domenica 5 luglio 2015

Faces of Death - Recensione 15



Un cult è un cult. Anche quando è insensato, è inconcepibile, anche quando ci troviamo di fronte a prodotti come Faces of Death, è pur sempre un cult, e bannare il film in ben 46 nazioni del mondo, non fa altro che aumentare il desiderio di vederlo, di chi ama l' underground su pellicola. Faces of Death, è uno shockdocumentary, travestito da Mondo Movie, che fa della più becera shock-esploitation il suo punto di forza. Non esiste una trama vera e propria, ci troviamo fin dai primi minuti, in compagnia del Dr.Gröss, un cardiochirurgo e anatomopatologo, che dopo una bella operazione al cuore, inizia a parlarci delle "Facce della Morte". Da qui in poi, ci aspettano quasi due ore di immagini raccapriccianti. Vagonate di autopsie, suicidi, cadaveri in ogni dove, teste spaccate, incidenti stradali, esecuzioni capitali, ecc...ecc... senza la minima vergogna. Nessuno si era spinto così oltre, sguazzando nell' ultra dell' ultragore e nel trash più misero e infimo. In poche parole, Faces of Death, era la scusa che si aspettava, per mettere in mostra le immagini più rivoltanti e shoccanti su cui il regista John Alan Schwartz, riuscì ai tempi, a mettere le mani. Ad onor di cronaca, bisogna però dire, che non tutte le scene sono reali, ma che una buona fetta del film, furono ricostruzioni sul set, più o meno fedeli a quelle che sarebbero state nella realtà. Ma, togliendo queste scene, quelle che restano sono reali, quindi di una immoralità che a tratti spaventa. Irrispettoso e morboso fino all' eccesso : scrutare con l' obbiettivo il movimento della mano di un poliziotto che raccoglie da terra i resti del cervello di un pover uomo, vittima di un incidente stradale, è un eccesso che non solo va a premere sul senso di umanità dello spettatore, ma che travolge e sotterra il senso di rispetto verso la vittima e i suoi familiari. Ok, non sta a me dare giudizi su queste cose, ma io devo limitarmi a fare il critico e, tecnicamente, il film si presenta come un Mondo, classico di quegli anni (siamo nel 1978), e l' atmosfera che si respira, è quelle delle scene più crude di "Mondo Cane" o "Africa Addio",  di Jacopetti e Prosperi, che paragonati a Faces of Death, sembrano due puntate lunghe dell' Albero Azzurro (!!!). Non aspettatevi comunque virtuosismi con la telecamera, né scene mozzafiato, questa  non è altro che una playlist di filmati più o meno amatoriali, messi l' uno dietro l' altro, con il commento del medico citato precedentemente. Tuttavia, l' enorme violenza e tutte quelle raccapriccianti immagini, una volta superato lo shock iniziale, tendono ad annoiare, anche perché, 1 ora e 50 minuti, sono lunghi da passare, anche se la pellicola è virtualmente divisa in due parti, cioè, la prima, in tutto ciò che riguarda gli animali : Mattatoi, sbudellamenti, un ranger che viene divorato da un coccodrillo, battute di caccia di tribù indigene, combattimenti di cani, ecc...ecc...e anche una povera scimmietta, che subirà una tortura tremenda. A mio avviso, è questa la parte più shoccante di tutto il film, ma forse è perché io ho un debole per gli animali, quindi una volta entrato nella seconda parte, avevo già digerito le scene (per me !) peggiori. Certo, anche qui non si scherza mica : Omicidi, famiglie intere massacrate, esecuzioni, autopsie a josa e addirittura sacrifici umani ! Che dire, molti lo sconsigliano, altri lo amano, io vi dico di guardarlo se ve la sentite, considerando che ci sono dei bei siti internet, quotidianamente visitati da decine e decine di utenti, dove è possibile reperire immagini ugualmente irrispettose e raccapriccianti, quindi sarebbe stupido ed ipocrita demonizzare un film...e i suoi ben 6 seguiti, più una sorta di scopiazzatura-tributo, chiamato "Traces of death", ma che non ha nulla a che fare con il film in considerazione in questo caso. Insomma, se avete stomaco e cuore non forti, ma erculei, guardatelo pure, prendendo le immagini per quello che sono, se invece, siete impressionabili, non sfiorate nemmeno il titolo, neanche per gioco...

                                                                                                  A cura di Anthony

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