sabato 21 novembre 2015

Un incontro per caso - Racconto 9



La vita ci pone molte volte davanti alla domanda : ma era forse il destino ad averci fatto incontrare ? Ben poche volte esiste una risposta semplice e diretta a questa domanda, perchè i casi sono davvero tanti, e per l'appunto non tutti sono...semplici.
Spesso e volentieri i migliori incontri sono quelli avvenuti in maniera banale e senza un reale motivo o proposito.
E' proprio il caso di una giovane coppia conosciutasi per il classico scontro per strada, lei piena di libri e dizionari, lui con la sua chitarra nuova fiammante con la promessa di mille concerti.
Amore a prima vista, iniziano a frequentarsi, dopo i primi baci innocenti si ricordano che da quel fortunato giorno sono passati ben otto anni, decidono di sposarsi, e scelgono la loro casa, pronti a farla diventare il loro nido d'amore.
Otto anni non son tanti, ma non sono nemmeno pochi, ma la loro particolarità era rara se non unica; entrambi non avevano mai fatto una sola domanda sul reciproco passato.
Per un implicito accordo era come se la loro vita fosse iniziata li, quel giorno, in quello scontro che li aveva portati a conoscersi.
Come tutti sappiamo, il passato raramente rimane nascosto.
Non avevano problemi di denaro e la loro vita filava liscia come l'olio, ma l'ombra del passato non li abbandonava.
Qualcuno a volte ha degli scheletri nell'armadio, ma in alcuni casi questi scheletri son veri.
Era arrivato il momento del grande passo, quasi all'unisono si chiesero se l'altro volesse ascoltare il proprio passato.
E da buon uomo pieno d'iniziativa egli iniziò il suo racconto.
Fu discretamente sincero, confessò di avere avuto dei guai con la legge che lo avevano portato a qualche mese in gattabuia e di aver fatto uso di qualche droga leggera.
Quando si fermò attese la reazione della moglie, ma lei non reagì con spregio e sdegno, al contrario, lo abbracciò e si complimentò per il suo coraggio di ammettere le sue colpe.
E d'un fiato gli confessò di essere una maga.
Dopo un piccolo silenzio imbarazzante anche lui l'abbracciò pensando che la moglie fosse soltanto un pò credulona o che non avesse ancora il coraggio di confessare chi sa quali relazioni passate.
E la storia finì.
Passarono otto giorni, ed in una notte tempestosa il giovane si svegliò di soprassalto, per un forte tuono probabilmente si disse, ma voltandosi verso la giovane moglie, non la trovò accanto a se.
Dove poteva essere andata ? Era ancora presto per lavorare mancavano almeno quattro ore, sentì un rumore e si convinse che la moglie fosse in cucina per qualche spuntino.
Riprese a dormire, ed al mattino come di consueto la sveglia suonò e si vestì come al solito diretto al lavoro, ma stavolta l'assenza della moglie non lo insospettì, lei si svegliava un'ora prima per andare al lavoro.
Nella pausa pranzo ricevette un messaggio che diceva : Ciao amore, questa sera farò tardi, non aspettarmi sveglio ! Ti amo.
Prese nota, finì il suo panino e tornò al lavoro, era la solita routine.
I sospetti iniziarono quando questo si verificò per una settimana consecutiva.
Le scriveva, ma lei non diceva mai ne quando sarebbe tornata ne quando.
E lui doveva scoprire cosa stesse succedendo, o meglio cosa stesse succedendo a sua moglie.
Al nono giorno lei tornò, ma aveva un'aria strana, quasi stralunata, sembrava non vederlo e rispondeva distrattamente, ma stavolta lui era pronto, prese di nascosto il suo cellulare ed attivò il gps, e come previsto l'indomani mattina sparì.
Ma grazie ad una piccola applicazione era arrivato a rintracciarla, ma era tutto così assurdo, doveva essere al lavoro, perchè mai si trovava dall'altra parte della città nela parte dedicata all'industria ?
Decise di recarsi così all'ultima posizione nota della moglie, guidò per mezz'ora circa e infine arrivò in quello che sembrava un vecchio edificio aziendale abbandonato dopo un fallimento, l'insegna era rugginosa, l'intonaco decadente e scolorito e qua e la le finestre erano rotte.
Non poteva capacitarsi che la moglie fosse in un posto del genere, e l'unica pista che gli venne in mente era la tossicodipendenza, forse si radunava li con dei conoscenti per abusare di droghe varie.
Parcheggiò poco distante per non dare nell'occhio e si avvicinò di soppiatto all'edificio; ma anche se in quel posto sembrava non esserci nessuno, lui si sentiva costantemente seguito ed osservato.
Quando però arrivò all'ingresso trovò una porta stranamente nuova per un edificio in abbandono, ed infatti quando provò ad aprirla scoprì che era chiusa.
E se era chiusa, qualcuno non voleva che altri entrassero.
Allora sbirciò da una finestra arrampicandosi su di una impalcatura per qualche intervento di ristrutturazione mai avvenuto, e ciò che vide gli gelò il sangue.
La moglie era nuda e coperta da una sola toga nera che ricordava quella di un monaco, tuttavia era foderata di un rosso sangue che dava i brividi, muovendosi come in trance eseguiva un cerchio, che ad un esame più attento era scandito da un complesso disegno probabilmente di matrice esoterica che ad un tratto parve illuminarsi ed un attimo dopo sgorgò sangue dal nulla.
Il povero ragazzo era atterrito, ma il macabro spettacolo non era ancora finito perchè dalle pozze appena formatesi ne vennerò fuori quattro donne, che dopo un attimo di stordimento si rialzarono e resero onore a quella che sembrava la figura di comando in quella riunione immonda.
Aveva visto abbastanza, voleva solo tornare a casa e non pensare a ciò che aveva visto.
Tornò di corsa alla macchina, mise in moto e come un fulmine tornò a casa, ma appena aprì la porta di casa si trovò catapultato all'interno della struttura abbandonata, con lo sguardo di fuoco della moglie che lo osservava con ira.
Gli chiese perchè fosse andato a cercarla, e che ormai per lui non c'era più scampo.
Doveva morire per completare il rituale.
A cosa serviva il rituale non lo chiese e non gli importava, lo spirito di sopravvivenza ebbe la meglio e cercò di sfuggire a quella follia alla quale non credeva ancora completamente, ma che attaccando tutti i suoi sensi si rivelava più che reale, fatale.
Ma a nulla valsero i suoi sforzi, nonostante salisse rampe su rampe di scale, si ritrovava sempre allo stesso dannato piano dove la moglie e le quattro donne si avvicinavano sempre di più.
Alla fine lo presero, ma non con le mani, si trovò incatenato da una sorta di camicia di forza invisibile, dalla quale non riusciva a liberarsi nonostante si dibattesse come un forsennato.
Smise di lottare e rimase fermo in attesa di ciò che lo attendeva, di certo non era pronto al fatto che di li a poco sarebbe stato sacrificato per un rituale di chi sa quale genere o entità.
La cosa più malsana di tutte era che la moglie lo avrebbe sacrificato in ogni caso.
Udì frasi incomprensibili, e vide il soffitto che iniziava a vorticare, e si accorse che a girare non era il soffitto ma lui stesso.
Si sentì subito frastornato, non aveva più la cognizione dello spazio, era totalmente avvilito ed annientato.
Non sapeva cosa sarebbe successo, ma mentre iniziava di nuovo a chiedersi cosa stesse accadendo realmente sentì chiaramente una fitta alla schiena, una fitta che divenne subito dolore lancinante.
Era appena stato trafitto da un pugnale, ma il sangue che sgorgava non toccava terra, si addensava e poco a poco che l'uomo perdeva il prezioso fluido vitale, questo diventata un ovale sempre più grande.
L'operazione durò minuti, ore, non seppe dirlo, ma sapeva per certo che si sentiva sempre più debole, e più debole diventava più lo specchio di sangue, il suo sangue, diventava grande.
Dal neo creato specchio di sangue vennero fuori dei tentacoli provenienti da chi sa quale mondo, e lo trascinarono dentro.
L'attimo dopo tutto era sparito.
Stranamente si sentiva bene, non sentiva dolori, spossatezza, nulla, come se gli avvenimenti delle ultime ore non fossero mai avvenuti, cosa strana, perchè gli sembravano fin troppo reali, soprattutto il dolore.
Il suo primo pensiero fu per la moglie.
Qualsiasi luogo fosse quello per il momento non vi badò, e sedette in terra con la testa fra le mani, piangeva, e piangeva non per la propria presunta morte o ciò che era stato, no, piangeva perchè non credeva ancora che a farlo fosse stata la donna che amava, lei non l'avrebbe mai fatto, lo amava, come lui amava lei, cosa l'avrebbe spinta al punto di ucciderlo ? E pure non possedeva nulla di rilevante valore a parte la vita, non l'aveva mai tradita, anzi si era sempre considerato fortunatissimo ad averla incontrata, ma cosa era successo ?
Il suo cervello iniziava ad elaborare gli avvenimenti appena accaduti e si tastò la schiena.
Il terrore che lo assalì fu quasi istantaneo, perchè quando provò a toccarsi, non trovò nulla di solido, cercò di battere le mani e le vide oltrepassarsi.
Era morto lo sapeva, ormai quasi lo sentiva, forse era quello il mondo dall'altra parte, e si dedicò ad una rapida occhiata in giro.
Quel nuovo posto gli sembrava ovattato, totalmente opaco, ma cosa ancora più strana non vi era un orizzonte, sembra un posto infinito, una prigione infinita e senza uscita.
Forse avrebbe dovuto dire qualche preghiera in più oppure andare più volte in chiesa, fare più offerte.
Iniziava a delirare, ma venne bloccato quasi subito nei suoi vaneggiamenti, perchè una figura totalmente nera avanzava a velocità spaventosa verso di lui, cercò comunque di scappare, ma sapeva che era inutile, dopo qualche metro lo sentì dietro di se.
Se fosse stata una creatura ostile era finita, sarebbe morto.
Morto ? Ma lo era già ! Si voltò, spavaldo di una nuova convinzione, con uno strano fuoco negli occhi assestò un gancio alla creatura.
Sarebbe stato devastante se fosse andato a segno, ma si ritrovò a fendere l'aria, il problema più grosso era che la creatura sapeva perfettamente come afferarlo, e lo avvinghiò subito alla gola.
A nulla valse il suo dimenarsi, perchè stranamente ebbe la sensazione che gli mancasse il respiro, la tortura si protrasse in quella che sembrò un'eternità, non poteva morire di nuovo, ma scoprì che poteva continuare a soffrire, e quella creatura sapeva come farlo soffrire.
Non sapendo più cosa fare chiuse gli occhi.
Dopo poco sentì la presa allentarsi e riaprendo gli occhi scoprì un diverso ambiente, questa volta tutto sembrava di un rosso malsano, che faceva ricordare quasi il rosso del sangue rappreso.
In che luogo era finito ? Non capiva più nulla, era certo solo che avrebbe sofferto.
Come se le suo fossero state preghiere, questi pensieri vennero presto esauditi, tutto il luogo venne sommerso dalle fiamme.
Non fu una cosa graduale, istantaneamente sembrava che l'aria fosse composta di gas o qualche altra miscela altamente infiammabile, cosichè anche lui prese letteralmente fuoco, nonostante non avesse pelle, si sentì ardere e guardandosi le mani le vide carbonizzate.
Stavolta non si accorse nemmeno di non soffrire, a farlo soffrire fu il suo cervello ormai in preda al terrore più nero, tanto da non distinguere più le proprie sensazioni.
Ma le sensazioni cosa sono ?
Impulsi elettrici inviati dal cervello, che all'occorrenza possono essere modificati al punto di indurre allucinazioni.
Marito e moglie erano stati drogati con dei funghi allucinogeni, poi trasportati ed indotti al sonno da alcuni alchimisti moderni specializzati nel controllo delle emozioni e degli impulsi neurali durante il sonno.
Quasi tutta la vita insieme che avevano creduto di vivere insieme era stata frutto di questi funghi e di un malsano sonno forzato, ma perchè compiere un tale lavoro ? Quale lo scopo di tutto questo ? Non se lo sapevano spiegare, cosa avevano fatto di così grave per indurre l'una a pensare di dover sacrificare il marito, e l'altro a vivere l'incubo della propria morte per mano della moglie e del suo spirito torturato da chi sa quali strane e folli creature ?
Erano entrambi stati presi di mira da una segretissima congregazione che prendevano di mira centianaia di soggetti all'anno, e loro due purtroppo erano fra quelli.
Ma per loro avevano in serbo un destino differente, erano stanchi del solito gioco al quale vincevano sempre, volevano provare l'ebrezza della sfida, volevano verificare la loro effettiva forza.
Così cercarono di rendere reali tali tormenti, ma prima li avrebbero svegliati.
Passarono giorni prima che i due recuperassero tutte le loro capacità, giorni durante i quali si tennero stretti, e cercavano spiegazioni l'uno nell'altra e viceversa, si facevano forza e per il momento glielo lasciarono fare.
Non passò molto prima che iniziassero a chiedersi dove fossero, e notarono quasi istantaneamente di essere quasi nello stesso posto abbandonato che avevano visto nei loro deliri allucinogeni, e questa macabra similitudine li guidò nei primi passi dove credevano ci sarebbe stata l'uscita.
Ma dopo svariati minuti si ritrovarono a percorrere un corridoio con quasi dieci porte l'una di fronte all'altra, e stando al cartello affisso sopra, portavano tutte all'uscita.
Erano stati drogati, non era di certo stupidi si dissero, tuttavia non c'erano altre vie, dovevano rischiare.
Ed il rischio li portò ad una soluzione inaspettata della vicenda.
Erano gli unici sopravvisuti ad una lunghissima catena di esperimenti durata decenni, gli unici due soggetti di ambo i sessi ad essere scampati a quell'orrida tortura mentale.
Una stanza enorme, senza finestre, foderata di piastrelle così bianche e splendenti da riflettere la luce di vari neon ed accecare un occhio poco abituato, era forse una nuova tortura ? Cosa stava per inventarsi quella situazione bislacca ? Era giunto il loro tempo, non dovevano essere più al mondo e quella doveva essere di certo la famosa luce dopo il tunnel, nel loro caso un tunnel di sofferenza.
Di fronte a loro era riunita tutta la congrega del sonno, erano dieci in tutto ed erano tutti seduti attorno ad uno strano tavolo che sembrava una forma senza senso, ma dopo pochi secondi si riuscivano a cogliere lettere, lettere che formavano la parola "SILENTES".
Avevano tutti un sorriso bonario sul viso, quasi fossero felicissimi di vederli, o meglio di rivederli.
Come il figliuol prodigo tornavano al padre, e loro senza una parola li accolsero facendoli accomodare alla tavolata silente.
Vennero invitati a toccare la tavola con un solo cenno della mano, nessuno parlava, non un accenno a proferire parola.
Una volta toccata i pensieri di tutti i presenti fluirono in loro sottoforma di immagini, sensazioni, ricordi, una condivisione senza limiti alla velocità del pensiero, un'esperienza unica.
Il loro reclutamento era appena iniziato, con estrema rapidità venivano messi a conoscenza di ogni segreto ed ogni meccanismo di quella muta congrega, ma soprattutto vennero messi al corrente del motivo di tale associazione.
Il controllo mentale.
La forma assoluta di dominio sul genere umano, una gabbia mentale che rinchiudesse tutti, dal più grande leader al più miserabile dei cittadini, senza esclusione, e dominare così l'intera razza umana senza ricorrere al rudimentale metodo della guerra.
Ognuno degli astanti poteva contare su di una elevatissima percentuale di sviluppo cerebrale, quello che sembrava il capo poteva contare sul 65% del proprio cervello, li pronto per dargli ogni soluzione ad ogni problema.
Passavano i giorni, poi le settimane, e le settimane si fecero mesi, e mese dopo mese vennero gli anni, anni durante i quali le due reclute scoprirono attraverso le proprie neo capacità cerebrali, di poter bypassare i pensieri degli altri e mascherare i propri a piacimento.
Le uniche due cose rimaste da quell'orrido esperimento degli anni passati erano esattamente due, l'amore e il rancore.
L'amore che li aveva legati nella finzione non era svanito, anzi si era rafforzato, e il rancore verso quel marcio apparato che aspirava a conquistare il mondo rendendo tutti schiavi, ognuno nel proprio mondo personale.
Ma non lo davano a vedere, cooperavano anche se con riluttanza, ma avevano affinato al meglio la loro tecnica di occultamento, e potevano pianificare al meglio la loro vendetta.
Non li avrebbero mai scoperti, tuttavia il rischio era grande, stavano progettando di sconfiggere le menti più potenti dell'intero pianeta, e l'impresa se pur progettata al meglio, poteva fallire miseramente.
Il tempo intanto continuava a scorrere e la Silentes continuava a perpetrare nei propri loschi piani, assoggettando in realtà fittizie il buon 6% della popolazione mondiale, un record mai raggiunto da Silentes, tali progressi erano stati incrementati proprio dalle nuove reclute, le quali vennero tenute sempre in maggiore considerazione, tanto da poter contraddire anche i membri più anziani.
Tuttavia la vendetta era molto vicina.
Loro erano stati drogati e soggiogati, infatti questo era il vecchio metodo di attacco mentale utilizzato da Silentes, selezionare individui campione e per mezzo di vari espedienti indurli in lenti deliri allucinogeni e controllarli tramite le loro brillanti menti.
Nel tempo i due giovani, lavorando per l'associazione avevano sviluppato complessi processi mentali che permettevano addirittura la forzatura cerebrale a distanza di centinaia di metri.
All'inizio.
Perchè col passare del tempo potenziarono sempre più questo sistema al punto da poter raggiungere mezzo mondo dal solo centro operativo, avvalendosi però del potere mentale di tutti i membri.
In segreto avevano iniziato ad esercitarsi, al fine di diventare imbattibili, decisero che avrebbero attaccato tutte le psiche di Silentes contemporaneamente forzandole proprio nel momento in cui erano impegnate loro stesse in una forzatura di massa molto complessa.
Li avrebbero imprigionati in una esperienza simile alla loro, li avrebbero torturati fino al collasso del loro intero sistema nervoso.
La lora grande occasione si presentò il mese dopo, convinsero l'intero gruppo a forzare un maxi blocco di individui equivalente a dodicimila individui, cosa che avrebbe richiesto il massimo impegno dell'intero gruppo.
Eccoli li, le espressioni per la prima volta leggermente tese, non più tranquille e pacate, ma risolute nel loro intento, era un colpo senza precedenti, avrebbero assoggettato così tanti individui da poter iniziare una scalata sociale che li avrebbe portati ad ottenere il controllo totale delle risorse petrolifere del pianeta, dettando così legge sui mercati e gli scavi.
Nella loro estrema concentrazione non si erano accorti dei piccoli impulsi che viaggiavano attraverso tutti gli astanti, erano i due giovani che mano nella mano inviavano piccole scariche sonda per saggiare i punti più deboli dei sistemi da invadere.
Erano impulsi così piccoli che a stento li avvertivano loro stessi, ma erano dei piccoli cavalli di Troia in miniatura, perchè erano pronti ad esplodere in gigantesche esplosioni cerebrali non appena si fossero ben innestati, e nessuno avrebbe avvertito nulla, si sarebbero trovati in una realtà non più gestita da loro.
Durò trentasette minuti esatti,allo scattare dell'ultimo minuto tutti crollarono sul tavolo Silentes con espressione attonita e terrorizzata.
Erano in trappola.
Tutti e dieci si ritrovarono nella stessa stanza dove risiedevano i loro corpi reali, e li vedevano, ma in loro qualcosa non andava, perchè tutti, nessuno escluso, perdevano sangue dalle orecchie.
In un attimo i corpi ripresero vita e cominciarono a cercare di afferrare i loro "sosia".
Non avevano nulla dell'aria distinta che li aveva caratterizzati fino ad allora, avevano volti scavati, denti marci, e bava che colava mentre emettevano gemiti folli.
Li afferrarono non per percuoterli, ma per mangiarli, ma i loro denti non riuscivano a strappare le carni e le vesti, dopo un minuto le loro bocche erano già ridotte a poltiglie sanguinanti, però il lampo di genio non si fece attendere, iniziarono ad usare le unghi e con le unghie imprimevano grossi e profondi tagli fino a ridurli a brandelli, erano annientati, restavano in balia di quegli esseri che avevano le loro stesse sembianze senza però rispettarne il codice di vita, e li riducevano in pezzi, fra dolore ed urla, e dopo averli resi totalmente irriconoscibili iniziarono a cibarsi delle loro carni.
Quando il macabro pasto fu terminato tutto si trasformò, erano tutti di nuovo al tavolo ma stavolta vi erano legati da spessi bracciali di metallo.
Una voce li stava istruendo e loro non potevano fare altro che annuire, il loro compito era semplice, distruggersi a vicenda.
E lo fecero.
Vennero liberati dai loro vincoli e presero subito a fronteggiarsi l'un l'altro con il solo scopo di assitere alla morte dell'altro, quasi essendo spettatore nel proprio corpo, attendendo la propria morte.
Il processo fu lungo, nessuno era in reale vantaggio fisico rispetto agli altri, ne erano di grandi doti combattive, il tutto scaturiva in una confusionale ricerca di parti molli quali gli occhi e la gola.
Dopo ore di strenua lotta, i combattenti avevano tagli e contusioni ovunque ma nessun reale danno, venne allora fatto entrare un boia, la sua testa era quella di una orrenda creatura vagamente somigliante ad una capra, non aveva nulla di umano, i suoi arti era quasi del tutto deformati, ed il suo unico scopo sembrava proprio quello di finire i malcapitati.
Uno ad uno li abbatteva mentre loro ancora cercavano di uccidersi l'un l'altro.
Quando anche l'ultimo silente fu abbattuto con estrema violenza venne un'altra losca figura.
Un tristo nocchiere vestito di vesti eleganti ma estremamente consunte, conduceva un carrettino malconcio e marcio, il quale veniva trainato da immonde bestie dal corpo molle e flaccido.
I corpi malridotti vennero caricati sul carro e vennero in un cerchio di fiamme.
Al centro del cerchio di fiamme c'erano i due giovani amanti, era il loro rito, la loro vendetta, il loro riscatto.
Con estrema calma tutti i corpi vennero ammassati al centro, dopodichè il sangue dei cadaveri salì al cielo come una colonna infinita, distruggendo tutto ciò che incontrava.
E piovve sangue.
Un sangue acre che però sanciva la loro vittoria, per anni avevano celato quel desiderio, erano entrati a far parte di quel sistema immondo, lo avevano assimilato, potenziato e battuto.
Era accaduto tutto come una casualità.
Il caso li aveva fatti incontrare, il caso li aveva portati a quel punto ed il caso aveva deciso che sarebbero sopravvissuti all'orrore diventandone parte loro stessi.
Da quel momento non ebbero più a che fare con SILENTES, ne chiusero il ricordo in fondo all'anima e la loro vita continuò, come nulla fosse stato.



                                                                                                                  Artic

Eravamo - Racconto 8

Eravamo vicini quando, nelle fredde notti d'inverno ci scaldavamo facendo accostare i nostri corpi nudi sotto le coperte.
Eravamo così legati da tutto ciò che poteva chiamarsi amore e più di noi, nulla vi era.
Come saremmo stati felici insieme in un'altra vita magari, senza pensieri, in riva al mare in qualche paradiso caraibico.

Ma ora sei li di fronte a me, sembri non riconoscermi.

Era la follia assassina di Selina, la quale continuava ad avventarsi sul cadavere del suo fidanzato, come a volerne strappare l'anima dalle spoglie oramai deturpate e prive di vita.
D'un tratto si scosse, una voce la chiamava, la invitava ad un uscire fuori, di dileguarsi nel buio, la voce parlava di qualcuno, la stavano cercando e lei doveva fuggire.
E fuggì.
In mano aveva ancora il coltello con il quale aveva tolto la vita all'uomo che tutto era per lei prima che arrivasse la Voce.
Doveva seguirla senza fare storie. E così fece. Si fece largo nelle strade deserte, mentre nella notte una sirena; avevano dato l'allarme, non doveva farsi prendere, la Voce la guidava e Selina imboccava vicoli su vicoli incurante della sottile vestaglia che la ricopriva, sembrava conoscere da sempre quelle strade, eppure si era trasferita in quella cittadina da qualche mese.
Arrivò all'ingresso di un palazzo che all'apparenza sembrava abbandonato, ma appena lei giunse dinnanzi ad una porta di metallo arruginita uno spioncino si aprì e dopo un attimo scattò il chiavistello che le consentì di entrare.

Era all'interno da pochi secondi quando la Voce le sussurò : Hai compiuto il tuo scopo. Devi morire.
L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, cercò di scappare ma la porta che prima era spalancata adesso era chiusa e sorvegliata da due uomini con grotteschi passamontagna.
Ehi ma aspetta ! Aveva ancora un coltello in mano, ed in un disperato tentativo di fuggire lo brandì per colpire i custodi della porta, ma neanche a mezzo metro da loro, la Voce la bloccò e la costrinse a squarciarsi lo stomaco.
Viscere e sangue si sparserò sul pavimento e Selina morì.

Una voce la chiama.
<<Selina! Selina! Svegliati è l'ora di pranzo!>> Pranzo ? Quale pranzo ? Dove si trovava ? Si guardò intorno, una giovane infermiera a giudicare dal suo modo di vestire le sorrideva dalla porta.
Ammiccò per schiarirsi la vista e scende dal letto.
La colpì un dolore lancinante allo stomaco, si sollevò la vestaglia e scorse una rossa cicatrice orizzantare nel basso ventre.
Era tutto reale ? Era successo davvero ? Aveva davvero ucciso il suo fidanzato ? I ricordi le salirono alla mente ed ebbe un violento conato di vomito, dopo che si fu ripresa, l'infermiera l'aiutò ad alzarsi dal letto e l'accompagnò al reparto mensa, dove altre persone stavano già consumando il pasto in un deprimente silenzio.
Sedette a tavola e iniziò a mangiare ciò che le veniva servito.
Dall'aspetto vi era una bella bistecca di carne, però non aveva mai visto quel tipo di taglio, era davvero strano.
Assaggiò e le piacque anche, iniziò a mangiare con gusto e i dolori parvero placarsi, dopo poco si alzò dal tavolo e decise che le avrebbe fatto bene una passeggiata e così imbocco un corridoio, poi un altro, poi un altro, e più avanzava e più sembrava aumentare una strana aura di tenebra.
Si ritrovò dinnanzi ad una porta di ferro di fattura rozza ed a tratti arruginita, perchè decise di aprirla non lo sapeva, se ne pentì subito dopo, perchè quella porta conduceva in una spaziosa stanza quadrata dove persone corpulente e deformi macellavano quelle che erano persone.
La carne che le era tanto piaciuta era carne umana.
La videro.
O per meglio dire, la fiutarono, perchè erano tutti ciechi ed al posto degli occhi avevano vuote orbite a volte abitate da vermi che si nutrivano della loro cancrena.
Due mani possenti e rozze la afferrarono, cercò di divincolarsi ma era tutto inutile, come in un lampo carpì stralci della realtà intorno a lei.
Veniva sollevata.
Veniva appesa ad un gancio. Il dolore.
Un coltello.
Il suo sangue in una vasca.

Si svegliò di soprassalto, si ritrovò a fissare il soffitto di casa sua.
Ma che cosa era successo ? Era un sogno senza dubbio, era tutto ok, era li nella sicurezza della propria casa.
Le dolevano lo stomaco e la gola, probabilmente colpa del ciclo e di una congestione, poteva capitare si disse.
Entrò in bagno, si guardò allo specchio e notò un taglio alla gola, alzò la vestaglia e trovò anche lo squarcio all'addome.
Era un incubo non c'erano alternative, non poteva essere vero, era tutto così assurdo!
Doveva uscirne e non sapeva come, dov'era il suo fidanzato ?
Era vivo o morto ? La risposta era alla sua destra. Era lui, deturpato così come lei lo aveva ridotto, brandelli di carne penzolanti ovunque, le ossa delle mandibole scoperte, era un mostro, non l'uomo che aveva amato. Ma perchè lo aveva ucciso ? Non se lo ricordava e se lui era lì come faceva ad essere morto ? Nel frattempo però se la sua mente si poneva quesiti alla velocità della luce, lei rimaneva impietrita, e non riuscì a reagire nemmeno quando lui cominciò a mangiarla partendo dalle estremità.
La mantenne in vita per farle provare ciò che aveva provato lui.
Oramai allo stremo la vita l'abbandonò.
Di nuovo.

Stavolta era pronta a tutto, sapeva che si sarebbe risvegliata in qualche posto assurdo e con le sue ferite di ogni "vita" passata.
Aveva ragione, ma solo in parte, era in un posto sconosciuto, un albergo forse, ma le sue ferite erano sparite, anzi, era vestita in una delicata tuta bordata di rosa.
E le ferite ? Si era svegliata ? E dov'era ? Nel frattempo uscì fuori, imboccò il corridoio e prese l'ascensore, mentre le porte si chiudevano da una stanza adiacente uscì uno dei macellai dell'ospedale.
Impazzita dal terrore si scostò dalla porta e mentre l'ascensore scendeva verso il basso lei lo udì urlare.
A quell'urlo se ne aggiunsero altri ad ogni piano che oltrepassava.
Era braccata, e da tutti i piani giungevano urla che si richiamavano a vicenda quasi a coordinare quella macabra caccia all'uomo che si stava per svolgere.
Giunse finalmente al piano terra dopo quella che le sembrò un tempo infinito, e li lo shock.
Era di nuovo nelle cucine dove gli uomini venivano sgozzati; ma proprio li davanti a lei, si rivide sgozzare da un essere deforme.
Stava rivivendo il suo risveglio in terza persona.
Tutti nella stanza la videro e le urlarono contro, quanti erano ? Dieci ? Venti ? Non lo sapeva, doveva solo fuggire.
E lo fece.
Correva a ritroso lungo il corridoio che ricordava vagamente, ma eccola fuori dall'ospedale.
Non si fermò a controllare dove fosse, pensò solo a scappare, finchè non si ritrovò nello stesso vicolo dove tutto era iniziato, e li di nuovo vide il suo alter ego venire squarciato e lasciato morire.
Superò tutto con un balzo, non voleva vedere tutto ciò, non voleva ricordare, e mentre fuggiva ebbe un blackout.
Era in casa sua, e la Selina di quel momento passato stava per uccidere il suo fidanzato.
Doveva impedire almeno quello.
Afferrò il braccio della sua "gemella", finirono a terra, ma questa la bloccò al pavimento e le vomitò addosso litri di sangue.

Gridò con quanto fiato aveva in gola.
Le luci si accesero ed una voce la chiamava.
Era lui, il suo amato, la chiamava e scuoteva, sapeva essere tutto vero perchè ne sentiva il calore, e senza smettere di piangere affondò la faccia nel suo petto e pianse.
Passarono i minuti, le ore e lei continuava a piangere.
Alzò lo sguardo, e lui la fissava con amore, le disse che era stato un sogno, era tutto passato, qualsiasi cosa fosse successo, ora erano assieme, lei gli credette, e lo baciò.

Il mattino seguente i segni dei suoi sogni erano ancora evidenti.
La paura l'attanagliò a tal punto da spingerla a gettarsi dalla finestra dell'albergo in cui viveva, lo stesso nel quale lavorava come cuoca nella sala da night dello stesso.
A volte il confine fra sogno e realtà è talmente sottile da unire le due cose.

                

                                                                                                                 Artic