mercoledì 28 settembre 2016

martedì 27 settembre 2016

Askesis - "The Path to Absence” - Recensione Album #9


A cura di Anthony

La band “Askesis”, viene da Venezia e ci propone un Blackned Death metal a tinte molto oscure e grezze, che richiamano le tenebre del death metal svedese. Oggi ci propongono il loro Ep di debutto “The Path to Absence”, dalla copertina in bianco e nero, molto “Lovercraftiana”, quindi, senza troppi giri di parole, mi accingo ad ascoltare i cinque pezzi che lo compongono.
Ad aprire le danze è “Prayer to the Void”, arpeggio decadente, misto ad una melodia glaciale e spinosa, appare subito palese una produzione molto anni '90, e il richiamo al death metal di stampo svedese è innegabile. Le vocals vanno confondendosi tra i giri di chitarra che non faticano ad aprirsi senza lasciarsi sedurre dalle alte velocità, nonostante la doppia cassa martellante, si resta comunque su territori non pregni di malvagità, ma è una cattiveria profondamente legata a territori decadenti e malinconici, dove un misto di questi due sentimenti così potenti, vanno a mescolarsi in un modo perfetto. Rispecchiano infatti perfettamente il senso di delusione mista a rabbia che si prova, dopo una brutta esperienza. La cosa cambia totalmente con la successiva “The Triumph of Gravity” ed il suo riff oscuro. Qui la malinconia viene totalmente messa da parte ed è la cattiveria controllata a farla da padrone. Blast Beat chirurgici, pugnalano l' addome contornati da un tappeto di chitarra e basso pregni di tenebre, dove fanno le veci di una ambientazione orrorifica, soprattutto quando le lyrics si trasformano in una risata malefica, espediente che si ripete nella seconda parte del pezzo, e che riesce sempre a fare effetto. Il brano poi prosegue lungo un fiume alternante, creando riff dinamici, che non hanno paura di osare e come un lungo e grosso serpente, sinuosamente e inevitabilmente, si avviano alla fine. “Disgust Paralysis” col suo riffing dinamico e assolutamente Black metal, cattura immediatamente l' ascoltatore e si fa amare grazie ad un drumming efficace, preciso ed in linea con il genere proposto. Un ritmo sostenuto che mi accompagna piacevolmente lungo il brano, ed il primo rallentamento arriva dopo un bel po' ! La band sta ampiamente dimostrando di conoscere bene il genere e di sapersi districare egregiamente, gli Askesis hanno trovato la loro dimensione, il loro stile e riescono a ripresentarlo immutato pezzo dopo pezzo, anche in brani dalla notevole durata, come la numero quattro “Noluntas Storm”, che rasenta i nove minuti. Brano che richiama la prima “Prayer to the Void”, dove torna la vena malinconica dei veneziani, in una intro che sa di doom metal, che poi sfocia in una carica esplosiva e assolutamente pregna di rancore, un brano splendido che riesce a catturare l' attenzione già dalle prime note, con riffing dinamici e tempi andanti, che sono perfetti per la sede live. Sorretta da un basso molto presente in questa fase e potente quanto basta, la chitarra riesce magistralmente ad unire rabbia e cattiveria con disperazione e sentimenti più depressivi, che si rincorrono e si nascondono dietro alle vocals rabbiose e un drumming che pare scandire i rintocchi che mancano alla fine, con una tensione costante e il gelido orrore che questo brano magnifico, si porta dietro.
Arrivo quindi all' epilogo di questo “The Path to Absence”, con l' ultimo brano “Dancing on the Grave od Consciousness” ed i suoi rintocchi iniziali, in una intro che riporta alla mente i giri di Tony Iommi, ma in chiave assolutamente più metal e più grezza, tutto ciò, prima di entrare nel vivo con un riff black scandinavo, gelido e circolare, brano che in linea di massima, non aggiunge niente di nuovo alla prova degli Askesis, se non confermare le ottime capacità dimostrate e la conoscenza di cosa realmente ci accingevano a suonare. Una prova degna di nota quindi quella di questi ragazzi veneti, tenendo presente che si tratta comunque di una produzione underground, grezza e per niente cristallina, ma secondo me è un bene, assolutamente in linea con il genere proposto, un debutto entusiasmante per una band da tenere d' occhio, per i lavori futuri. Lo consiglio a chi ama il genere e a chi si nutre di metal estremo.

8 – 10
Anthony

Line Up :
Julian: vocals
Nadia: guitar
Laura: bass
Sam: drums

Genere .
Blackned Death Metal

Paese :
Italia

Città :
Venezia

Discografia :
"The Path to Absence” (Ep 2015)

Contatti :


sabato 24 settembre 2016

Fenix Tales - "The Abyss Eye" - Recensione Metal #8


A cura di Margoth

In questo momento di transito in cui l'estate spensierata abbandona le scene ecco che l'abbraccio autunnale ci avvolge portando con se le sue tinte oscure e malinconiche. Ed è proprio su questa scia che i "Fenix Tales" colorano la loro musica. La band Symphonic-Goth Metal fiorentina, fondata nel 2008 dal tastierista Marco, ci propone il full-lenght di debutto "The Abyss Eye". Mentre mi accingo ad inserire il CD nel lettore, mi soffermo ad osservare l'aspetto e la cura del Jewerly Case, dove una fenice fiammeggiante utilizzata come cover art, spicca su un fondo scuro. Essendo una persona molto curiosa, ogni qualvolta ricevo un album, non riesco a trattenermi dalla voglia di fiondarmi sul booklet interno, ed i Fenix Tales hanno deciso di dedicare a quest'ultimo solo un paio di pagine, in cui sono presenti una piccola biografia, la line-up e una foto della band; questo mi lascia spiacevolmente delusa, avrei preferito un booklet con tutti i testi presenti nell'album, in modo da poter avere un primo impatto sulle tematiche affrontate, cosa che spesso molti "ascoltatori" tendono a tralasciare. Senza lasciarmi avvilire dall' aspetto tremendamente semplice ed essenziale, che nel complesso caratterizza l'estetica del Jewerly, d'altronde "il libro non si giudica dalla copertina", inizio ad ascoltare la prima track. Il disco si apre con "Once Upon A time", intro che riesce immediatamente a catapultare l'ascoltatore nella dimensione oscura della proposta musicale della band, con orchestrazioni cupe e classicheggianti che danno spazio successivamente al secondo brano, "Friendly Darkness", in cui si erge il manifesto canoro di Lucia, soprano lirico dal timbro limpido e potente, che accenna un lieve ricordo alla ex cantante dei Nightwish, Tarja. Il brano è suddiviso in diversi momenti, alcuni più lenti dal tono angosciante e drammatico, dove il carattere operistico e classico elargisce maggiormente e che si alternano ad altri in cui la componente metal si integra sapientemente senza risultare eccessivamente irruente. "Confutatis Maledictis" è introdotta da un recitato in latino capace di suggestionare sin dalle prime note, la dinamica è caratterizzata da melodie inizialmente lente e che procedono in un crescendo dove la voce, sempre in primo piano, è alternata a riff di chitarra energici; di impatto sono anche le influenze “arabeggianti” che rendono la struttura del brano ancora più magica ed intrigante. "War" rievoca suoni di guerra, campane a suon di morte ed una malinconica pioggia scrosciante, il tutto incorniciato da splendidi vocalizzi ed un sottofondo pianistico. In seguito "Paths" il cui sospirato non è nient'altro che un miraggio soffocato dalle sonorità che acquisisce inaspettatamente questo brano, denota un carattere più aggressivo e potente. Nella title track "The Abyss Eye" la melodia vocale sembra richiamare il violino di Federico che istintivamente sembra lasciarsi ammaliare, rispondendo al suo fascino. Un intreccio particolare, seducente, in un' atmosfera macabra e pregna di mistero. La nota amabile è data da "LCI", dove un pianoforte accompagna la melodia dolce e armoniosa della voce, un pezzo lento, affascinante e suggestivo al tempo stesso. L' ultima track "Dolls" è esaltata dalla presenza del violino, che in solitudine canta su di un tenue tappeto sinfonico in cui senza preavviso, si inseriscono prepotentemente, avvalendosi di riff scattanti, le chitarre insieme alla batteria.
I Fenix Tales sono un gruppo di elevato spessore, le cui influenze richiamano gruppi come Epica, Lacrimosa, Therion e che si avvale di componenti tecnicamente preparati, di grande maestria e professionalità, ben distanti dal concetto di Symphonic Metal che negli ultimi anni sta dando alla luce band prive di identità, prede del "riciclo" e malpredisposte nel convincere chi ha fatto del metal "serio", il proprio stile di vita. Con un sound oscuro e a tratti più aggressivo delle chitarre e della batteria, unito alla dolcezza delle sinfonie e della voce da cui emerge un' eleganza ed una finezza nota a poche band, le uniche pecche sono probabilmente le scelte dei suoni della chitarra, che all' ascolto risulta un po' secca e la resa sonora della batteria, che risulta poco convincente; nonostante questo ho fiducia nel poter seguire l'evoluzione musicale della band, che sicuramente ci riserverà ulteriori sorprese per il futuro.

7 – 10

Margoth

Line Up :
Lucy Lucia Liù- voice
Alex - bass
Simone - drums
Federico - string
Niccolo' - guitar
Marco - keys

Genere:
Symphonyc Metal

Pese : Italia
Città : Firenze

Discografia:
The Abyss Eye - Fulll-lenght (2015)


Contatti :


mercoledì 21 settembre 2016

Feto Morto - Recensione #28



A cura di Anthony

Io di roba estrema ne ho vista, demenziale pure... e anche dei bei pipponi trash che facevano imbarazzare anche lo spettatore, ma quando trovi qualcosa che racchiude tutto questo, amplificandolo per mille, bhè... allora davvero resti senza parole !
Il “film” (eh si, le virgolette sono d' obbligo) brasiliano in questione, è “Feto Morto”, un enorme calderone di non-sense, che gioca a fare l' estremo con un budjet sotto zero e quattro “attori” scalmanati che ce l' hanno a morte con i bambolotti...
La trama, si svolge intorno ad un ritardato che ha una bambola in testa, si, gli esce letteralmente un bambolotto dal lato sinistro della testa (…), che prende un sacco di mazzate da tre metallari che poco prima avevano ucciso diverse persone per puro divertimento “satanico” (evvai di stereotipi), tra cui il solito Ciccio Bello calpestato che dovrebbe rappresentare un infanticidio. Comunque questo tizio ritardato, tra masturbazioni, vomito ed omicidi vari, intraprende un viaggio per addestrarsi ed ottenere la sua vendetta.
Con effetti speciali inesistenti e scene buttate dentro a caso, tutte condite da Slamming Brutal Death Metal e Grindcore, questo non è altro che un delirio di circa un ora, che vuole fare l' estremo, con scene ridicole, come ad esempio peni taglienti come coltelli che, insieme alle braccia, si stacca manco fossero tenuti insieme al corpo con lo sputo... avremo il già citato Ciccio Bello “ucciso”, il ritardato che si viene in faccia da solo guardando un porno, una bella gnocca brasiliana che però si lecca un assorbente mestruato e poi si rotola nel vomito... un ciccione che si diletta in un concerto di peti e rutti, un prete cocainomane a cui un' auto passa sulle gambe, amputandogliele e una scena che pare la parodia di Karate Kid, in cui il protagonista (con tanto di bambola in testa, ricordiamolo), sarà addestrato alle arti marziali da un “maestro” mistico, che pare tanto la brutta copia del “Para-guru” de I Soliti Idioti, grazie ai cui insegnamenti, potrà eliminare i metallari satanici.
Un totale spreco di pellicola che vuole fare il verso allo slapstick più malsano, ma che fallisce su tutti i fronti, unico punto a favore, è la capacità del film di non prendersi sul serio, di voler in qualche modo, essere la parodia di se stesso ed il tutto si palesa nella scena finale, molto divertente, dove una metallara tatuata, che fa le faccende domestiche tette al vento, va a coccolare un neonato, che altro non è che una caricatura di un bambino in stile “Colorado” di Italia 1, cioè, con la faccia dell' attore con tanto di cuffietta, sul corpo di plastica di un “bambino”. La scena si fa sorridere sia per le smorfie del neonato che pensa alle tette, sia per via che, eccitato dai ballonzolamenti, tira fuori un pene più grande di lui...
Che dire... in ultima analisi, è qualcosa che per fortuna dura poco... se volete vederlo, prendetelo per quel che è, una accozzaglia di scene “rivoltanti” senza la minima concezione di cosa sia il cinema, di cosa sia un SFX e di cosa sia una trama ed una sceneggiatura, ma se non avete un ora da perdere, allora passate oltre, perché tanto, questo non è altro che un “filmdemmerda”.


Anthony

sabato 17 settembre 2016

Martyrs - Recensione #27



A cura di Anthony

Ho visto molte recensioni di questo “Martyrs”, film francese del 2008 di Pascal Laugier, e tutte parlavano di quanto fosse bello, di quanto fosse sensazionale. Non avevo mai letto niente della trama prima di vederlo, nulla, ho evitato ogni spoiler, ogni riferimento proprio al tema stesso trattato, proprio perché volevo godermelo frame per frame. In effetti, mi sono trovato un film che è totalmente qualcosa di inaspettato. Parte come un film sui bambini abbandonati, qualcosa alla “Orphan” per fare un esempio, per poi apparire come un horror blockbuster di serie B. Non avete idea di quanto questo sia lontano da ciò che Martyrs è realmente !
Io... vorrei cercare di non fare spoiler, ma dovrei chiudere qui la recensione e smettere di scrivere in questo momento... ma non posso farlo, non posso farlo perché ho delle cose da dire su questa pellicola, cose che non ho mai trovato in nessun altra recensione e non mi spiego il motivo, sinceramente.
Innanzitutto, partiamo dalla trama : Una ragazzina, Lucie, scappa via da un vecchio capannone abbandonato, mezza nuda, piena di ferite, mentre piange e chiede aiuto. Subito dopo, vediamo una ripresa, forse della polizia o di una troupe televisiva, che mostra dove Lucie è stata tenuta segregata per più di un anno. Una stanza buia, una sedia forata e delle catene, poi ci viene detto che nonostante le violenze subite, non ha subito abusi sessuali. Quindi degli aguzzini, hanno tenuto la ragazzina in un posto dimenticato da Dio, per torturarla e sfogare su di lei ogni tipo di violenza ma, che stranamente, non l' hanno violentata. Lucie viene data in affidamento ad una specie di ospedale psichiatrico infantile, dove farà amicizia con Anna, un' altra bambina ospite del centro, che le starà molto vicino e la aiuterà a superare lo shock per il trauma subito e le starà vicino per il suo autolesionismo. Dopo di ciò, avremo un salto temporale di ben quindici anni e vedremo una famiglia felice fare colazione in stile “mulino bianco” e, quando suoneranno alla porta, la favola avrà fine, perché qualcuno fa irruzione in casa con un fucile da caccia e stermina la famiglia. E' Lucie, che subito dopo telefonerà ad Anna, dicendole che era sicura, che erano stati loro, proprio quella famiglia a torturarla quindici anni prima, ed infatti, mentre Anna cerca di ripulire il massacro fatto da Lucie, trova (in una scena raccapricciante), un' altra ragazza incatenata e ridotta a larva, nel sotterraneo di questa casa, e la libera provando a salvarla, a curarla e liberarla dall' incubo, confermando quindi, ciò che diceva Lucie.
Quindi ? Tutto qui, film finito ? E no, se così fosse, il film sarebbe durato dieci, quindici minuti scarsi, invece no, c'è dell' altro... eccome !
Con una regia veramente particolare e dinamica, il film non annoia, non da momenti in cui puoi pensare di aver compreso dove andrà a parare, perché nel momento in cui arrivi a pensarlo, allora ecco che il film cambia totalmente registro narrativo. Cambia tutto, il ritmo, la regia, persino la fotografia, con continui colpi di scena originali e del tutto inaspettati. La trama principale stessa è terrificante... sapete quante persone scompaiono nel mondo ogni anno, senza lasciare traccia ? Una infinità, basta fare una rapida ricerca su google per rendersene conto. Tra vittime politiche, vittime di sadici assassini... e quindi, è possibile anche questo, anche una storia come quella di Martyrs, che odora di “deep web” e sadismo su commissione, tipo snuff movie. Un argomento certo, fin troppo trito e ritrito nel cinema horror, ma che ha sempre un certo fascino tutto particolare. Quindi, il fatto che sia tutto “possibile”, tutto “reale” e la cronaca spesso ci riporta purtroppo, casi di rapimenti e violenze, rende il tutto più spaventoso... ma non sarebbe niente, se non fosse per la grande maestria con cui il film è realizzato.
Purtroppo mi devo trattenere, perché ogni parola di troppo che dico, può rovinarvi una sorpresa fantastica... Vi dico solo che ad un certo punto del film, la figura di Pinhead ha iniziato a darmi dei colpetti di gomito nel fianco. Si, perché il richiamo ad Hellraiser è palese.

Non vi sto a raccontare altro della trama, ma il raggiungere “uno stato di illuminazione”, ascendere, ad un livello trascendentale di coscienza, a metà tra vita e morte e quindi, una dimensione dove il dolore non è più sofferenza estrema, ma un modo per elevarsi, un mezzo per ascendere ad un livello di coscienza dove il dolore si fonde e si confonde, dove il tutto è un martirio, come dice il titolo stesso... Ora però non saprei davvero che altro dire senza rovinarvelo... quindi a malincuore, chiudo qui... sappiate solo che è un Horror nel vero senso della parola, spaventoso, terrificante, profondo e non si tratta di uno splatter, non è un Torture Porn, assolutamente no, non lasciatevi ingannare dalle descrizioni, non è un film d' esploitation, è uno shock movie a mio avviso, ma non per l' estremismo visivo... l' estremo raggiunto da Martyrs è di altro tipo... Vedere per credere...e comprendere !

Anthony  

venerdì 9 settembre 2016

Blodiga Skald - "TEFACCIOSECCOMERDA" RECENSIONE ALBUM #7



Prima di lasciarvi a leggere la recensione seguente, volevo dare il benvenuto nella Stanza B-151 ad una nuova e graditissima collaboratrice, Margoth, che da oggi inizierà la sua avventura nei meandri più oscuri dell' arte... Spero che possiate apprezzare il suo lavoro. Buona lettura !
Anthony

A cura di Margoth

Se vi starete domandando cosa ci faccia un gruppo folk in un blog dedicato al lato estremo dell'arte, non lasciatevi ingannare dalle apparenze...
E' con i  Blodiga Skald che abbiamo deciso di inaugurare definitivamente lo spazio  dedicato al folk metal la cui parentesi era stata introdotta già con i  suggestivi "Emian Pagan Folk". La band romana nasce nel 2014 da un' idea del batterista Nicola Petricca e del chitarrista Daniele Foderaro a cui si aggiungono quasi immediatamente il cantante Anton Caleniuc, la tastierista Ludovica Faraoni e il bassista Emanuele Viali.  Nel novembre 2015 incideranno il loro primo Ep contenente 4 brani ed intitolato "Tefaccioseccomerda" che in un clima Tolkieniano fatto di elfi, umani ed altre creature fantastiche... No. Non è proprio il caso ! Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, questo gruppo non si limita alle solite tematiche fantasy, al culto della sbronza tipico del folk, anzi... non appena saremo intenti ad avvicinare il boccale di birra alla nostra bocca, un "simpatico" orco spunterà dietro la nostra nuca  e con un colpo secco ci catapulterà  brutalmente in un mondo sanguinolento dove orchi spaventosi si divertono a torturare e sottomettere esseri umani e non solo. Su questa scia cruenta il primo brano "Blood and feast" introduce la rude natura degli orchi, un brano speed  in cui le tastiere e la fisarmonica si intrecciano tra loro perfettamente creando un clima di festa che  impedirà anche ai più timidi di restare fermi e travolgendo tutti in un incessante "headbanging" rozzo e squilibrato! Approfittando dell' adrenalina che oramai circola in tutto il mio corpo mi tuffo in "Latin fear" il cui growl rude mi diverte e continua a lasciarmi soddisfatta oltre al piacevolissimo intermezzo che vede la fisarmonica ed il mandolino protagonisti.  Senza avere il tempo di brindare con i calici colmi di sangue umano " No Grunder No cry" esplode con tutta la sua potenza devastante in antitesi alla scia malinconica  e struggente che porta con se, commemorando la morte dell' orco Grunder. In questo pogo sudicio di sangue, morte e sbornie i nostri orchi ballano il loro ultimo "Valzer of Disgrace", oramai l'umanità è completamente sottomessa e i nostri orchi danzano in questo brano solenne dalle tinte forti ed oscure in cui le orchestrazioni ricevono il loro dovuto spazio senza comunque screditare gli altri strumenti ne distruggere lo stile folkeggiante caratteristico  e metal  che ho avuto il piacere di ascoltare fino ad ora.
Ancora intenta a dimenarmi pigio nuovamente il tasto play e quando mi accorgo che questo breve ma intenso viaggio è arrivato alla conclusione, mi rendo conto  che i  "menestrelli sanguinosi"  hanno lasciato un po' di "orchezza" anche in me. Come ho già lasciato trapelare dai miei commenti, il lavoro dei Blodiga Skald mi ha lasciata sorprendentemente soddisfatta, una release d'esordio più che ottima fatta di pezzi validi che  traggono ispirazione dai grandi nomi come Ensiferum, Korpiklaani, Arkona e Finntroll,  risultando comunque molto particolari e di un' identità ben ponderata. Non ci resta che scoprire in quali terre e in quali mondi avremo la fortuna di essere trasportati, con la speranza che si eviti in futuro di cadere in trappole che spesso penalizzano molti gruppi folk, ovvero banalità, mancanza di innovazione e  perdita di personalità.
Voto 7,5

Margoth



Line Up :
Urlatore - Anton "quello scarso" Caleniuc
Strimpellatore - Daniele "barbaro saccente" Foderaro
Fisarmonichella e Tastieraia- Ludovica "gloriosa in frattaglia" Faraoni
Zappatore - Emanuele "cosa ci faccio qui" Viali
Percussionante - Nicola "don tamburello" Petricca

Genere:
Folk/Pagan Metal

Paese : Italia

Città : Roma

Discografia :
TEFACCIOSECCOMERDA (Ep 2015)

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