassati al centro, dopodichè il sangue dei cadaveri salì al cielo come una colonna infinita, distruggendo tutto ciò che incontrava.
E piovve sangue.
Un sangue acre che però sanciva la loro vittoria, per anni avevano celato quel desiderio, erano entrati a far parte di quel sistema immondo, lo avevano assimilato, potenziato e battuto.
Era accaduto tutto come una casualità.
Il caso li aveva fatti incontrare, il caso li aveva portati a quel punto ed il caso aveva deciso che sarebbero sopravvissuti all'orrore diventandone parte loro stessi.
Da quel momento non ebbero più a che fare con SILENTES, ne chiusero il ricordo in fondo all'anima e la loro vita continuò, come nulla fosse stato.



                                                                                                                  Artic

Eravamo - Racconto 8

Eravamo vicini quando, nelle fredde notti d'inverno ci scaldavamo facendo accostare i nostri corpi nudi sotto le coperte.
Eravamo così legati da tutto ciò che poteva chiamarsi amore e più di noi, nulla vi era.
Come saremmo stati felici insieme in un'altra vita magari, senza pensieri, in riva al mare in qualche paradiso caraibico.

Ma ora sei li di fronte a me, sembri non riconoscermi.

Era la follia assassina di Selina, la quale continuava ad avventarsi sul cadavere del suo fidanzato, come a volerne strappare l'anima dalle spoglie oramai deturpate e prive di vita.
D'un tratto si scosse, una voce la chiamava, la invitava ad un uscire fuori, di dileguarsi nel buio, la voce parlava di qualcuno, la stavano cercando e lei doveva fuggire.
E fuggì.
In mano aveva ancora il coltello con il quale aveva tolto la vita all'uomo che tutto era per lei prima che arrivasse la Voce.
Doveva seguirla senza fare storie. E così fece. Si fece largo nelle strade deserte, mentre nella notte una sirena; avevano dato l'allarme, non doveva farsi prendere, la Voce la guidava e Selina imboccava vicoli su vicoli incurante della sottile vestaglia che la ricopriva, sembrava conoscere da sempre quelle strade, eppure si era trasferita in quella cittadina da qualche mese.
Arrivò all'ingresso di un palazzo che all'apparenza sembrava abbandonato, ma appena lei giunse dinnanzi ad una porta di metallo arruginita uno spioncino si aprì e dopo un attimo scattò il chiavistello che le consentì di entrare.

Era all'interno da pochi secondi quando la Voce le sussurò : Hai compiuto il tuo scopo. Devi morire.
L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, cercò di scappare ma la porta che prima era spalancata adesso era chiusa e sorvegliata da due uomini con grotteschi passamontagna.
Ehi ma aspetta ! Aveva ancora un coltello in mano, ed in un disperato tentativo di fuggire lo brandì per colpire i custodi della porta, ma neanche a mezzo metro da loro, la Voce la bloccò e la costrinse a squarciarsi lo stomaco.
Viscere e sangue si sparserò sul pavimento e Selina morì.

Una voce la chiama.
<<Selina! Selina! Svegliati è l'ora di pranzo!>> Pranzo ? Quale pranzo ? Dove si trovava ? Si guardò intorno, una giovane infermiera a giudicare dal suo modo di vestire le sorrideva dalla porta.
Ammiccò per schiarirsi la vista e scende dal letto.
La colpì un dolore lancinante allo stomaco, si sollevò la vestaglia e scorse una rossa cicatrice orizzantare nel basso ventre.
Era tutto reale ? Era successo davvero ? Aveva davvero ucciso il suo fidanzato ? I ricordi le salirono alla mente ed ebbe un violento conato di vomito, dopo che si fu ripresa, l'infermiera l'aiutò ad alzarsi dal letto e l'accompagnò al reparto mensa, dove altre persone stavano già consumando il pasto in un deprimente silenzio.
Sedette a tavola e iniziò a mangiare ciò che le veniva servito.
Dall'aspetto vi era una bella bistecca di carne, però non aveva mai visto quel tipo di taglio, era davvero strano.
Assaggiò e le piacque anche, iniziò a mangiare con gusto e i dolori parvero placarsi, dopo poco si alzò dal tavolo e decise che le avrebbe fatto bene una passeggiata e così imbocco un corridoio, poi un altro, poi un altro, e più avanzava e più sembrava aumentare una strana aura di tenebra.
Si ritrovò dinnanzi ad una porta di ferro di fattura rozza ed a tratti arruginita, perchè decise di aprirla non lo sapeva, se ne pentì subito dopo, perchè quella porta conduceva in una spaziosa stanza quadrata dove persone corpulente e deformi macellavano quelle che erano persone.
La carne che le era tanto piaciuta era carne umana.
La videro.
O per meglio dire, la fiutarono, perchè erano tutti ciechi ed al posto degli occhi avevano vuote orbite a volte abitate da vermi che si nutrivano della loro cancrena.
Due mani possenti e rozze la afferrarono, cercò di divincolarsi ma era tutto inutile, come in un lampo carpì stralci della realtà intorno a lei.
Veniva sollevata.
Veniva appesa ad un gancio. Il dolore.
Un coltello.
Il suo sangue in una vasca.

Si svegliò di soprassalto, si ritrovò a fissare il soffitto di casa sua.
Ma che cosa era successo ? Era un sogno senza dubbio, era tutto ok, era li nella sicurezza della propria casa.
Le dolevano lo stomaco e la gola, probabilmente colpa del ciclo e di una congestione, poteva capitare si disse.
Entrò in bagno, si guardò allo specchio e notò un taglio alla gola, alzò la vestaglia e trovò anche lo squarcio all'addome.
Era un incubo non c'erano alternative, non poteva essere vero, era tutto così assurdo!
Doveva uscirne e non sapeva come, dov'era il suo fidanzato ?
Era vivo o morto ? La risposta era alla sua destra. Era lui, deturpato così come lei lo aveva ridotto, brandelli di carne penzolanti ovunque, le ossa delle mandibole scoperte, era un mostro, non l'uomo che aveva amato. Ma perchè lo aveva ucciso ? Non se lo ricordava e se lui era lì come faceva ad essere morto ? Nel frattempo però se la sua mente si poneva quesiti alla velocità della luce, lei rimaneva impietrita, e non riuscì a reagire nemmeno quando lui cominciò a mangiarla partendo dalle estremità.
La mantenne in vita per farle provare ciò che aveva provato lui.
Oramai allo stremo la vita l'abbandonò.
Di nuovo.

Stavolta era pronta a tutto, sapeva che si sarebbe risvegliata in qualche posto assurdo e con le sue ferite di ogni "vita" passata.
Aveva ragione, ma solo in parte, era in un posto sconosciuto, un albergo forse, ma le sue ferite erano sparite, anzi, era vestita in una delicata tuta bordata di rosa.
E le ferite ? Si era svegliata ? E dov'era ? Nel frattempo uscì fuori, imboccò il corridoio e prese l'ascensore, mentre le porte si chiudevano da una stanza adiacente uscì uno dei macellai dell'ospedale.
Impazzita dal terrore si scostò dalla porta e mentre l'ascensore scendeva verso il basso lei lo udì urlare.
A quell'urlo se ne aggiunsero altri ad ogni piano che oltrepassava.
Era braccata, e da tutti i piani giungevano urla che si richiamavano a vicenda quasi a coordinare quella macabra caccia all'uomo che si stava per svolgere.
Giunse finalmente al piano terra dopo quella che le sembrò un tempo infinito, e li lo shock.
Era di nuovo nelle cucine dove gli uomini venivano sgozzati; ma proprio li davanti a lei, si rivide sgozzare da un essere deforme.
Stava rivivendo il suo risveglio in terza persona.
Tutti nella stanza la videro e le urlarono contro, quanti erano ? Dieci ? Venti ? Non lo sapeva, doveva solo fuggire.
E lo fece.
Correva a ritroso lungo il corridoio che ricordava vagamente, ma eccola fuori dall'ospedale.
Non si fermò a controllare dove fosse, pensò solo a scappare, finchè non si ritrovò nello stesso vicolo dove tutto era iniziato, e li di nuovo vide il suo alter ego venire squarciato e lasciato morire.
Superò tutto con un balzo, non voleva vedere tutto ciò, non voleva ricordare, e mentre fuggiva ebbe un blackout.
Era in casa sua, e la Selina di quel momento passato stava per uccidere il suo fidanzato.
Doveva impedire almeno quello.
Afferrò il braccio della sua "gemella", finirono a terra, ma questa la bloccò al pavimento e le vomitò addosso litri di sangue.

Gridò con quanto fiato aveva in gola.
Le luci si accesero ed una voce la chiamava.
Era lui, il suo amato, la chiamava e scuoteva, sapeva essere tutto vero perchè ne sentiva il calore, e senza smettere di piangere affondò la faccia nel suo petto e pianse.
Passarono i minuti, le ore e lei continuava a piangere.
Alzò lo sguardo, e lui la fissava con amore, le disse che era stato un sogno, era tutto passato, qualsiasi cosa fosse successo, ora erano assieme, lei gli credette, e lo baciò.

Il mattino seguente i segni dei suoi sogni erano ancora evidenti.
La paura l'attanagliò a tal punto da spingerla a gettarsi dalla finestra dell'albergo in cui viveva, lo stesso nel quale lavorava come cuoca nella sala da night dello stesso.
A volte il confine fra sogno e realtà è talmente sottile da unire le due cose.

                

                                                                                                                 Artic

mercoledì 22 luglio 2015

Il Lupo di Rachelville - Racconto 7



                                    ATTENZIONE : Questa storia è protetta da Copyright

Signori e signore,
colui che vi parla e che in vita ha scritto queste parole, fu un assassino, iniziai molto tempo addietro a dire la verità. La prima volta ch’ io uccisi, si trattò di una bambina, Grace fu il suo nome e nonostante molto tempo sia da allora trascorso, ben ricordo, come vedete, come si chiamava, il suo volto e  mai, non rabbrividite vi prego, dimenticherò il suo sapore. Devo dire che Grace fu davvero molto fortunata in questo, degli altri non ricordo pressappoco nulla, di sicuro non il nome.
Ascoltatemi, vi prego, signori voi tutti, nel tempo che mi accingo a raccontare, fui un maestro di una media scuola, nei pressi di Rachelville, in Louisiana.
Oh signori, confessare devo a tutti voi, che anche se bramavo le giovani carni della maggior parte delle mie allieve, mai e ripeto, mai provai, ne a toccarle, ne ad azzardare oscene proposte.
Mi limitavo a contemplarle in silenzio, cercando di scorgere ogni minimo, occultato particolare dei loro acerbi corpi, che mi accendevano il desiderio fin dentro le viscere.
Ricordo con precisione i nomi di quelle che maggiormente turbavano il mio sonno ogni notte : Sarah Jessica O’ Brian, Lucy McHanzie e tante, tante altre.
Ricordo con precisione un giorno di metà primavera, in cui la signorina McHanzie, indossava una leggera fascia larga e datosi il caldo della giornata stessa, non portava nessun reggiseno. I suoi capezzoli sporgevano nobili, fieri, pensai di prenderla, di agguantare i suoi fianchi e trascinarla nello sgabuzzino del bidello. Immaginai le nostre lingue, i nostri corpi contorcersi. Non avrebbe dovuto venire a scuola vestita in quel modo, non avrebbe dovuto presentarsi d’ innanzi ai miei occhi coperta di soli pochi veli. Le sue compagne la deridevano, i ragazzi le giravano intorno, era una puttana, solo una piccola, lurida puttana. Pensai di rapirla, di morderla, di strapparle le tette con la bocca, d’ infilare le dita in quel suo piccolo, rotondo e sodo culetto, di farla a pezzi, bagnarmi del suo sangue, squartarla, entrare. Avrei voluto tutto ciò, avrei voluto questo e anche altro, ma vi prego, vi supplico di credermi : Io non lo feci, mai.
Ma andiamo per ordine :

L’ inverno precedente, mi ero allontanato da Rachelville, e di conseguenza dalla scuola, per andare a far visita ad un vecchia zia in punto di morte, sapete, era il dicembre 1906 e io e un gruppetto di ragazzi, stavamo tornando a casa attraverso l’ Oregon, ma fummo sorpresi da una tremenda tormenta. Decidemmo così di ripararci in una grotta, in attesa che la tempesta si placasse, ma ciò non accennava ad avvenire.
Eravamo in sei persone, io, Carl Simmons, Stewen Jonson, Lenny Stewart e sua moglie Linda e un italiano che si era unito al gruppo dato che facevamo la stessa strada, Stefano Reale fu il suo nome, poi c’ era il mio cane Rob e due cavalli.
Il primo giorno nella caverna passò abbastanza velocemente, pensammo a ripararci dal freddo e a tenere alto il morale, con dei racconti per conoscerci meglio, ma la tempesta, non accennava a placarsi.
Ignari di cosa stava per accaderci, decidemmo di accamparci sul carro per la notte.
Il mattino seguente, l’ entrata della grotta era totalmente sigillata dalla neve, non c’era nessuna via d’ uscita e, prima che lo pensiate, si, abbiamo provato per un giorno intero a scavare con tutte le nostre forze, ma solo Iddio sa quanta candida neve, fosse caduta d’ innanzi l’ unica via d’ uscita, murandoci all’ interno.
Le provviste finirono presto. La carne non durò una settimana ed il latte di capra e il formaggio non durarono che pochi giorni oltre. Uno dei cavalli era in agonia per la malnutrizione ed il freddo, così Carl, decise di mettere fine alle sue sofferenze e con quel cavallo, andammo avanti per altri sei o sette giorni più o meno. Quando anche l’ altra bestia, crollò sotto il peso della fame, per noi sembrò una benedizione. Per l’ acqua non era un grande problema, bastava far sciogliere la neve oppure raccogliere quella che colava dalle stalattiti. Ben presto, non avevamo più nulla, nel mese successivo mangiammo tutto ciò che era commestibile, il muschio sulle pareti, le selle dei cavalli, le cinture, le suole delle scarpe, persino Rob, ma non c’ era nutrimento in quel “cibo”, voi mi capirete, eravamo debilitati sia nel corpo che nello spirito, credevamo di morire tutti in quella caverna.
Il primo ad andarsene fu Stewen, il suo corpo era già provato e non riuscì a resistere a tutto quel dolore.
Ci guardammo in faccia tutti, ognuno in cuor suo pensava che quella era l’ unica cosa da fare, ma nessuno voleva ammetterlo, nessuno osava proferire parola, tutti aspettavano che qualcun’ altro, lo facesse per primo e Dio lo sa, oh si, solo Iddio sa quanto ribrezzo provavo sotto le labbra e per me stesso, quanta vergogna e solo Iddio ancora sa, quant’ io trovassi raccapricciante la vista di varie parti umane sul fuoco, ma ringraziai il cielo per l’ odore di quella carne.
Ma più di tutto, più di Grace, ripenso a quella, seppur vicina notte, era un trentuno ottobre qualsiasi, una festa oscura e divertente per gli altri, ma non per me. Pioveva…

Piove. Ancora. Non smette da tre giorni, guardo l’acqua scivolare giù dalle vetrine di questo caffè.
Di questo passo, ci sarà una piena e l’acqua se la  porterà via. Forse è meglio così.
Sul tavolo, c’ era già un giornale con la data di oggi : “30/10/1923”. Ha in prima pagina ancora la notizia di ieri, cioè la nascita della Repubblica di Turchia. Come se gliene possa fregare qualcosa a questi stronzi ignoranti, che abitano in questo cesso di cittadina, il buco del culo d’ America.
Immagino la notizia che ci sarà in prima pagina sul giornale di domani, quella si che sarà interessante, ehehe…
Come graffiava. Mamma mia, mi ha riempito di calci e graffi, sia sulle mani che sul viso, per fortuna qui, né il barista, né nessun altro, ha chiesto nulla, tutti sono assorti nei loro pensieri e preferiscono bere infreddoliti, piuttosto che sprecare tempo ed energie per impicciarsi dei fatti altrui.
Vorrei controllare una cosa…ma non credo che farò bene ad uscire per mettermi ad osservare          l’ acqua del fiume dal ponte, sono già bagnato fradicio, ed in più, desterei sospetti. Meglio di no e comunque sono sicuro che non si vedrebbe il sangue sull’ acqua. E’ troppo scura a causa della forte pioggia. Devo solo fare attenzione nel caso il fiume trasportasse a valle il resto del corpo.
Quella puttana maledetta ! Mi brucia tantissimo il viso, speriamo non se ne accorga nessuno.
Con questa fanno quattro, ma c’ è ancora molto da fare, la città è piena di marciume.
“Il lupo di Rachelville”, così mi chiamano. Non lo sanno che sono io, non lo sa nessuno. Era da un po che né  al giornale, né alla radio, parlavano di me, del resto, un omicidio non fa più ascolto ormai. Era ora di ricordagli che il lupo, ha ancora fame !
Come si divertiva quella puttana. Rideva. Credeva di aver trovato un altro cliente, di guadagnare. Certo il suo lavoro lo farà, anche se “ in parte”, del resto, ho tutto quello che mi serve di lei, proprio qui, in questa valigia.
Aveva le gambe belle lisce quando è entrata in macchina. Portava una gonna aperta sul davanti, per attirare i clienti. Quei porci arrapati.
“Vieni, ti faccio toccare prima”, così gridava, mi davano il voltastomaco !
Qui ci sono le decorazioni per Halloween, ho fatto bene ad eliminarla in questi giorni, la festività terrà lontana gli spiriti, anche l’ anima di quella troia, andrà dritta a bruciare all’ Inferno e non potrà venire a tormentarmi !
Sono stato bravo.

Ecco il suo bel culo, mi ha sporcato la valigia di sangue, ma ho fatto bene ad usare questi sacchi neri della spazzatura, l’ ultima volta il sangue mi colava tutto fuori. E’stata una bella sfida non lasciare tracce… più che altro, nessuna traccia troppo visibile…
Bacon, carote, quattro cipolle, rape, sedano, sale e pepe…ho una fame ! Questa sera mangerò una gamba, con dita, mani, qualche pezzo di un braccio, voglio lasciare la fica per domani notte, quando ci saranno i festeggiamenti per Halloween, così potrà svolgere il suo lavoro la puttana !
Come faceva mamma col tacchino ?
“Dopo circa un quarto d’ ora di cottura, versare circa una pinta d’ acqua e ungere la carne di tanto in tanto, ma ad intervalli frequenti, con un cucchiaio di legno”. Si, ricordo bene.

E così anche quella notte passò. Quella notte in cui era stato versato del sangue, ma ciò ch’ io non sapevo, era che l’ indomani, su quel quotidiano, non ci sarebbe stata la notizia che aspettavo.
Billy Brown, un ragazzino di 12 anni, insieme ai suoi amichetti di pressappoco la stessa età, giocava tra i boschi e i canali, assaporando già il magico momento del “Trick Or Treat”. Pensando agli artigianali costumi, che avrebbero usato quella notte, Billy, si imbatté in qualcosa che mai avrebbe immaginato… “Guardate qui ragazzi- chiamò a raccolta gli altri- Ma cos’ è ? Forte però prendiamola, la lanciamo a qualcuno che non ci vorrà dare i dolcetti stanotte !”
Oh signori lettori, come potevo io immaginare quello che sarebbe accaduto ? Mi aspettavo che qualcuno avrebbe ritrovato il corpo, certo, ma qualcuno adulto, che avrebbe subito pensato al lupo ed in preda al panico che m’ accendeva il desiderio, avrebbe avvertito le autorità e le radio e i giornali, avrebbero parlato di nuovo del Lupo di Rachelville, avrei assaporato la mia gloria, mi sarei nutrito della paura sui loro volti al mercato, o nei caffè che ero solito frequentare a quel tempo. No, a scuola no, i ragazzi non si preoccupavano di certe cose. Un pazzo che faceva a pezzi le puttane non era di loro competenza ed i colleghi insegnanti, erano troppo occupati a  pensare allo stipendio e a maledire il governo, per preoccuparsi dei casi di cronaca a loro vicini.
La sera di Halloween presi il suo bacino, lo poggiai sul tavolo e allargai le cosce. Aveva le gambe tranciate all’ altezza delle ginocchia e il busto era senza testa, con le braccia strappate via. Era una donna perfetta. Senza voce per parlare, senza gambe per scappare,  senza volontà, senza tutte le cose inutili e fastidiose.
Entrai. Da dietro, dopo averla girata sul tavolo della cucina, come si addice ad una puttana.
Mi faceva sudare, mi faceva impazzire. Strinsi il suo seno con tutta la mia forza e lo feci diventare ancora più viola. Non era morbida, no, non era calda come poteva esserlo Sarah Jessica O’ Brian, oppure Lucy McHanzie, no, era fredda, ricordo bene. Ogni volta, tenevo i corpi finché era possibile, man mano mi nutrivo di qualche loro pezzo, finché diventavano non più mangiabili e non più scopabili. A quel punto me ne liberavo, di solito nel cesso, un pezzetto alla volta, altri pezzi più grandi li lanciavo nell’ inceneritore.
Bussarono alla porta. Mente ero intento a scopare quella troia fatta a pezzi, bussarono alla mia porta. Accelerai il ritmo, sudato cercavo di finire prima che fossi stato costretto ad aprire. Suonarono di nuovo. Ansimando gridai : << Uh-Un attimo, arrivo !>>. “Magari” pensai.
Non ci riuscii, andai attraverso il salotto a chiedere chi fosse.
“Dolcetto o Scherzetto ?” Mi sentii rispondere dalla parte opposta. Cosa ? Ragazzini ! Proprio adesso. Andate via, maledetti adoratori del Diavolo, andate via !
<<Non ho nulla da darvi ragazzi, passate un’ altra volta, ora non ho tempo !”
Erano maleducati. Figli di genitori degenere, che li avevano messi al mondo, come conseguenza di atti di estrema libidine, non sapevano controllare i loro istinti animaleschi ed allora, lo facevano. Scopavano, come porci, come conigli e lasciavano uscire in mezzo alle urla ed al sangue, dalle loro luride fiche colanti, i loro figli bastardi, incarnazione del peccato !
<<Ehi, spilorcio – mi dissero spiando dalla finestra – dacci qualcosa o ti riempiamo la casa di vernice e viscere di pollo !>>.
Uno di loro, con un piede di porco sfasciò la vetrata. “Fermi !” gridai, ma non mi diedero ascolto.
Ridevano, si  ridevano di me, vestiti da mostri, diavoli : creature del male !
Mi ricomposi in fretta, allacciai i pantaloni e mentre stavo per aprire la porta per scacciali, un flotto di vernice verde, come il vomito che mi provocavano, mi colpì in viso. Indietreggiai. Altri palloncini pieni di colore liquido vennero lanciati dalla finestra e così mi riparai dietro l’angolo di un corridoio. Imprecando ed ansimando, mi toglievo la vernice dagli occhi, mentre andai a prendere l’ idrante. Li avrei mandati via con l’ acqua gelida del serbatoio. Scacciati, come dannosi cani randagi. Insieme alla vernice lanciarono viscere, budella di volatili da allevamento, insieme a teste e scarti di pesce. Tenendo stretta la pompa grigia, ad una delle estremità, guardai il crocifisso per un istante, ma qualcosa di pesante mi colpì. Mi riparai il viso con le braccia, ma l’ idrante mi scivolò dalle mani schizzando acqua ovunque. La mia casa era piena d’ acqua. Il mio salotto zuppo, se lo avesse visto mia madre mi avrebbe punito, si mi avrebbe messo in castigo, nella cantina, in quel brutto posto ed il Diavolo mi avrebbe legato e mi avrebbe toccato, fatto male.
Scivolai. Sentivo le loro risa, si burlavano di me. Bastardi. Non l’ avrebbero fatto se avessero, se solo avessero saputo con chi avevano a che fare. Li avrei uccisi con le mie mani, a morsi. Tutti. Tutti loro. I miei occhi lacrimavano. Ancora sento l’ ardore della vendetta in questo malandato corpo. In quel momento, mentre a carponi sul pavimento bagnato, pieno di colore e budella, mentre cercavo invano di bloccare  il flusso dell’ acqua dell’ idrante, sentii quello che mi urlò, ridendo, uno di loro, miserabili : <<Guardate com’ è goffo ! Ahahah, sembra una tartaruga girata sul dorso !>>.
Mi voltai di scatto in preda all’ ira e fu allora che la vidi. Rotolava ancora. Si fermò davanti ai miei occhi. Era ancora più brutta di quando l’ avevo ammazzata. La testa di quella puttana a pezzi sul mio tavolo in cucina.
L’ avevano trovata. Io l’ avevo lasciata lì, nel canale, in modo che senza gli occhi, non aveva potuto vedere la via e la sua anima, non mi avrebbe trovato, senza orecchie non avrebbe potuto sentire niente di dove andavo.
Ma loro l’ avevano portata da me, loro, i figli del Diavolo ! Era già tutta sporca, viola, piena di insetti, vermi schifosi. Aveva il rossetto sbavato e mi provocava immenso terrore.
Mi aveva trovato. Il suo spirito vendicativo mi aveva trovato, aveva incaricato i suoi seguaci malefici di portarla da me. Ora mi avrebbe ucciso.
Mi alzai e con gli occhi accecati dalla paura, incurante ormai dell’ acqua dell’ idrante, della vernice e della budella dei commestibili animali, iniziai a correre per il corridoio, oltre il salotto. Il pavimento zuppo. Scivolai. Il mio corpo sfondò la vetrata alla fine dell’ ambulacro. Provai a reggermi al bordo della grande finestra, ma i vetri mi ferirono le mani.
Pensavo a proteggere la mia vita. L’ anima di quella puttana morta mi avrebbe trascinato con se    all’ Inferno, per vendicarsi ed in più la mia casa era una discarica adesso, mia mamma mi avrebbe punito.
Caddi di sotto. Terzo piano, a picco sulla scogliera di White Lake. Le rocce che si avvicinavano. Buio.
Mi sono risvegliato in ospedale. Legato, dicono che mi hanno arrestato. Ci sono poliziotti a sorvegliare la mia camera. Ma non mi avranno. Mai !

Cordiali Saluti.
                                                                           
                                                                                      Albert Embert detto “Il Lupo di Rachelville”

1/11/ 1923, il giorno dopo…
L’ edizione straordinaria de “Il Corriere delle ore di Rachelville” , recava in prima pagina la seguente notizia :  “Il Lupo di Rachelville si suicida in ospedale dopo l’ arresto, rubando un bisturi”.
Servizio a Pag. 3.

                                                   
FINE.
                                                                                                           Anthony

Soluzioni - Racconto 6




...cosa siamo e da dove veniamo sono concetti sui quali l'umanità ha sempre cercato soluzioni logiche che dessero una risposta definitiva al quesito.
Ma chi ha mai interpellato tutti coloro che per un motivo o per un altro hanno abbandonato il consueto schema di pensiero ed hanno ceduto alla follia ?
Quanti sono disposti ad immergersi nella mente dei folli per capire cosa esiste al di la di tutti quegli schemi così strani ?
E' il caso del dottor Erric, figura di spicco nel mondo della medicina, deciso a scendere nei meandri della pazzia.
La sua teoria era semplice, era convinto che la vera risposta a tutti i quesiti del mondo fosse proprio nella mente dei pazzi, che, sempre secondo lui, avevano la possibilità di vedere cose che al resto dell'umanità sfuggiva.
Tutto si basava su alcune credenze antichissime secondo le quali i pazzi fossero in contatto con gli dei.
Che il dottor Erric fosse diventato un pò eccentrico dopo la morte della moglie era noto a tutti, ma continuava ad essere brillante, tuttavia aveva iniziato ad interessarsi quasi in maniera morbosa alla pazzia.
Nessuno lo criticava, e nessuno lo biasimava, forse aveva solo bisogno di tempo e questo suo interesse nel peggiore dei casi non avrebbe portato a nulla.
Ma ad un tratto la stangata, Erric si ritira dalla carriera, svanisce nel nulla.
Nella solitudine della sua nuova casa conduceva esperimenti sui folli, diventandone quasi uno di essi, e non erano pochi i quali per lo più morivano nei suoi tentativi di scovare i processi mentali dietro ogni loro azione.
Il suo tentativo più misero e più folle fu quello di chiudere sei pazzi violenti in una piccola stanza per vedere secondo quale motivo o pretese avrebbe avuto luogo una rissa.
Rissa avvenuta per nulla, e come risultato lesioni a questo o quel povero diavolo.
Non andava bene, Erric trascorreva le sue giornate lambiccandosi il cervello in cerca della risposta.
Della soluzione.
Dopo altri tre anni di meditazione sulla questione, ebbe la sua ultima idea.
Egli doveva diventare la cavia di se stesso, entrare nella pazzia come diretto protagonista, scendere dalla tribuna e diventare egli stesso un folle.
Dopo qualche ultima ricerca apprese da alcuni studi di nicchia, ancora più folli dei suoi, che esisteva una follia fittizzia, inducibile tramite farmaci, così ebbe inizio il suo viaggio, si pose sotto coma farmacologico e collegandosi a numerosi macchinari che lo avrebbero tenuto in vita per decenni senza che lui muovesse un muscolo, insomma, l'unica sua parte realmente attiva sarebbe stata la mente.
E così fece.
Esattamente dieci anni dopo venne ritrovato ancora intubato ed in vita, ma irriconoscibile, motivo per il quale gli affibbiarono il nome fittizio di J,
J era vivo ma in coma e nessuno osava svegliarlo, perchè nessuno sapeva per quale motivo clinico era stato posto in quello stato, poteva benissimamente un malato terminale il quale pagando fior di mazzette si era fatto trasportare in quel poco dimenticato dal mondo e lasciato in balia del coma.
Durante i successivi anni nessuno aveva riconosciuto il famoso dottore, e si decise di svegliare J, per capire chi fosse, per capire da dove provenisse ed ogni sorta di spiegazione.
Nessuno sapeva da quanto fosse in quello stato, e non sospettarono minimamente un coma indotto decennale.
Tuttavia ogni tentativo di svegliarlo furono inutili, iniezioni varie e terapie addirittura che rasentavano la violenza valsero a poco e non scalfirono nemmeno quel sonno.
Fino a che una notte l'ospedale in cui era stato trasferito venne squarciato da un urlo disumano, sembrava scuotere le fondamenta del mondo stesso.
Tutto il personale si precipitò da J, lo trovarono ancora urlante, e quando furono li la visione li raccapricciò, J aveva gli occhi iniettati di sangue e li guardava con un'espressione di paura, disgusto e spregio difficile da decifrare.
L'unica cosa certa era che era terribilmente inquietante, tanto da far fuggire a gambe levate gran parte dello staff medico, ed i pochi che ebbero il coraggio di avvicinarsi cercarono di sedarlo, ma era impossibile.
Dopo quella che parve un'eternità J rimase zitto ed immobile.
Rimase li a fissare il muro davanti a se, ad occhi spalancati e non accennava a muoversi in alcun modo o a proferir parola di alcun tipo.
Sembrava ricaduto in un coma molto peggiore.
Nessuno era cosciente della pazzia in cui l'ex dottor Eric avrebbe tirato quella piccola struttura, di li a poco l'inferno era impaziente di riversare il caos e la follia.
Un tuono squarciò il cielo ed illuminò la stanza.
Era notte fonda e J era li seduto, e dopo un lampo era in piedi, era diventato così esile da ispirare innocenza ed una indole innocua, ma al contrario, aveva serbato le forze per mostrare al mondo ciò che aveva visto lui.
Quella era la sua notte.
Le infermiere che facevano il turno di notte sarebbero state le prime vittime del suo folle piano che ancora nessuno conosceva.
Fece squillare il campanello di emergenza e subito due infermiere arrivarono in soccorso del paziente, ma ciò che trovarono fu un letto vuoto.
J sembrava scomparso, ma dopo un attimo le due si sentirono afferrare la testa e poi il silenzio.
Prese le due sventurate ed inziò a trascinarle nel silenzio più totale in uno sgabuzzino degli inservienti.
Ebbe anche la buona premura di legarle ed imbavagliarle, tutto mentre sogghignava soddisfatto, infatti di li a poco quello sgabuzzino avrebbe contenuto ben più di quelle due infermiere, ma l'intero staff medico, come anche qualche paziente più "volenteroso".
In quel preciso istante però sentì una sirena ed ebbe un'illuminazione, utilizzare un'ambulanza per trasportare il suo "occorrente" in un luogo disabitato di cui aveva memoria per mettere in atto il suo progetto.
E così fece, perchè dopo poco era già di sotto nel deposito dove colse di sorpresa i due addetti all'ambulanza e dopo averli tramortiti,caricati insieme alle infermiere, chiuse il vano posteriore e partì a caccia del restante staff.
La sua caccia durò relativamente poco, e alle prime luci dell'alba aveva un'ambulanza carica di risorse umane.
E le avrebbe utilizzate per compiere la più grande opera medica del secolo.
Giunse così in un capanno abbandonato ed uno ad uno scaricò i corpi delle sue vittime sul pavimento nel capannone.
Li distese uno di fianco all'altro, erano in tutto dodici persone, dall'ambulanza recuperò delle sacche da flebo e le riempì della stessa sostanza che fu usata su di lui per indurgli il coma, ma questa volta vi aggiunse il proprio sangue.
Ecco, ora anche loro avrebbero visto tutto ciò che aveva visto lui, tutti avrebbero capito quanto la fine fosse vicina, e quanta sofferenza aveva provato lui.
Tutto questo però non lo avrebbe visto, aveva compiuto la sua missione e volgendo gli occhi al soffitto diroccato si recise la carotide con un paio di forbici, e mentre la vita lo abbandonava sorrise come se ora tutte le sofferenze ed il male accumulato avessero fine.
Ora però dodici persone erano li in preda di chi sa quale delirio.


Sei settimane dopo si svegliarono.
Non accadde nulla, a parte il fatto che si distribuirono in maniera sparsa lungo la stanza, non facendo nemmeno caso al puzzo nauseabondo del cadavere di J oramai in putrefazione, o al fatto che fossero in compagnia di altri.
Passarono tre giorni ed il primo di loro fece la prima mossa, che fu quella di andare a cibarsi del cadavere di J pieno di larve ed in un avanzato stato di decomposizione.
Pochi minuti dopo anche gli altri lo seguirono, non badando per nulla al fatto che si stessero cibando di un essere umano e per giunta decomposto.
Durante il macabro pasto si guardavano in cagnesco come vedendosi per la prima volta, nessuno tuttavia accennava a parlare, si accontentavano di lanciarsi sguardi e continuare la loro opera di cannibalismo.
Il pasto durò forse trenta minuti, dopo i quali ognuno tornò ai propri angoli, stavolta confabulando fra se, come a non volersi far udire dagli altri occupanti.
Passarono altri quattro giorni durante i quali continuarono a cibarsi delle rimanenze rancide del cadavere.
Al termine del quarto giorno, una donna fra loro, cominciò ad urlare, pochi minuti dopo urlavano tutti, e tutti iniziarono a graffiarsi la faccia, simultaneamente, il tutto come una mostruosa coreografia.
Urlarono per quelle che parvero ore, finchè dalla loro gola non ne fuoriuscirono che rantoli, ma come a voler sfogare la loro crescente frenesia iniziarono ad avventarsi gli uni contro gli altri senza un apparente senso.
Si dilaniavano a vicenda le carni e non trovarono pace fino a che non caddero in terra stremati.
Erano tutti in preda a tremori e convulsioni, la cosa peggiore però erano le ferite che si erano inflitti in quella lotta forsennata.
Probabilmente avevano iniziato a graffiarsi e mordersi, perchè quasi tutti avevano segni evidenti di graffi sul viso ed in qualche caso di morso che aveva tranciato la pelle.
Forse in quel modo avevano stabilito chi era degno di sopravvivere e chi no, quasi come in una primitiva selezione naturale.
Tre membri vennero così allontanati e vennero lasciati a se stessi, come se in quel capanno fosse compreso un intero mondo abitabile.
Si formarono così due comunità per così dire.
Nei seguenti giorni questi tre venivano attaccati dagli altri nove, e vennero presto sopraffatti.
Erano ancora vivi quando i nove iniziarono a macellarli con il paio di forbici utilizzato da J tempo prima per uccidersi.
Ora avevano carne fresca.
Cosa avevano visto per ridursi in quello stato ? E perchè erano tornati come all'età della pietra ?
Il tempo passava, e la carne venne presto a mancare, si denudarono degli stracci che erano rimasti dai loro vecchi vestiti, ed utilizzando come struttura le ossa dei defunti costruirono una macabra capanna che affidarono a quello che sembrava essere diventato l'elemento dominante dell'intero gruppo.
Il neo nominato maschio alfa iniziò subito con l'accoppiarsi con le sei donne del gruppo portandole a turno nella tenda e lasciando gli altri due maschi fuori a lamentarsi.
L'irruzione avvenne in pieno giorno e la vista che la polizia si trovò a fronteggiare segnò per sempre le loro menti, tanti che molti lasciarono il servizio.
Erano passati due mesi e valeva a dire la macellazione di uno dei due pezzi deboli della nuova comunità.
Le sei donne per giunta gravide vennero scortate in catene al più vicino ospedale, il capo invece furono costretti ad abbatterlo, perchè continuava ad avventarsi contro gli agenti utilizzando un osso scheggiato come coltello.
Trasportarono in ospedale anche uno dei due uomini sopravvissuti al macello, infatti avevano iniziato a mangiarlo pezzo per pezzo lasciandolo in vita, forse per mantenere fresca la carne.
Morì due giorni dopo.
Le donne vennero dichiarate incapaci di intendere e di volere, ed in un avanzato stato di follia, così vennero trasportate in un carcere psichiatrico di massima sicurezza dove vennero tenute in celle imbottite.
Le sei donne quindi vissero gli ultimi mesi negli stenti, perchè rifiutavano ogni cura o assistenza.
Morirono tutte nello stesso giorno, ma prima fecero qualcosa che nessuno si aspettava, con i denti si recisero i polsi e con il proprio sangue scrissero delle parole.
LA FINE STA ARRIVANDO MORIRETE TUTTI.
Ognuna scrisse una parte, e nessuno mai si sarebbe spiegato quel messaggio, fino a che in quel paese non arrivò un rarissimo ceppo di pestilenza che decimò la popolazione.
Il caso fu archiviato come inspiegabile.
Tuttavia il dottor Erric, diventato poi J, aveva raggiunto il suo scopo, aveva dimostrato che la stirpe umana proveniva da esseri destinati all'aggregazione, alla riproduzione ed infine alla morte, valorizzando infine la teoria dell'evoluzione.
Nessuno collegò mai l'intera opera a lui, il quale venne semplicemente dichiarato scomparso.

                                                                                                                  Artic

domenica 19 luglio 2015

August' s Underground - Recensione 18



ATTENZIONE : Recensione già pubblicata da me, su un altro sito.


Bene o male, tutti sanno cosa sia uno Snuff movie, ma quanti di voi ne hanno mai visto uno vero ?
Io direi fortunatamente nessuno, sia perché gli Snuff sono presso chè introvabili, sia perchè possederne (e guardarne ?) uno, è un reato.
Ma si sà, la curiosità può essere talmente morbosa a volte, da spingere qualcuno a realizzare anche un finto snuff, pur di sapere come potrebbe essere uno vero e non pochi ci hanno provato, alcuni ci sono riusciti bene (Guinea Pig - Devil's Experiment nè è un ottimo esempio) , ma spetta a Fred Vogel il gradino più alto del podio, per la realizzazione del miglior finto snuff, con il suo "AUGUST UNDERGROUND" (o per lo meno è quello che i critici di tutto il mondo hanno pensato, non sapendo assolutamente come possa essere un vero film snuff...) .
Il film (se di film si può parlare, io direi più che altro un video lungo come un film), è stato girato in maniera amatoriale, con una semplice videocamera a mano, come quelle che hanno tutti (ma non quelle digitali di adesso, io parlo di videocamere che portavano la VHS all' interno, che si usavano fino a pochi anni fà) ed infatti le immagini si muovono per tutto il tempo (cosa molto disturbante) dando un senso di vero amatoriale e poi il risultato grafico della pellicola "sgranata", (pensate alla qualità delle videocassette da videoregistratore degli anni '90) aiuta il presupposto di Vogel di far sembrare assolutamente vero il suo film.
Ma cosa si vede in questo August Underground ?
Innanzitutto non immaginatelo come un normale film di quelli a cui siamo abituati, pensate piuttosto che state visionando il filmato che qualcuno ha girato mente faceva cazzate.
La prima scena è un ragazzo che fà cadere del liquido da una bottiglia, dentro la fogna ridendo, ovviamente il tizio in questione tiene in mano sia la bottiglia che la videocamera, quindi non lo vediamo in faccia, poi arriva il suo amico (che altri non è che il regista Fred Vogel), ridono, parlano, scendono in uno scantinato e...sorpresa !! Una ragazza nuda legata ad una sedia a cui hanno tagliato un capezzolo. Le lanciano una secchiata d' urina e poi le spalmano addosso le loro feci, dopo di che fanno a pezzi e si liberano del corpo di un uomo a cui è stato tagliato il pene.
Ma non soltanto violenza di questo genere : Ad un certo punto i due pagano una ragazza perché gli faccia vedere le tette e dopo averla violentata la massacrano di botte. Poi vediamo della violenza ai danni di un negoziante e di una commessa e via via, finché non ci troviamo con i due ragazzi a casa, che si divertono con due prostitute, una della quali si prenderà delle martellate in testa mentre viene sodomizzata, l' altra ragazza scappa e viene rincorsa. Tutto questo con la telecamera che balla, di conseguenza vedremo delle immagini incasinatissime, mentre loro corrono. La cosa che davvero lascia sorpresi, è la recitazione, assolutamente "reale" sembra infatti, che le vittime stiano subendo tutto quella violenza sul serio e che non stessero in realtà girando un film. Altra cosa sconvolgente sono gli effetti speciali, assolutamente veritieri, sembra che tutto sia vero in quel film, che tutto sia reale.
Nonostante sembri una contraddizione però, il film è spesso noioso e la mancanza di una trama, non fà che aumentare il tutto. Quando non ci sono scene di violenza, ci si deve sorbire delle pesantissime scene di loro che vanno ai concerti, con un audio insopportabile e momenti in cui non fanno altro che parlare. Però, bhè, questo è assolutamente un merito, uno snuff, non vuol dire che riprenda solo scene sanguinose, ma anche scene che non c' entrano niente, quindi è stata un' ottima cosa aggiungere questi noiosi spezzoni.
Quì non c' è arte, questo film è solo una pseudo-riproduzione di quello che potrebbe essere uno snuff, non aspettatevi trama, storie o colpi di scena, non aspettatevi inquadrature mozzafiato, ed evitate ancor prima di iniziare, a cercar di voler dare un "perché" a quello che vedete. Non c' è un motivo, non esiste una "spiegazione" , loro commettono quelle azioni, per puro divertimento, per noia o per provare un brivido, stà a noi decidere se vale la pena usare un' ora e mezza per guardare tali aberrazioni. Perchè guardarlo ? Bhè, per curiosità, per vedere come possa essere un vero snuff, perché è un prodotto underground, assolutamente non convenzionale e quindi vederlo, o meglio possederlo, vi farà entrare in quella ristretta cerchia di persone che conoscono tali film, o magari perché cercate "qualcosa di forte", decidete voi.
Fred Vogel, riesce cmq in questo film, a trasmettere un senso di violenza reale, è qualcosa che ti fà sentire in colpa perché lo state guardando, c' è orrore, impossibilità a reagire, c' è disgusto e un tale senso di "malato" che vi chiederete "Ma cosa diavolo è questa roba ? E perchè la stò guardando ?"
Se c' è qualcosa che descriva bene questo film, è assolutamente "Nudo e Crudo", senza mediazione artistica, senza un perché.
Un delirio di violenza ed orrore per stomaci e, soprattutto cuori forti.
"Continua" in AUGUST UNDERGROUND' S MORDUM e AUGUST UNDERGROUND' S PENANCE.

                                                                                                   A cura di Anthony

giovedì 16 luglio 2015

Luker the Necrophagous - Recensione 17



Per quanto sia rara e dimenticata nella vita reale, tanto la necrofilia, sembra essere presente nel cinema underground. Nel 1986, anticipando quindi, il ben più noto e meritevole "Nekromantik", di circa un anno, "Luker the Necrophagous" (il cui titolo originale, era semplicemente "Luker"), attira l' interesse degli appassionati di horror non convenzionale, sul tema del sesso con i defunti. In realtà, questa pellicola, ha ben poco, sia di horror, che di tutto il resto : Luker, è un uomo in coma nel letto di un ospedale, gli infermieri parlano e tra uno sbaciucchiamento e l' altro, si viene a sapere che il paziente, ha ucciso e stuprato otto donne... stuprate molto dopo gli omicidi ! Non passa molto tempo, e il taciturno Luker si risveglia, arrapato ed ingrifato come una biscia ! Tra immagini sgranate, di una qualità pessima, ed un comparto audio, volendo anche peggiore, il protagonista scappa dall' ospedale portandosi dietro il corpo di una infermiera appena uccisa, con cui farà sesso poco dopo in auto. Ma non esaltatevi troppo... il tutto è forzato... ridicolo... con una fotografia inesistente ed una qualità pixellata, che rende il tutto ancora più scadente. L' unica scena degna di nota, è lo stupro del cadavere di una prostituta, abbordata e uccisa quattro settimane prima, ma scordatevi l' eleganza di Jörg Buttgereit, qui siamo anni luce dal film che ha scosso le menti e gli stomaci degli internauti dell' underground, il regista Johan Vandewoestijne. è troppo legato ad un cinema che vuole "idolatrare e/o creare fascino" al protagonista, sforzandosi di dare spessore ad una figura di' anti-eroe, accattivante e tenebroso, cosa che non accade proprio per niente, Luker per quasi tutto il film, avrà su gli occhiali da sole alla "CHiPs", sia di giorno, che di notte, all' esterno o all' interno, al buio, alla luce, non fa differenza, lui li indosserà sempre, con tanto di giubotto e guanti di pelle (ma quanto poteva essere alla moda, pur essendo appena uscito dal coma ?!!). In realtà, un paio di scelte registiche interessanti ci sono, vedi la MDP che dondola seguendo il movimento della sedia, su cui è seduto il protagonista, o ancora una PAN, nei sotterranei, dove la MDP segue una ragazza tra gli scaffali, ma il tutto si ferma qui, non è mica Shining !
La forza di "Luker the Necrophagous" sta per lo più nella sua storia, che nel film in se. Innanzitutto, siamo davanti ad una pellicola, che incarna realmente, ciò che era il cinema underground degli anni '80. Film tirato su con due lire, con effetti "speciali", che definire caserecci è un eufemismo, ma soprattutto la distribuzione, affidata quasi unicamente al passamano sottobanco, su VHS pirata, tra gli appassionati. Il film, venne in realtà prodotto da VDS Brussels (che fallì poco dopo) e sarebbe dovuto poi essere distribuito dalla affiliata BDM Distribution, che però si rifiutò. Le avventure di Luker quindi, si ritrovò solo su VHS francesi, probabilmente piratate, Fu così poi, che tutte le copie reperibili del film, furono acquistate da una casa di distribuzione olandese, la Cult Video. Da li, la maggior parte delle copie reperibili, aveva i sottotitoli olandesi, e, dal meraviglioso sito "Exxagon" (http://www.exxagon.it/). vengo a sapere che i negativi del film e i master, furono distrutti completamente. Il regista Johan Vandewoestijne, aveva nelle sue mani, solo una copia sottotitolata in tedesco, ma dopo ben quattro anni, si venne a sapere che il laboratorio che aveva lavorato allo sviluppo dei negativi, aveva ancora delle copie, dimenticate da qualche parte in una scatola, che comprendevano, scene inedite e materiale mai visto prima. Unendo la pellicola originale, con gli spezzoni trovati per caso nel laboratorio, si ebbe "Luker 1.2", che è quanto di più vicino a ciò che oggi definiremmo un Director's Cut (tra l' altro, pare che di questa versione ne esista solo una copia e per di più senza audio). Nel 2001, si parlava di una edizione completa in DVD, ma da allora, non se ne é saputo più nulla.. (grazie ancora Exxagon !). Che dire, se cercate gore, qui ce né poco, se cercate horror, qui non ce né traccia, e se volete un po' di shock-esploitation, grazie alla tremenda qualità del film, neanche lo troverete. In due parole, se volete fare un viaggio nell' atmosfera del freddo Belgio degli anni '80, allora "Luker the Necrophagous" va visto dall' appassionato, anche solo per la storia che c' è dietro, altrimenti, questa pellicola, può essere lasciata nel dimenticatoio tranquillamente, senza rimpiangerlo troppo.

                                                                                            A cura di Anthony

Si ringrazia il sito "Exxagon" http://www.exxagon.it/

sabato 11 luglio 2015

Subconscious Cruelty - Recensione 16


Vita e morte. Il desiderio di conoscere tutto, il più possibile, anche ciò di cui poi ci pentiremmo, contrapposto alla paura che tutto ciò possa portare a cose più grandi di noi, da cui è impossibile uscirne. Subconscious Cruelty, è un film diviso in quattro episodi, pregni di Weird e violenza. Basta guardare il primo episodio, per rendersi conto che qui, non si va sul sottile. Dopo una carrellata su i palazzi e la vita di una città, troviamo una donna nuda, che viene accarezzata e toccata, da un' altra donna, ma non fatevi strane idee, l' intenzione di godersi un bell' atto saffico, svaniscono miseramente, appena un bisturi, fa il suo ingresso in scena. Da qui la tortura. Karim Hussain, tenta di distruggere l' emisfero sinistro del cervello (quello legato alla ragione razionale), e lasciare spazio unicamente all' istinto, infatti, subito dopo un uomo, che è ossessionato dalla masturbazione ed innamorato di sua sorella (che pare ricambiare), decide di distruggere tutta la creazione di Dio, attraverso l' atto di bloccare la vita sul nascere. Non voglio rivelarvi più del dovuto, ma sappiate che in questa parte, troverete una delle scene più estreme mai messe su pellicola. Spaventa quasi, la capacità del regista, di ribaltare un atto naturale e meraviglioso, come quello della nascita di un bambino, rendendolo un momento aberrante, visivamente e anche concettualmente, ed è quello che rende il tutto, ancora più malsano. Dopo questi due episodi, così pesanti, abbiamo il terzo dove possiamo tirare un po' un sospiro di sollievo. Troviamo un gruppo di ragazzi e ragazze, che fanno sesso con Madre Natura. Penetrare il terreno, sesso orale ai fiori, accoppiarsi fisicamente con gli alberi, e da tutta questa natura, viene fuori sangue. La fotografia, fino ad ora fatta di luci colorate, fasci luminosi molto intensi, immagini su uno sfondo perennemente nero, che sembrano diventare disegni ad olio, ogni scena un quadro, qui si trasforma, diventando fredda, con toni di grigio che tagliano i colori e smorzando l' effetto visivo, così intenso fino ad ora, creando una natura sofferente, rigogliosa, eppure spenta e per niente solare o fonte di vita. L' ultimo episodio, parte con un uomo che si sta godendo un porno, e viene dapprima trasportato in un mondo dove una donna lo masturberà, distruggendogli però il pene, con degli uncini, simili ad ami da pesca, e poi, viene messo nei panni di Gesù Cristo e lasciato alla mercé di tre ragazze che abuseranno di lui, in un amplesso sanguinoso ed estremo. Qui ritroviamo la fotografia fatta di colori molto saturi ed oscuri, torna il perenne sfondo nero e non c'è pace per il povero uomo, nei panni del Cristo. Una scena che supera il muro dell' ultra-gore, arrivando persino nel Gorn (o Gore-porn, gore+porn), vedere per rendersi conto. Un aggressivo contestare la religione, soprattutto il cristianesimo, paragonandolo al nazismo, denigrando l' operato della Chiesa cattolica, nel corso della storia. Traspare la volontà di colpevolizzarla, come responsabile dell' esilio del naturale istinto umano, nel subconscio. Le scene in se, durano abbastanza poco, sono minimali e dopo aver sodomizzato il protagonista dell' episodio con un bastone, l' emisfero sinistro sarà ricoperto di vermi. E' forse missione compiuta ? Se non fossi stato chiaro, il film, è imbottito di una violenza tale, da lasciare sbigottiti. Immagini violente fino all' estremo, si fondono con splatter ed ultragore, non disdegnando il porno esplicito, che a volte sprofonda anche nell' esploitation, ma che non crea danni al fine ultimo dell' opera, anzi, a mio avviso, lo rafforza. Comunque, è un prodotto che si avvicina molto all' Art-House, è un film artistico che ha qualcosa da dire. Molti lo hanno criticato, ma io credo che valga la visione, anche solo per godersi la splendida fotografia e la regia molto piacevole e accattivante. Consigliato a chi si nutre di Weird e a chi ama l' Ultra-gore, blasfemo, pornografico ed eccessivo, inutile dire che se non sopportate la vista del sangue, o siete persone molto religiose, è meglio per voi se girate al largo...

                                                                                                           A cura di Anthony

domenica 5 luglio 2015

Faces of Death - Recensione 15



Un cult è un cult. Anche quando è insensato, è inconcepibile, anche quando ci troviamo di fronte a prodotti come Faces of Death, è pur sempre un cult, e bannare il film in ben 46 nazioni del mondo, non fa altro che aumentare il desiderio di vederlo, di chi ama l' underground su pellicola. Faces of Death, è uno shockdocumentary, travestito da Mondo Movie, che fa della più becera shock-esploitation il suo punto di forza. Non esiste una trama vera e propria, ci troviamo fin dai primi minuti, in compagnia del Dr.Gröss, un cardiochirurgo e anatomopatologo, che dopo una bella operazione al cuore, inizia a parlarci delle "Facce della Morte". Da qui in poi, ci aspettano quasi due ore di immagini raccapriccianti. Vagonate di autopsie, suicidi, cadaveri in ogni dove, teste spaccate, incidenti stradali, esecuzioni capitali, ecc...ecc... senza la minima vergogna. Nessuno si era spinto così oltre, sguazzando nell' ultra dell' ultragore e nel trash più misero e infimo. In poche parole, Faces of Death, era la scusa che si aspettava, per mettere in mostra le immagini più rivoltanti e shoccanti su cui il regista John Alan Schwartz, riuscì ai tempi, a mettere le mani. Ad onor di cronaca, bisogna però dire, che non tutte le scene sono reali, ma che una buona fetta del film, furono ricostruzioni sul set, più o meno fedeli a quelle che sarebbero state nella realtà. Ma, togliendo queste scene, quelle che restano sono reali, quindi di una immoralità che a tratti spaventa. Irrispettoso e morboso fino all' eccesso : scrutare con l' obbiettivo il movimento della mano di un poliziotto che raccoglie da terra i resti del cervello di un pover uomo, vittima di un incidente stradale, è un eccesso che non solo va a premere sul senso di umanità dello spettatore, ma che travolge e sotterra il senso di rispetto verso la vittima e i suoi familiari. Ok, non sta a me dare giudizi su queste cose, ma io devo limitarmi a fare il critico e, tecnicamente, il film si presenta come un Mondo, classico di quegli anni (siamo nel 1978), e l' atmosfera che si respira, è quelle delle scene più crude di "Mondo Cane" o "Africa Addio",  di Jacopetti e Prosperi, che paragonati a Faces of Death, sembrano due puntate lunghe dell' Albero Azzurro (!!!). Non aspettatevi comunque virtuosismi con la telecamera, né scene mozzafiato, questa  non è altro che una playlist di filmati più o meno amatoriali, messi l' uno dietro l' altro, con il commento del medico citato precedentemente. Tuttavia, l' enorme violenza e tutte quelle raccapriccianti immagini, una volta superato lo shock iniziale, tendono ad annoiare, anche perché, 1 ora e 50 minuti, sono lunghi da passare, anche se la pellicola è virtualmente divisa in due parti, cioè, la prima, in tutto ciò che riguarda gli animali : Mattatoi, sbudellamenti, un ranger che viene divorato da un coccodrillo, battute di caccia di tribù indigene, combattimenti di cani, ecc...ecc...e anche una povera scimmietta, che subirà una tortura tremenda. A mio avviso, è questa la parte più shoccante di tutto il film, ma forse è perché io ho un debole per gli animali, quindi una volta entrato nella seconda parte, avevo già digerito le scene (per me !) peggiori. Certo, anche qui non si scherza mica : Omicidi, famiglie intere massacrate, esecuzioni, autopsie a josa e addirittura sacrifici umani ! Che dire, molti lo sconsigliano, altri lo amano, io vi dico di guardarlo se ve la sentite, considerando che ci sono dei bei siti internet, quotidianamente visitati da decine e decine di utenti, dove è possibile reperire immagini ugualmente irrispettose e raccapriccianti, quindi sarebbe stupido ed ipocrita demonizzare un film...e i suoi ben 6 seguiti, più una sorta di scopiazzatura-tributo, chiamato "Traces of death", ma che non ha nulla a che fare con il film in considerazione in questo caso. Insomma, se avete stomaco e cuore non forti, ma erculei, guardatelo pure, prendendo le immagini per quello che sono, se invece, siete impressionabili, non sfiorate nemmeno il titolo, neanche per gioco...

                                                                                                  A cura di Anthony