sabato 25 maggio 2019

Il Ritorno dei Rammstein con l'album omonimo!



A cura di Anthony
Attenzione : Recensione già pubblicata da me su All Around Metal

Finalmente! Sono tornati i Rammstein bene dieci anni dopo l’ultimo album in studio, quel “Liebe ist für alle da” e l’impossibile da ignorare “Pussy”, con tanto di videoclip porno. Ora, tra rumors su uno scioglimento imminente e un divergenze interni, eccoli invece con un album del tutto nuovo, che è riuscito a creare polemiche addirittura prima dell’uscita, grazie a un brano come “Deutschland”, con il “solito”, videoclip scioccante!
L’album omonimo della band, parte proprio con questo pezzo, che è inoltre il primo singolo estratto, intro stile EBM con synth irrequieti, subito affiancati dalle ormai celebri chitarre granitiche della band, in un crescendo che esplode subito dopo, donando la carica adrenalinica che i fan da sempre amano e che per troppo tempo aspettavano. La strofa pare soffrire leggermente in favore di un ritornello e drop spettacolari; una delle pochissime band capaci di unire elettronica, pop e il meglio dell’industrial di stampo tedesco, derivante direttamente dal Darkwawe, con un metal potente e predominante, massiccio e perfettamente amalgamato con tutto il resto. Il secondo brano “Radio”, rafforza ulteriormente questo concetto, arrivando quasi a scimmiottare ciò che la radio rappresenta, con le sue canzoncine spacciate per arte. Fornisce al tipico pubblico delle canzoni da radio, appunto, qualcosa che possono ben fruire ed apprezzare, pur senza rendersi conto di esser presi per il culo. E la cosa non mi sorprende. 
Di tutt’altro tenore è invece l’intro sinfonica di “Zeig dich”, con cori macabri e una certa cattiveria espressa non solo nel tono di voce, ma anche nel suono delle chitarre, secco e tagliente, come un lama che trita le nostre orecchie servite su un piatto d’argento. La melodia tuttavia non manca e, a mio avviso, è anche un grosso punto di forza, è un fiume che riesce bene ad incanalare la giusta dose di cattiveria, in un brano originale e che non scende mai in banalità, soprattutto quando i cori riprendono e sembra di ascoltare una band Synphonic.
“Ausländer”, ribalta totalmente questo concetto, proponendo un brano più in linea con quelli iniziali, ma con una enorme dose “ballabile”, di puro EBM oscuro e malsano, con voci infantili in lontananza, cariche di reverbero, che sembrano urlare in un tunnel di cemento e acciaio. Un brano più calmo e meccanico, pistoni che calano al ritmo (non a caso) sessuale di “Sex”, mi ricordano immediatamente i The Sisters of Mercy di “Lucretia my Reflection”. Un brano che scorre e che suona Rammstein in modo assoluto, ma che tuttavia non risulta memorabile e, personalmente, non apprezzo l’assolo di Synth acidissimo, lasciato banalmente ai ¾ del pezzo. 
Mi rinfresco le idee con “Puppe” (si, lo so, se siete toscani starete morendo dalle risate e io con voi), un pezzo disperato e cattivo, una canzone che richiama Marilyn Manson di “Torniquet”, ma senza la stessa intensità emotiva, che però è tuttavia palesemente più “metal”, con la voce di Lindermann che quasi “gratta” sul microfono le corde vocali. Solito ritmo cadenzato e regolare, per “Was ich liebe”, con un basso monotonale che tarda ad arrivare, ma che quando entra in gioco, fagocita tutto il resto. Hard Rock atmosferico che va ad impastarsi con grossi groove, senza mai rallentare di un passo, ma inesorabile, come un treno, avanza senza sosta, sempre alla stessa velocità. L’intro più tenue e dolce di “Diamant”, accoglie la voce dura e grossa di Lindermann, in una ballad molto intensa e melodica, di una atmosfera che pare c’entrare poco con il resto dell’album, ma sappiamo che i tedeschi ci sguazzano nell’essere controversi. Quasi a voler confermare quanto appena detto, arriva il Synth di “Weit weg” e a dire la verità, è l’unica cosa del brano che si fa notare, perché il resto scivola via in modo abbastanza anonimo, a parte l’alzare la voce sull’ultima parte, ma niente di memorabile. Pezzo, assolutamente molto più serio e che riaccende le speranze è “Tattoo”, che riporta alla grande l’ispirazione ai Rammstein, che tornano a picchiare forte e a lasciare il segno, con riff affilati e batteria martellante, sorrette da un basso che potrebbe muovere un edificio! Questi sono i Rammstein che mi piace ascoltare, potenti, irriverenti, consapevoli e mai banali! Ultimo step con “Hallomann”, riff di basso e un’atmosfera sinistra, su un ritmo cadenzato che, come in precedenza, non sdegna la melodia, andandosi a collocare immediatamente nella media del disco.
Per concludere, questo “Rammstein”, non è un album memorabile, né il migliore della band, ma che sicuramente ha un grande potenziale e che non deluderà i fan. Da avere per i fan della band in questione, consigliato invece per chi ama il genere.

Anthony


Formazione:

Till Lindemann – voce
Richard Kruspe – chitarra solista, cori
Paul Landers – chitarra ritmica, cori
Oliver Riedel – basso, cori
Christoph "Doom" Schneider – batteria
Christian "Doktor Flake" Lorenz – tastiera, cori

Tracklist:

1- Deutschland 
2- Radio 
3- Zeig dich
4- Ausländer
5- Sex 
6- Puppe
7- Was ich liebe 
8- Diamant 
9- Weit weg 
10- Tattoo 
11- Hallomann