venerdì 5 febbraio 2016

The Bunny Game - Recensione 21



Poter vedere il/la suo/a cantante preferito, come mamma l' ha fatto/a, è un sogno di molti, me compreso, quindi, di sicuro i fan della bella Rodleen Getsic, avranno apprezzato la sua performance da attrice e le sue scene esplicitamente porno, considerando che la cantante statunitense, non è stata solo l' attrice protagonista, ma anche la produttrice del film in questione. Tutto ciò, a patto che, riescano ad sopportare la visione di un film disturbante come The Bunny Game.
La trama è presto detta : Nella lunga introduzione, conosciamo Bunny, una ragazza cocainomane, che si prostituisce per procurarsi la dose. Si fa talmente tanto che a volte sviene e finisce per essere derubata dai suoi stessi clienti, un giorno, la carica un camionista sul suo mezzo e da li inizia l' incubo vero e proprio :  Bunny viene legata nel retro del Tir e ne subisce di tutti i colori.
Inutile dire che la violenza è ovunque. Il film stesso si regge sulla violenza e sulle scene disturbanti, ma non aspettatevi grandi perversioni, sangue e sbudellamenti, qui siamo anni luce lontani da prodotti come August' s Underground Mordum o Melancolie Der Angel. Il sangue è quasi assente, tutta la violenza del film, è psicologica, ci piangeranno gli occhi, nel vedere Bunny ridotta una larva, nelle mani di un aguzzino senza scrupoli. Ridotta ad un oggetto sessuale, una disumanizzazione totale e completa, che raggiunge il suo apice forse, nella camminata scoordinata della ragazza, verso le scene finali, ma non voglio spoilerarvi più del dovuto, anche se, non esiste qualcosa da "raccontare", nel vero senso della parola. La storia del film, si ferma alle due righe sopra citate e tutto il resto è da vedere e stop.
Quello che rende l' opera davvero insopportabile, è il reparto audio. Ora veniamo accompagnati da pezzi di metal estremo che ricordano Gummo, ed un minuto dopo suoni digitalizzati e Dark ambient, ci massacreranno i timpani, in un tripudio kakofonico arricchito dai pianti e dai lamenti di Bunny, sempre in primo piano. Il Weird qui, sta nella realizzazione, più che nelle immagini mostrate, che sono tutto fuorché surreali o deviate, ma il montaggio a contrasto, le luci sfarfallanti e soprattutto quel bianco e nero così opprimente eppure pulito, tanto da sembrare tratti a matita, rendono The Bunny Game, una pellicola che trascende il Weird, per diventare parte di esso o ancora, figlio di esso. Figlio di una bizzarria tecnica, che trasforma un Torture Porn, in un film che vuole farsi notare, uscire dai soliti giri underground e raggiungere il pubblico che sappia apprezzarlo anche alla luce del sole, con movimenti di camera claustrofobici e una camera a mano che non lascia respiro. Il tutto è confuso e allucinato, anche nelle scene statiche, lo schermo continuerà a muoversi, non lasciandoci un secondo per riprendere fiato. Un film coraggioso che sa osare e non ha paura di farlo. Bunny, nelle mani del suo carnefice, diventa inerme, un oggetto e l' atto di rasarle i capelli, la priva della sua salute, prima ancora della sua vita. Un corrodere, scavare un centimetro alla volta, nella mente e nel corpo malato di questa giovane.
Una critica negativa che si può fare a The Bunny Game, è che a volte è davvero pesante e  soprattutto nella prima parte, il rischio noia è alto, inoltre, le sevizie non sono niente di originale, né di così estremo, ci sono film che hanno superato realmente qualsiasi eccesso, nel mostrare torture, stupri e violenze, ma probabilmente, non è il film adatto per far correre la fantasia su prati perversi, avrebbero sicuramente distorto l' attenzione dal senso reale ed artistico del film..
Il messaggio è potente eppur confuso, non è palese se ci troviamo davanti ad un' opera che vuole criticare il mondo degli esperimenti sugli animali (La protagonista Rodleen Getsic, è una nota attivista per i diritti degli animali), oppure se voglia condannare il sistema medico ed i suoi lavoratori. Sta di fatto, che è un film che andrebbe visto, soprattutto da chi, paradossalmente, non sopporta la violenza su pellicola.
                                                                                                        Anthony