mercoledì 22 luglio 2015

Soluzioni - Racconto 6




...cosa siamo e da dove veniamo sono concetti sui quali l'umanità ha sempre cercato soluzioni logiche che dessero una risposta definitiva al quesito.
Ma chi ha mai interpellato tutti coloro che per un motivo o per un altro hanno abbandonato il consueto schema di pensiero ed hanno ceduto alla follia ?
Quanti sono disposti ad immergersi nella mente dei folli per capire cosa esiste al di la di tutti quegli schemi così strani ?
E' il caso del dottor Erric, figura di spicco nel mondo della medicina, deciso a scendere nei meandri della pazzia.
La sua teoria era semplice, era convinto che la vera risposta a tutti i quesiti del mondo fosse proprio nella mente dei pazzi, che, sempre secondo lui, avevano la possibilità di vedere cose che al resto dell'umanità sfuggiva.
Tutto si basava su alcune credenze antichissime secondo le quali i pazzi fossero in contatto con gli dei.
Che il dottor Erric fosse diventato un pò eccentrico dopo la morte della moglie era noto a tutti, ma continuava ad essere brillante, tuttavia aveva iniziato ad interessarsi quasi in maniera morbosa alla pazzia.
Nessuno lo criticava, e nessuno lo biasimava, forse aveva solo bisogno di tempo e questo suo interesse nel peggiore dei casi non avrebbe portato a nulla.
Ma ad un tratto la stangata, Erric si ritira dalla carriera, svanisce nel nulla.
Nella solitudine della sua nuova casa conduceva esperimenti sui folli, diventandone quasi uno di essi, e non erano pochi i quali per lo più morivano nei suoi tentativi di scovare i processi mentali dietro ogni loro azione.
Il suo tentativo più misero e più folle fu quello di chiudere sei pazzi violenti in una piccola stanza per vedere secondo quale motivo o pretese avrebbe avuto luogo una rissa.
Rissa avvenuta per nulla, e come risultato lesioni a questo o quel povero diavolo.
Non andava bene, Erric trascorreva le sue giornate lambiccandosi il cervello in cerca della risposta.
Della soluzione.
Dopo altri tre anni di meditazione sulla questione, ebbe la sua ultima idea.
Egli doveva diventare la cavia di se stesso, entrare nella pazzia come diretto protagonista, scendere dalla tribuna e diventare egli stesso un folle.
Dopo qualche ultima ricerca apprese da alcuni studi di nicchia, ancora più folli dei suoi, che esisteva una follia fittizzia, inducibile tramite farmaci, così ebbe inizio il suo viaggio, si pose sotto coma farmacologico e collegandosi a numerosi macchinari che lo avrebbero tenuto in vita per decenni senza che lui muovesse un muscolo, insomma, l'unica sua parte realmente attiva sarebbe stata la mente.
E così fece.
Esattamente dieci anni dopo venne ritrovato ancora intubato ed in vita, ma irriconoscibile, motivo per il quale gli affibbiarono il nome fittizio di J,
J era vivo ma in coma e nessuno osava svegliarlo, perchè nessuno sapeva per quale motivo clinico era stato posto in quello stato, poteva benissimamente un malato terminale il quale pagando fior di mazzette si era fatto trasportare in quel poco dimenticato dal mondo e lasciato in balia del coma.
Durante i successivi anni nessuno aveva riconosciuto il famoso dottore, e si decise di svegliare J, per capire chi fosse, per capire da dove provenisse ed ogni sorta di spiegazione.
Nessuno sapeva da quanto fosse in quello stato, e non sospettarono minimamente un coma indotto decennale.
Tuttavia ogni tentativo di svegliarlo furono inutili, iniezioni varie e terapie addirittura che rasentavano la violenza valsero a poco e non scalfirono nemmeno quel sonno.
Fino a che una notte l'ospedale in cui era stato trasferito venne squarciato da un urlo disumano, sembrava scuotere le fondamenta del mondo stesso.
Tutto il personale si precipitò da J, lo trovarono ancora urlante, e quando furono li la visione li raccapricciò, J aveva gli occhi iniettati di sangue e li guardava con un'espressione di paura, disgusto e spregio difficile da decifrare.
L'unica cosa certa era che era terribilmente inquietante, tanto da far fuggire a gambe levate gran parte dello staff medico, ed i pochi che ebbero il coraggio di avvicinarsi cercarono di sedarlo, ma era impossibile.
Dopo quella che parve un'eternità J rimase zitto ed immobile.
Rimase li a fissare il muro davanti a se, ad occhi spalancati e non accennava a muoversi in alcun modo o a proferir parola di alcun tipo.
Sembrava ricaduto in un coma molto peggiore.
Nessuno era cosciente della pazzia in cui l'ex dottor Eric avrebbe tirato quella piccola struttura, di li a poco l'inferno era impaziente di riversare il caos e la follia.
Un tuono squarciò il cielo ed illuminò la stanza.
Era notte fonda e J era li seduto, e dopo un lampo era in piedi, era diventato così esile da ispirare innocenza ed una indole innocua, ma al contrario, aveva serbato le forze per mostrare al mondo ciò che aveva visto lui.
Quella era la sua notte.
Le infermiere che facevano il turno di notte sarebbero state le prime vittime del suo folle piano che ancora nessuno conosceva.
Fece squillare il campanello di emergenza e subito due infermiere arrivarono in soccorso del paziente, ma ciò che trovarono fu un letto vuoto.
J sembrava scomparso, ma dopo un attimo le due si sentirono afferrare la testa e poi il silenzio.
Prese le due sventurate ed inziò a trascinarle nel silenzio più totale in uno sgabuzzino degli inservienti.
Ebbe anche la buona premura di legarle ed imbavagliarle, tutto mentre sogghignava soddisfatto, infatti di li a poco quello sgabuzzino avrebbe contenuto ben più di quelle due infermiere, ma l'intero staff medico, come anche qualche paziente più "volenteroso".
In quel preciso istante però sentì una sirena ed ebbe un'illuminazione, utilizzare un'ambulanza per trasportare il suo "occorrente" in un luogo disabitato di cui aveva memoria per mettere in atto il suo progetto.
E così fece, perchè dopo poco era già di sotto nel deposito dove colse di sorpresa i due addetti all'ambulanza e dopo averli tramortiti,caricati insieme alle infermiere, chiuse il vano posteriore e partì a caccia del restante staff.
La sua caccia durò relativamente poco, e alle prime luci dell'alba aveva un'ambulanza carica di risorse umane.
E le avrebbe utilizzate per compiere la più grande opera medica del secolo.
Giunse così in un capanno abbandonato ed uno ad uno scaricò i corpi delle sue vittime sul pavimento nel capannone.
Li distese uno di fianco all'altro, erano in tutto dodici persone, dall'ambulanza recuperò delle sacche da flebo e le riempì della stessa sostanza che fu usata su di lui per indurgli il coma, ma questa volta vi aggiunse il proprio sangue.
Ecco, ora anche loro avrebbero visto tutto ciò che aveva visto lui, tutti avrebbero capito quanto la fine fosse vicina, e quanta sofferenza aveva provato lui.
Tutto questo però non lo avrebbe visto, aveva compiuto la sua missione e volgendo gli occhi al soffitto diroccato si recise la carotide con un paio di forbici, e mentre la vita lo abbandonava sorrise come se ora tutte le sofferenze ed il male accumulato avessero fine.
Ora però dodici persone erano li in preda di chi sa quale delirio.


Sei settimane dopo si svegliarono.
Non accadde nulla, a parte il fatto che si distribuirono in maniera sparsa lungo la stanza, non facendo nemmeno caso al puzzo nauseabondo del cadavere di J oramai in putrefazione, o al fatto che fossero in compagnia di altri.
Passarono tre giorni ed il primo di loro fece la prima mossa, che fu quella di andare a cibarsi del cadavere di J pieno di larve ed in un avanzato stato di decomposizione.
Pochi minuti dopo anche gli altri lo seguirono, non badando per nulla al fatto che si stessero cibando di un essere umano e per giunta decomposto.
Durante il macabro pasto si guardavano in cagnesco come vedendosi per la prima volta, nessuno tuttavia accennava a parlare, si accontentavano di lanciarsi sguardi e continuare la loro opera di cannibalismo.
Il pasto durò forse trenta minuti, dopo i quali ognuno tornò ai propri angoli, stavolta confabulando fra se, come a non volersi far udire dagli altri occupanti.
Passarono altri quattro giorni durante i quali continuarono a cibarsi delle rimanenze rancide del cadavere.
Al termine del quarto giorno, una donna fra loro, cominciò ad urlare, pochi minuti dopo urlavano tutti, e tutti iniziarono a graffiarsi la faccia, simultaneamente, il tutto come una mostruosa coreografia.
Urlarono per quelle che parvero ore, finchè dalla loro gola non ne fuoriuscirono che rantoli, ma come a voler sfogare la loro crescente frenesia iniziarono ad avventarsi gli uni contro gli altri senza un apparente senso.
Si dilaniavano a vicenda le carni e non trovarono pace fino a che non caddero in terra stremati.
Erano tutti in preda a tremori e convulsioni, la cosa peggiore però erano le ferite che si erano inflitti in quella lotta forsennata.
Probabilmente avevano iniziato a graffiarsi e mordersi, perchè quasi tutti avevano segni evidenti di graffi sul viso ed in qualche caso di morso che aveva tranciato la pelle.
Forse in quel modo avevano stabilito chi era degno di sopravvivere e chi no, quasi come in una primitiva selezione naturale.
Tre membri vennero così allontanati e vennero lasciati a se stessi, come se in quel capanno fosse compreso un intero mondo abitabile.
Si formarono così due comunità per così dire.
Nei seguenti giorni questi tre venivano attaccati dagli altri nove, e vennero presto sopraffatti.
Erano ancora vivi quando i nove iniziarono a macellarli con il paio di forbici utilizzato da J tempo prima per uccidersi.
Ora avevano carne fresca.
Cosa avevano visto per ridursi in quello stato ? E perchè erano tornati come all'età della pietra ?
Il tempo passava, e la carne venne presto a mancare, si denudarono degli stracci che erano rimasti dai loro vecchi vestiti, ed utilizzando come struttura le ossa dei defunti costruirono una macabra capanna che affidarono a quello che sembrava essere diventato l'elemento dominante dell'intero gruppo.
Il neo nominato maschio alfa iniziò subito con l'accoppiarsi con le sei donne del gruppo portandole a turno nella tenda e lasciando gli altri due maschi fuori a lamentarsi.
L'irruzione avvenne in pieno giorno e la vista che la polizia si trovò a fronteggiare segnò per sempre le loro menti, tanti che molti lasciarono il servizio.
Erano passati due mesi e valeva a dire la macellazione di uno dei due pezzi deboli della nuova comunità.
Le sei donne per giunta gravide vennero scortate in catene al più vicino ospedale, il capo invece furono costretti ad abbatterlo, perchè continuava ad avventarsi contro gli agenti utilizzando un osso scheggiato come coltello.
Trasportarono in ospedale anche uno dei due uomini sopravvissuti al macello, infatti avevano iniziato a mangiarlo pezzo per pezzo lasciandolo in vita, forse per mantenere fresca la carne.
Morì due giorni dopo.
Le donne vennero dichiarate incapaci di intendere e di volere, ed in un avanzato stato di follia, così vennero trasportate in un carcere psichiatrico di massima sicurezza dove vennero tenute in celle imbottite.
Le sei donne quindi vissero gli ultimi mesi negli stenti, perchè rifiutavano ogni cura o assistenza.
Morirono tutte nello stesso giorno, ma prima fecero qualcosa che nessuno si aspettava, con i denti si recisero i polsi e con il proprio sangue scrissero delle parole.
LA FINE STA ARRIVANDO MORIRETE TUTTI.
Ognuna scrisse una parte, e nessuno mai si sarebbe spiegato quel messaggio, fino a che in quel paese non arrivò un rarissimo ceppo di pestilenza che decimò la popolazione.
Il caso fu archiviato come inspiegabile.
Tuttavia il dottor Erric, diventato poi J, aveva raggiunto il suo scopo, aveva dimostrato che la stirpe umana proveniva da esseri destinati all'aggregazione, alla riproduzione ed infine alla morte, valorizzando infine la teoria dell'evoluzione.
Nessuno collegò mai l'intera opera a lui, il quale venne semplicemente dichiarato scomparso.

                                                                                                                  Artic

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