venerdì 17 ottobre 2014

Non chiudere gli Occhi ! - Racconto (3)




Cinque giorni. Erano ormai cinque giorni che gli occhi di Greta si erano arrossati e gonfiati. Lacrimavano di continuo e lei non riusciva a non grattarseli, peggiorando la situazione.
« Ma tu guarda... santo cielo che dolore ! Devo convincermi a farmi visitare...» Pensò e quella mattina, non andò a scuola. Accompagnata da sua madre, si diresse al pronto soccorso dell' ospedale della sua zona. L' attesa durò circa quaranta minuti e, quando finalmente fu il suo turno, i medici decisero che era il caso di effettuare un breve ricovero. Solo pochi giorni di osservazione, perché una congiuntivite così violenta era cosa rara e poteva portare ad epiloghi anche drammatici.
La ragazza, era assolutamente contraria, ma non poteva opporsi agli ordini dei medici, d' altro canto, anche sua madre era d' accordo : si trattava di una cosa importante, per il suo bene.
Il reparto dove si trattavano i problemi oculistici era al completo, l' ospedale era piccolo e non disponevano di tutti i posti che aveva a disposizione una grande struttura, molto più attrezzata. Le fu affidato un letto, nel reparto maternità : « Fiuuuu ! - fece Greta, tirando un sospiro di sollievo - almeno il reparto maternità è gradevole, con tutti quei neonati ! Pensa se mi fosse toccato quello delle malattie psichiatriche !» Entrò nella sua camera e, con sua sorpresa, vide che era molto scarna. C' era un piccolo tavolo con due sole sedie dall' aria scomodissima, tre letti vuoti e due armadi di metallo grigio, molto ampi. Si avvicinò al letto accanto alla finestra, almeno avrebbe potuto guardare fuori, pensò e fu allora che si accorse di un quarto letto, posto all' angolo opposto a quello da lei scelto, che era coperto da un separé bianco che occultava ciò che si trovava dall' altra parte. A terra, erano presenti delle ciabatte bianche, tipiche da ospedale, che furono subito notate dalla ragazza, che stupita, aprì l' armadietto di metallo per riporvi le sue cose. Tutto taceva. Era circa mezzogiorno, ma nell' ospedale non c' era un singolo rumore, non un vociare, né il pianto di un neonato, così, in quel silenzio assordante, Greta si alzò per combattere la noia. Il reparto era praticamente vuoto, non c' erano bambini nelle culle, né infermiere che giravano. I carrelli pieni di guanti di lattice, siringhe, fiale più o meno grandi e medicamenti di ogni genere, erano lasciati incustoditi, qua e là nel corridoio. Dalle finestre delle camere e dalla grande porta a vetri dell' entrata, filtrava una forte luce, che ferì gli occhi già provati di Greta, che non potè fare a meno socchiuderli e ripararsi con l' avambraccio. Finalmente, raggiunse una camera isolata, posta in fondo al corridoio, praticamente vicinissima all' uscita di emergenza, da cui provenivano dei mugolii. La porta era semi aperta e la ragazza potè notare le culle in ferro dell' ospedale, dentro cui giacevano i bambini appena venuti al mondo. La cosa strana, è che erano tutti ammassati dentro quella stanza, invece di trovarsi nella sezione di neonatologia, dove sarebbero stati accuditi come si conviene. Greta tuttavia, notò che in angolo della stanza, era posta una incubatrice, c' erano pannolini e biberon pronti per essere utilizzati, ma appena si ripulì per l' ennesima volta gli occhi, dalla forte lacrimazione, la voce di una delle infermiere la fece sobbalzare : « Lei deve uscire immediatamente ! Non si può entrare qui, chi l' ha fatta passare ?» Greta si limitò a dire che aveva il desiderio di vedere i bambini e che sarebbe uscita immediatamente.? Tornò nella sua stanza, le ciabatte bianche erano ancora al loro posto ed il separé era immobile come prima. Decise che era il caso di riposare la vista e si mise a letto. Quando si ridestò era ormai scuro fuori. Le giornate diventavano sempre più corte, ed ormai, in pieno inverno, i pomeriggi sembravano notti. Guardò l' ora : le ventuno e quindici, e mentre guardava l' orologio, qualcosa la distrasse. All' inizio, Greta non capì di cosa si trattasse, o da dove provenisse, ma udiva un rantolo basso, una sorta di gorgoglio, che le causava un po' di fastidio. Dopo pochi secondi, realizzò che il suono molesto, proveniva da dietro il separé bianco. « S-Signora ? - provò a dire - Va tutto bene ? Le serve aiuto ? » Ma non ottenne nessuna risposta. Scese dal letto e avvertì immediatamente una forte inquietudine. L' atmosfera era diventata pesante e quel reparto deserto, le sembrò veramente spettrale, ora che non era più illuminato dalla luce del giorno. Si avvicinò alla fittizia parete divisoria e fece un passo laterale, per superarla senza spostarla, ma la voce squillante di una infermiera con i capelli raccolti, la bloccò : « No, non attraversi quella tenda signorina ! Questa è una paziente che ha problemi particolari, non può avere contatto con gli altri decenti, quindi si allontani immediatamente !». Greta un po' perplessa, eseguì l' ordine della donna col camice bianco e si sdegnò per il suo sguardo severo. ?Così uscì dalla stanza, seguita dalla vista vigile dell' infermiera che continuò a fissarla, quando vide che la ragazza si avvicinava alla porta dell' uscita di emergenza e quindi, alla camera dove erano rinchiusi i neonati. Guardandosi intorno, ma stando attenta a non farsi scorgere dalla severa collaboratrice ospedaliera, Greta finse di entrare in uno dei bagni nel corridoio, ma si nascose dietro la porta. Restò li immobile, cercando di capire se fosse ancora osservata. Passarono interminabili secondi, lunghi come un giorno intero e quando iniziò a credere che ormai la via era libera, un urlo squarciò il silenzio di quel reparto deserto. I vetri tremarono e il mostruoso grido le fece raggelare il sangue nelle vene. Non era una voce umana, non poteva esserlo, rumori di rigurgito ed immondo viscidume seguirono quel grido inumano. Greta, sbiancò in viso ed il bruciore agli occhi le parve una inerzia, in confronto alla paura che le faceva esplodere il petto e pietrificare le membra. Corse via, tornò nella sua stanza. Le lacrime colavano dense dagli occhi arrossati, le rigavano il viso e il gonfiore, non le permetteva di distinguere bene le figure, ma ciò che intravide, tra le sue ciglia fradice, le squarciò l' anima. Il separé bianco era accasciato a terra, delle macchie rosse ne coloravano macabramente il bordo inferiore, seguendole con lo sguardo, Greta scorse goccioline di liquido scarlatto, che colavano dalle lenzuola, finendo dentro una delle ciabatte bianche, poste al lato del letto, su cui era seduto un incubo : Il suo viso era bianco, troppo bianco, tanto da sembrare irreale, tentacoli sottili e viscidi, spuntavano da ogni parte del suo corpo, coperta completamente di sangue ed un liquido molto denso e trasparente. Non poggiava la schiena contro il cuscino, ma restava seduta, rigida, non mosse neanche un muscolo, tanto da sembrare di plastica, ma si limitava a tremare, con il viso verso l' alto. Gli occhi senza pupille, erano cerchiati di nero e la cosa che più di ogni altra, distrusse la lucidità mentale di Greta, fu la visione di una lingua lunga e sottile, viscida e ricoperta di melma trasparente, intenta a portare verso le zanne, una piccola manina, piegando il piccolo braccino, all' altezza del gomito. Solo allora, la donna demoniaca abbassò la testa, piano, guardò Greta con i suoi occhi vuoti senza scomporsi, la bocca contratta in un sorriso raccapricciante, nero e gelido, che lasciava intravedere le file di denti affilati e assetati di sangue giovane. Greta rimase senza respiro dinnanzi a quel' osceno spettacolo, tremando, con gli occhi spalancati e la bocca aperta in una smorfia di terrore, riuscì appena a fare un passo all' indietro, poi l' essere inclinò leggermente il capo e, con il collo che si allargò e gonfiò, come il corpo di un serpente, ingoiò il suo mostruoso boccone. A quel punto, Greta riuscì a vedere l' infermiera dal viso severo, che la colpiva alla testa.? Si risvegliò l' indomani. La testa e gli occhi le dolevano come non mai. Provò a toccarsi la testa, ma non ci riuscì. Si rese conto di avere gli arti legati al letto. Non si trovava sulla branda da lei scelta, vicino alla finestra, ma su quello accanto alla porta, proprio ai piedi, del giaciglio della creatura. La ragazza alzò gli occhi, la donna demoniaca era ancora li, immobile, come il giorno prima, non poggiava la schiena al cuscino, né piegava il busto, era ferma, tenendo rigida la schiena e ancora una volta, le parve di plastica. Solo i tentacoli che uscivano dal torace del mostro, facevano dei piccoli movimenti, alzandosi e scuotendosi, facendo schizzare la sostanza trasparente, tutto intorno al letto, che era ancora orribilmente decorato da grandissime macchie di sangue?. Nella camera, con la porta chiusa, due infermiere, tra cui Greta non riconobbe quella dal viso severo, stringevano un bambino. La ragazza legata urlò, dimenandosi nel tentativo di liberarsi e scappare da quell'orrore, ma una delle infermiere, si avvicinò a lei, con una siringa piena di uno strano liquido, mentre l' altra, porgeva il lattante alla creatura. Quando si ridestò, era a casa sua. Sua madre accanto al letto e tutto era normale. Niente mostri, niente bambini. Andò in bagno e vide i suoi occhi normali, allora si rese conto che il dolore era scomparso. La madre le disse che dormiva da giorni, forse per i tranquillanti, ed era ora che si svegliasse ormai ! Così la ragazza tirò un sospiro di sollievo, possibile che sia stato tutto un sogno ? Era quello che voleva credere. Dopo circa una settimana, la sua vita era ripresa normalmente, ma si sentiva sempre osservata, quando camminava si guardava sempre intorno, e sentiva strane presenze, di cui non osò mai fare parola con nessuno, che la fissavano, dai vetri e dagli specchi. Poi una sera, prima di una importante interrogazione, Greta, era sola in casa. C' era qualcosa dietro di lei. Strusciava contro la porta. Il terrore la pietrificava e all'improvviso, un tonfo la fece sobbalzare. Nell'aria si udì una melodia struggente, poi un rumore di passi, inconfondibile : Uno, due, tre, quattro, cinque....uno, due, tre...non si poteva sbagliare, c' era qualcuno o qualcosa dietro di se. Greta, con il cuore in gola si girò...Non riuscì a vedere altro che delle fauci che si scagliavano sul suo viso, sentì il fetore di quell'alito immondo e il sudiciume della saliva colava sulla faccia, mentre era immobilizzata dal morso del mostro. Un ultimo, potente e straziante rantolo, poi il buio.

                                                                                                            FINE Anthony Weird, 2014

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