domenica 1 dicembre 2019

La leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving - Diana G. Gallese Recensione Libro #3


A cura di Anthony


Chiudete gli occhi, pensate a quando eravate bambini e vi raccontavano delle storie. Ora, immaginate una storia macabra, che vi affascini e vi rapisca totalmente, che riesce a diventare una delle vostre preferite, o proprio la storia prediletta tra le tante, quella che vi farà nascere il desiderio di volerne sapere sempre di più ancora e ancora, perché ci sono cose, elementi, che proprio non vi bastano e cercate così, proprio per cercare di appagare questo senso di incompletezza, di disegnare quelle immagini oniriche e fantastiche, con le capacità di un bambino (o di una bambina in questo caso), per poter meglio fissarle, guardarle, scrutarle: capirle. 

E’ proprio questo ciò che si percepisce leggendo “La leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving”, di “Diana G. Gallese”. L’autrice italiana, mette su carta i sogni così tanto colpiti da questa storia, che la fantasia mette in atto scene surreali, che sono in continuo mutamento, che non riescono a trovare una forma precisa, ma che, volteggiando eteree ed evanescenti, tormentano l’immaginario di chi ne viene colpito, creando forme che suggeriscono benissimo l’immagine desiderata, ma che, non appagano. Ed è proprio questa la grande maestria della Gallese, tra carboncino e sfumature, tutto è vago, l’autrice non cerca di appagare il nostro voyeristico desiderio di vedere ogni minimo particolare, ma anzi, riesce perfettamente a riportare su carta, ciò che lei stessa riporta nella mente, aprendo una finestra sul suo animo, dove questa leggenda, ha radici così tanto impiantate, da tormentare le notti e i desideri. 

L’autrice è riuscita a mescolare il grande amore per l’arte, con l’affetto per una storia macabra che l’aveva colpita sin da bambina, con le capacità e il bagaglio culturale di un’adulta, che non dimentica, di un’artista che sa come prendere direttamente dalla proprio esperienza, le capacità tecniche, richieste per la realizzazione di un’opera simile. Diana Gallese infatti, prende a piene mani dalla raffigurazione della figura umana più classica del disegno a carboncino, mescolandone le sensazioni tattili con le incisioni di “Max Kurzweil” e il piattume onirico ed inquietante di “Francisco Goya” (nel “Sabba delle streghe”), per poi mescolare tutto insieme e cancellare con un colpo di spugna ogni barlume di razionalità. Lasciarsi guidare dai solo ricordi, ma come base solida, il punto fermo dei sono i riferimenti sopra citati. 

Inoltre, essendo un libro illustrato, “La leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving”, si compone anche di un testo scritto e nelle frasi scelte è palese la cura (o meglio, la non-cura), con cui sono state selezionate, trasmettono l’entusiasmo e la trasparenza, l’innocenza proprio di una bambina, che non sa come spiegarti ciò che prova, ma ha in se l’innato desiderio di condividere, di far provare alla mamma, al papà, ai suoi compagni di classe, ciò che lei sta provando immaginando quella storia e quanto questa la affascini! Mentre leggo, immagino l’autrice attenta a “posizionare”, le parole con una pinzetta, a metterle in fila con estrema delicatezza, come se giocasse a Shangai, o se stesse facendo un qualche puzzle, dove tutto deve combaciare perfettamente al proprio posto.
Un lavoro che ci riporta indietro nel tempo e, se anche conoscete già la storia, grazie anche al film di Tim Burton, di sicuro non l’avete mai vista (e dico appositamente “vista” e non “letta”) raccontata così!

Anthony

Titolo : "La leggenda di Sleepy Hollow di Washington Irving"
Autrice : Diana G. Gallese
Casa Editrice : Officina Milena 
Anno di Pubblicazione : 2019



domenica 20 ottobre 2019

Epica - Design your Universe - Gold Edition Recensione Album #27


A cura di Anthony
Attenzione : Recensione già pubblicata da me su All Around Metal

Sono passati tre anni dall’ uscita di “The Holographic Principle” e gli Epica, non si può certo dire che ci abbiamo lasciati a bocca asciutta in tutto questo periodo, hanno seguito l’album principale infatti, ben altri due lavori in studio, un Ep contenente i brani scartati da “The Holographic Principle”, cioè “The Solace System” e persino un secondo mini-album chiamato “Epica vs. Attack on Titan Songs”, cioè una manciata di cover con tanto di versione strumentale annessa, delle musiche ufficiali del cartone animato giapponese “Attack on Titan”, una vera chicca sia per i fan della band che per chi ama l’animazione. Ora, in occasione del decennale dell’uscita di “Design your universe”, uno dei punti fermi degli olandesi, tanto da essere definito il vero capolavoro della band, amatissimo da critica e pubblico (personalmente amo la loro musica in toto, quindi non saprei scegliere un lavoro superiore agli altri), viene presentata questa “Design your universe Gold Edition”, una nuova versione rimasterizzata dell’intero album, completo della traccia bonus “Incentive”, originariamente presente solo nella versione Digipack dell’album e, di un secondo disco, contenente le versioni acustiche di : “Burn to a Cinder”; “Our Destiny”; “Unleashed; Martyr of the Free Word”; “Design Your Universe (A New Age Dawns) [Pt. VI]”. Il tutto poi è stato accompagnato da un lyrics video e dal videoclip di Martyr of the Free Word (Acustic Version) in cui la divina Simone Simons è l’unica a comparire sullo schermo. Una band infaticabile quindi, che dopo l’uscita di un capolavoro come “The Holographic Principle”, sforna nuovo materiale come il fornaio sforna il pane al mattino, soffice, fragrante e buono da morire, perché quest’album, nonostante sia solo una nuova versione di un lavoro che tutti già conosciamo, è pregno di energia, di novità, è fresco come se fosse tutt’ora il 2009 (aspettate di sentire la nuova versione di “Deconstruct” poi mi direte!). Anche se personalmente non sono un fan delle versioni acustiche, soprattutto quelle tratte da pezzi così grandiosi, solenni e pomposi, questi pezzi riveduti e riadattati per il suono senza distorsioni, non perdono l’immensa magniloquenza che contraddistingue tutta la musica degli Epica, mi trovo quindi a consigliarlo assolutamente per chi ama il genere e ancor più se amate la band, ma anche per chi non è un fan, ma apprezza la buona musica, perché questo non è solo un bel pezzo da collezione, nella discografia di un gruppo sempre più vicino alla leggenda, ma anche e soprattutto un grande esempio di buona, ottima musica, anzi di più : Arte.

Anthony

CD1:
Samadhi - Prelude

Resign to Surrender (A New Age Dawns) [Pt. IV]

Unleashed

Martyr of the Free Word

Our Destiny

Kingdom of Heaven (A New Age Dawns) [Pt. V]

The Price of Freedom - Interlude


Burn to a Cinder

Tides of Time

Deconstruct

Semblance of Liberty

White Waters

Design Your Universe (A New Age Dawns) [Pt. VI]

Incentive

CD2:
Burn to a Cinder (Acoustic Version)

Our Destiny (Acoustic Version)

Unleashed (Acoustic Version)

Martyr of the Free Word (Acoustic Version)

Design Your Universe (A New Age Dawns) [Pt. VI] [Acoustic Version]


sabato 5 ottobre 2019

La strada - Cormac McCarthy Recensione Libro #2



A cura di Anthony

Amavo il post-apocalittico, amavo Giger, Fallout 4, Mad Max, Ken il Guerriero, Metro 2033, ho letto La Guerra dei Mondi, visto una marea di film di Zombie, fumetti, qualsiasi cosa, sembrava tutto così figo, così emozionante !! Poi è arrivato "La Strada" di McCarthy: Adesso il post-apocalittico mi terrorizza.
Questa non è un'opera per tutti, le persone impressionabili (e non ho detto "facilmente"), dovrebbero starne alla larga, anche dal film, che comunque è molto più blando, scremato da svariate scene cruente che sono presenti nel libro, ma allo stesso modo veramente angosciante e spaventoso in alcuni tratti.
La capacità di McCarthy di suscitare emozioni così oscure con poche frasi e senza quasi accenno di descrizioni è incredibile, riesce a creare immagini molto complesse e a farti sentire la drammaticità della situazione in cui i protagonisti sono coinvolti, semplicemente accennando ciò che sta accadendo. Grande è inoltre la capacità dell'uso delle pinze narrative, un uso sapiente e mirato al fine di creare molta più angoscia, l'autore sa quando il cervello ricollega i punti, autonomamente e ti devasta con una presa di coscienza che il lettore ha, senza nessun ulteriore indizio da parte dello scrittore. Uno scenario così assurdamente realistico, per una situazione che (fortunatamente), non viviamo e probabilmente non vivremo per molto tempo, almeno mi auguro, eppure McCarthy presenta quello che potrebbe essere lo scenario più plausibile e reale che un uomo e suo figlio si troverebbero ad affrontare in una situazione simile.
Personaggi volutamente senza nome, profughi, due dei tanti, sappiamo di loro solo ciò che vediamo con gli occhi, che sono un uomo e un bambino, che sono stanchi, affamati, hanno bisogno d'aiuto, che una volta avevano qualcosa, ora hanno solo stracci e ciarpame. Chi sono ? Nessuno, sono profughi, due in mezzo a migliaia, milioni di altri, due in mezzo alla strada, non hanno nome, non hanno niente.
Si tratta di una lettura veramente devastante, consigliato per chi vuole farsi del male, se sapete che vi impressionate però, lasciate stare. Questo lavoro riesce a terrorizzare sul serio, non essendo un horror, forse è questa la cosa più sconvolgente.

 Anthony


martedì 30 luglio 2019

All Around Metal NON ORGANIZZA NESSUN CONCERTO !!




Questo è un post a supporto degli amici di All Around Metal che mi pregano di diffondere questo comunicato !

Siamo stati contattati dal Messico per avere notizie circa presunti eventi live organizzati da un nostro presunto collaboratore che dovrebbe chiamarsi Corrado Luciano (non si sa quale sia il nome e quale il cognome). Precisiamo che la nostra webzine non organizza, né ha mai organizzato direttamente alcun evento live, né ha mai avuto un collaboratore chiamato a questa maniera, persona a noi del tutto sconosciuta (sempre se realmente esistente). L'unico canale ufficiale di contatti con noi è tramite la nostra casella "info" e nessun altro tipo di casella di posta elettronica che riporta il nome del nostro sito come parte iniziale dell'indirizzo (ex. allaroundmetal@gmail.com). Ogni utilizzo non autorizzato del nostro nome, che è un marchio regolarmente registrato, sarà oggetto di segnalazione alla competente Autorità Giudiziaria. Qualora qualche "furbetto" Vi contatti utilizzando quale paravento il nome della nostra webzine, siete pregati di contattarci sulla nostra casella "info", al fine di metterci al corrente del tentativo di raggiro in atto. Grazie. Lo staff di allaroundmetal.com

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[English version]

We've been contacted from Mexico to some news about PRESUMED live events arranged by an our ALLEGED associate, named Corrado Luciano (we don't know which one is the name or the surmane). We want to specify that our web magazine DOESN'T ARRANGE - and NEVER WILL DO - live events; we NEVER HAD an associate named Corrado Luciano, of which we don't even know the actual existence.

The ONLY official webzine's e-mail address is info@allaroundmetal.com (beyond those of some associates) and NO OTHER TYPE of e-mail address with our name (ex. allaroundmetal@gmail.com).

Any unauthorized use of our name, which is a trademark, will be reported to the competent judicial authority. If some "smart guy" will contact you using our name, please write us at info@allaroundmetal.com in order to inform the attempted deception.

Thank you.

Allaroundmetal.com's staff



sabato 25 maggio 2019

Il Ritorno dei Rammstein con l'album omonimo!



A cura di Anthony
Attenzione : Recensione già pubblicata da me su All Around Metal

Finalmente! Sono tornati i Rammstein bene dieci anni dopo l’ultimo album in studio, quel “Liebe ist für alle da” e l’impossibile da ignorare “Pussy”, con tanto di videoclip porno. Ora, tra rumors su uno scioglimento imminente e un divergenze interni, eccoli invece con un album del tutto nuovo, che è riuscito a creare polemiche addirittura prima dell’uscita, grazie a un brano come “Deutschland”, con il “solito”, videoclip scioccante!
L’album omonimo della band, parte proprio con questo pezzo, che è inoltre il primo singolo estratto, intro stile EBM con synth irrequieti, subito affiancati dalle ormai celebri chitarre granitiche della band, in un crescendo che esplode subito dopo, donando la carica adrenalinica che i fan da sempre amano e che per troppo tempo aspettavano. La strofa pare soffrire leggermente in favore di un ritornello e drop spettacolari; una delle pochissime band capaci di unire elettronica, pop e il meglio dell’industrial di stampo tedesco, derivante direttamente dal Darkwawe, con un metal potente e predominante, massiccio e perfettamente amalgamato con tutto il resto. Il secondo brano “Radio”, rafforza ulteriormente questo concetto, arrivando quasi a scimmiottare ciò che la radio rappresenta, con le sue canzoncine spacciate per arte. Fornisce al tipico pubblico delle canzoni da radio, appunto, qualcosa che possono ben fruire ed apprezzare, pur senza rendersi conto di esser presi per il culo. E la cosa non mi sorprende. 
Di tutt’altro tenore è invece l’intro sinfonica di “Zeig dich”, con cori macabri e una certa cattiveria espressa non solo nel tono di voce, ma anche nel suono delle chitarre, secco e tagliente, come un lama che trita le nostre orecchie servite su un piatto d’argento. La melodia tuttavia non manca e, a mio avviso, è anche un grosso punto di forza, è un fiume che riesce bene ad incanalare la giusta dose di cattiveria, in un brano originale e che non scende mai in banalità, soprattutto quando i cori riprendono e sembra di ascoltare una band Synphonic.
“Ausländer”, ribalta totalmente questo concetto, proponendo un brano più in linea con quelli iniziali, ma con una enorme dose “ballabile”, di puro EBM oscuro e malsano, con voci infantili in lontananza, cariche di reverbero, che sembrano urlare in un tunnel di cemento e acciaio. Un brano più calmo e meccanico, pistoni che calano al ritmo (non a caso) sessuale di “Sex”, mi ricordano immediatamente i The Sisters of Mercy di “Lucretia my Reflection”. Un brano che scorre e che suona Rammstein in modo assoluto, ma che tuttavia non risulta memorabile e, personalmente, non apprezzo l’assolo di Synth acidissimo, lasciato banalmente ai ¾ del pezzo. 
Mi rinfresco le idee con “Puppe” (si, lo so, se siete toscani starete morendo dalle risate e io con voi), un pezzo disperato e cattivo, una canzone che richiama Marilyn Manson di “Torniquet”, ma senza la stessa intensità emotiva, che però è tuttavia palesemente più “metal”, con la voce di Lindermann che quasi “gratta” sul microfono le corde vocali. Solito ritmo cadenzato e regolare, per “Was ich liebe”, con un basso monotonale che tarda ad arrivare, ma che quando entra in gioco, fagocita tutto il resto. Hard Rock atmosferico che va ad impastarsi con grossi groove, senza mai rallentare di un passo, ma inesorabile, come un treno, avanza senza sosta, sempre alla stessa velocità. L’intro più tenue e dolce di “Diamant”, accoglie la voce dura e grossa di Lindermann, in una ballad molto intensa e melodica, di una atmosfera che pare c’entrare poco con il resto dell’album, ma sappiamo che i tedeschi ci sguazzano nell’essere controversi. Quasi a voler confermare quanto appena detto, arriva il Synth di “Weit weg” e a dire la verità, è l’unica cosa del brano che si fa notare, perché il resto scivola via in modo abbastanza anonimo, a parte l’alzare la voce sull’ultima parte, ma niente di memorabile. Pezzo, assolutamente molto più serio e che riaccende le speranze è “Tattoo”, che riporta alla grande l’ispirazione ai Rammstein, che tornano a picchiare forte e a lasciare il segno, con riff affilati e batteria martellante, sorrette da un basso che potrebbe muovere un edificio! Questi sono i Rammstein che mi piace ascoltare, potenti, irriverenti, consapevoli e mai banali! Ultimo step con “Hallomann”, riff di basso e un’atmosfera sinistra, su un ritmo cadenzato che, come in precedenza, non sdegna la melodia, andandosi a collocare immediatamente nella media del disco.
Per concludere, questo “Rammstein”, non è un album memorabile, né il migliore della band, ma che sicuramente ha un grande potenziale e che non deluderà i fan. Da avere per i fan della band in questione, consigliato invece per chi ama il genere.

Anthony


Formazione:

Till Lindemann – voce
Richard Kruspe – chitarra solista, cori
Paul Landers – chitarra ritmica, cori
Oliver Riedel – basso, cori
Christoph "Doom" Schneider – batteria
Christian "Doktor Flake" Lorenz – tastiera, cori

Tracklist:

1- Deutschland 
2- Radio 
3- Zeig dich
4- Ausländer
5- Sex 
6- Puppe
7- Was ich liebe 
8- Diamant 
9- Weit weg 
10- Tattoo 
11- Hallomann 

domenica 27 gennaio 2019

King Diamond - Song for the Dead - Live



A cura di Anthony

Attenzione, recensione già pubblicata da me su All Around Metal


Erano più di dieci anni, dodici per l’esattezza, che aspettavo una nuova release con il logo di King Diamond, tra problemi personali (è stato operato al cuore), screzi con le etichette e quant’ altro, l’attesa si era fatta davvero infinita ed erano molti i fan che credevano che ormai, il celebre cantastorie dell’incubo, si fosse ritirato, appendendo il microfono al chiodo; ed invece, finalmente, ecco il tanto sospirato doppio DVD Live “Song for the Dead Live”, che racchiude le performance della band tenutesi rispettivamente al “The Fillmore in Philadelphia”, il 25 Novembre 2015 e al “Graspop Metal Meeting” il 17 Giugno 2016. Grande è l’impatto visivo che immediatamente colpisce il pubblico, perché prima della musica, è l’entrata in scena della performer nei panni della nonna con l’intro “Out from the Asylum” e la immediatamente successiva “Welcome Home”, dove viene subito messo in chiaro che non siamo di fronte ad un semplice concerto, ma ad uno show totale, che unisce immagini, scenografia, come la doppia scalinata che circonda la batteria, con tanto di soppalco immagini di demoni sghignazzanti e immense croci al neon, rigorosamente rovesciate, ma soprattutto la grandissima musica, per uno spettacolo senza tempo. Al grido di “Grandmaaaa” il pubblico impazzisce, quando il faccione dipinto del Re di Quadri fa il suo ingresso in scena, con la telecamera che indugia sul suo camminare sornione e fiero. A donare ancora più epicità al tutto, la bellezza fragile ed eterea di Livia Zita, moglie del vocalist. “Sleepless Nights”; “Halloween” e “Eye of the Witch”, in rapida successione, fino al punto forte della prima parte, ovvero il magistrale capolavoro “Melissa”, con tanto di performer ad interpretare la strega, arsa sul rogo in scena! Continua poi l’auto-omaggio ai Mercyful Fate, con Come to Sabbath e in questa fase, un pentacolo nero con tanto di caprone, viene innalzato al di sopra del soppalco che circonda lo stage. Particolare attenzione viene data all’esecuzione di Matt Thompson dietro le pelli, soprattutto durante l’esecuzione di brani come “The Family Ghost” e “Arrival”, infatti la telecamera, tra un graditissimo primo piano della bellissima Livia Zita e l’altro, indugia non poco sui colpi di batteria e la cosa fa notevolmente piacere, perché voce e chitarre, hanno sempre il 90% dell’attenzione. Continua la spettacolarità dell’esibizione, con l’infanticidio della piccola “Abigail”, tirata fuori direttamente dalla sua bara bianca, portata in scena da due druidi incappucciati, per opera dello stesso King Diamond e, quando la cosa si ripete, questa volta con la piccola fasciata totalmente, tipo mummia, capisci che il cantante danese ce l’ha a morte con i bambolotti! Scherzi a parte, l’impatto visivo è veramente notevole e raramente si era vista un’immagine così forte e scioccante direttamente sul palco, figlia di quello Shock Rock targato Alice Cooper, così come quando “Miriam”, la madre di Abigail “partorisce” direttamente in scena, per poi scaraventare a terra la piccola sugli stacchi di batteria, con luci rosse che infiammano lo stage e le risate isteriche di King Diamond. Un DVD live che soddisfa la vista oltre che l’udito quindi, con i classici della decennale carriera di uno dei padri del metal mondiale, recitati da performer di tutto rispetto, di grande bravura ed espressività, come la bellissima “Jodi Cachia” o il faccione incupito di “Erling Sibbern” che, nei panni di un prete, si scambia occhiatacce e anatemi con King Diamond e le sue risate isteriche. Già dai primi lavori dei Mercyful Fate, come “Nuns have no Fun” o il sopracitato “Melissa”, King Diamond è tutt’oggi uno degli artisti maggiori della scena metal, supportato da musicisti straordinari, come il Guitar Hero “Andy LaRocque”, da sempre è stato amato o odiato, ma incredibilmente, rispettato e ammirato da chiunque, perché la genialità e l’arte reale e tangibile di questo poeta maledetto, cantastorie del macabro, è sotto gli occhi (o meglio le orecchie) di tutti, ed è innegabile. Quindi al termine della scaletta, mi lascio cullare dalle note della controversa “Insanity”, mentre la band, compresi i performer, salutano il pubblico lanciando plettri e bacchette, tra baci e corna alzate! Non ci resta che aspettare il prossimo Full-length album, che, a detta di Andy LaRocque, è in fase di completamento e si prevede l’uscita entro il 2019, nell’attesa, ci gustiamo questo doppio DVD live, che è il giusto ritorno sulle scene, di uno dei grandi maestri della musica che amiamo. Assolutamente da avere !
Anthony

Line Up:

King Diamond - Voce, Tastiere

Andy LaRocque - Chitarre, Tastiere

Mike Wead - Chitarre

Pontus Egberg - Basso

Matt Thompson - Batteria

Livia Zita - Cori. Back Vocals



TRACKLIST

Disc 1 - DVD

Live at The Fillmore in Philadelphia, PA

November 25th, 2015

Runtime: 01:25:24

01. Out from the Asylum

02. Welcome Home

03. Sleepless Nights

04. Eye of the Witch

05. Halloween

06. Melissa

07. Come to the Sabbath

08. Them

09. Funeral

10. Arrival

11. A Mansion in Darkness

12. The Family Ghost

13. The 7th Day of July 1777

14. Omens

15. The Possession

16. Abigail

17. Black Horsemen

18. Insanity



Disc 2 - DVD

Live at Graspop Metal Meeting

June 17th, 2016

Runtime: 01:20:43

-Idem



Disc 3 - CD

Live at The Fillmore in Philadelphia, PA

-Idem