A cura di Anthony
Avevo altri film in coda da guardare e
recensire, ma non ce l' ho fatta. Possession di Andrzej Zulawski non
ha voluto sentire storie e si è prepotentemente preso questo post e
così, va bene, facciamolo contento, del resto, di un capolavoro
simile, c'è poco da pretendere : Comanda lui !
Tuttavia, mettere bocca su un film del
genere è dura, bastano una, due parole sbagliate e si travisa tutto
il senso artistico dell' opera, si rischia di “umiliare” artisti
simili, se la potenza espressiva di Possession, non viene recepita e
comunicata perfettamente da chi, come me, è abbastanza ardito da
farne una recensione o, per meglio dire, analisi.
La trama è abbastanza semplice, un
uomo, Mark, crede che sua moglie Anna lo tradisca, finché lei non
gli confessa che i suoi sospetti sono giusti. Dopo una prima parte
fatta di urla e litigi, lui assumerà una agenzia di investigazioni
private perché pedini la donna e scopra l' identità del fantomatico
amante. Quello che non sa, è che la realtà supera la fantasia e che
la donna lo tradisce con un mostro, che lei stessa ha partorito. Ora,
se credete che io vi abbia spoilerato il finale, vi sbagliate di
grosso. Zulawski mette in scena come Dio solo sceso in terra farebbe,
prende Polanski e lo tira fuori dal palazzo di Rosemary's Baby, si
impossessa delle angosce di Carol di Repulsion e le spinge a forza, a
piene mani, nello sguardo della bellissima Isabelle Adjani, che
faticherà poi per anni, per uscire dal ruolo dell' adultera Anna. Le
sue occhiate, le urla e i suoi occhi sono laser che attraversano la
dimensione cinematografica, per giungere direttamente faccia a faccia
allo spettatore, per parlargli dentro : Sono solo io la fedifraga o
lo sei anche tu ? E' facile giudicarmi malamente, ma tu, ti sei fatto
un esame di coscienza ? Ti sei preso le tue responsabilità ?
Siamo forse tutti dei traditori ? E'
questo il concetto che il regista vuole inculcarci ? Così
sembrerebbe, data la ripresa del concetto stesso, nella parte finale
del film. Di sicuro non fu un periodo positivo quello delle riprese
di questo film per Andrzej Zulawski, che si trovò ad affrontare il
divorzio della moglie Malgorzata Braunek, e di sicuro, molte delle
ansie, delle frustrazioni personali dell' artista, finirono in questa
pellicola. Qui il tradimento viene visto come il male assoluto su cui
però, purtroppo, si basa l' amore stesso. Tutte le coppie si
tradiscono a vicenda e tutte le coppie campano e si basano su un
tradimento costante di entrambi i membri. Conosciamo realmente, in
tutte le sue sfaccettature la persona che abbiamo accanto ?
Conosciamo realmente ogni singolo angolino nascosto della sua anima ?
Non c'è spazio per una visione ottimistica dell'amore, l' amore è
solo un fatto fisico, nient' altro, un desiderio sessuale che prende
forma nel mostro cronenberghiano, nato dalla stessa Anna, concepito
nell' atto stesso del tradimento. L' amore è un accanimento
“terapeutico” di un rapporto che una volta sessualmente consumato
e sessualmente esausto, è morto e non ha motivo di proseguire, ecco
perché si tradisce, perché si ricerca nel terzo, le caratteristiche
che ci hanno affascinato della persona amata, ma che ora, è palese,
che non amiamo più. Basti pensare ad Helen, la maestra del piccolo
Bob, interpretata dalla stessa Isabelle Adjani, ma con dei capelli
incantevoli e degli occhi verdi da infarto. Mark trova in Helen, e
forse va proprio a cercare, le caratteristiche fisiche che gli
piacevano della moglie, ma che, dimenticando l' amore per cui aveva
“immolato” la sua libertà (sigillando il loro rapporto con la
nascita del figlio Bob), basti ascoltare il discorso che fanno i due,
non perde occasione di tradire Anna a sua volta, appena gli si
presenta l'occasione, semplicemente perché ritrova in quella donna i
tratti fisici che desiderava in sua moglie. E' il sesso al centro di
tutto, è il sesso che prende forma e diventa l'incarnazione stessa
dell' atto carnale, un essere vagamente umanoide di lovercraftiana
memoria, con un busto che non è altro che una vulva gigante e delle
escrescenze da tentacoli fallici negli Hentai, così orrendo, osceno
ed immondo come il tradimento stesso, da cui egli è nato.
Inquadratura chiave è il primo piano della creatura, da cui è
possibile notare i suoi occhi verdi, stessi occhi della maestra d'
asilo, è forse anche lei la “conseguenza” di un adulterio ? Può
essere considerata ancora, quindi, la nascita di un bambino in una
coppia, come “un atto d' amore” ? Quale amore ? La risposta non
può che essere terribilmente negativa e sembra essere palese, nel
momento in cui il concetto viene rafforzato sul finale del film, dove
ci viene tolta ogni speranza. Assistiamo impotenti al declino della
mente di Anna ed alla decostruzione della religione e del concetto di
Dio : L' amore come lo intendiamo non esiste, esiste il sesso, ma se
Dio è Amore e l' amore non esiste, allora Dio non esiste? Allora
quell' “Amore” tanto chiacchierato, è solo un affannarsi
carnalmente di due corpi che cercano Dio, attraverso un mostro che
incarna, che rende “tangibile” e “vivo”, l'atto stesso del
“fare sesso”, il rapporto carnale nudo e crudo, che diventa
orrendo ed immondo, nel momento in cui tradiamo. Un concetto cosmico
claustrofobico e senza via di scampo, siamo soli, o lo accettiamo o
torniamo da dove siamo venuti, attraverso una finestra che si apre da
sola, permettendo quindi all'anima di uscire, quando l' anziana madre
di Heinrich, colui con cui Anna aveva tradito Mark, decide di
suicidarsi. Il tutto poi, si palesa nella scena del delirio pazzesco
ed onirico di Anna, che dopo essere stata in chiesa a chiedere,
disperatamente, una risposta dal crocifisso, che non arriverà, si
ritrova a dare di matto in metropolitana in una scena che mette i
brividi, ed incanta la bravura della Adjani, che ci pietrifica con i
suoi occhi di ghiaccio e non ci sono parole per descrivere la potenza di un tale delirio di disperazione, senza nessuna via d' uscita dalla consapevolezza di essere qui, soli, sperduti su un puntino azzurro, in un universo senza luce. Ed ecco che copiose quantità di sangue e sperma, vengono espulse dalle orecchie e dai genitali. Andrzej Zulawski ci porta in questa Berlino
tetra e spoglia, nelle metropolitane fredde e bagnate di Christiane
F. , dove la malattia, non è fisica e “sporca”, ma il delirio
totale, agghiacciante e disperato di una mente che capisce che non
c'è via d' uscita, che nasciamo soli, perché i nostri genitori
quella notte avevano voglia di scopare, stop, non c' è altro, non
siamo stati voluti, non siamo stati cercati, non siamo il sigillo su
nessun amore, che vivremo soli, perché per quanto qualcuno ci possa
amare, non amerà mai il declino del nostro corpo, cercherà per
sempre in altre persone le cose che gli piacevano di me e che ora non
ho più, che moriremo da soli, senza nessun Dio, nessuna Grande Luce
ad accoglierci, l' unico dio che abbiamo visto, assaggiato, respirato
e toccato, vissuto, è il sesso di chi “amavamo” : Chi ama
desidera, chi non desidera, non ti ama. Concetto forse palesato nel
continuo e spesso fuori luogo e anche disturbante, contatto fisico tra i personaggi, cosa
che va in contrasto con l' immaginario comune di tedeschi freddi e
distaccati. Loro si toccano, si cercano, anche personaggi dello
stesso sesso, provano costantemente ad avere un contatto fisico,
forse per sapere se “siamo compatibili" e ci attiriamo fisicamente.
Ancora una volta, il mondo non gira intorno all' amore, ma al sesso e
non esiste altro, la famiglia si basa sull' ipocrisia e
sulla falsa benevolenza, su un continuare a dirsi a vicenda che “tutto va
bene, è tutto a posto”, quando sappiamo benissimo che il rapporto
va avanti per inerzia. Bob infatti, il bambino, preferirà ben altro,
pur di vivere con una famiglia che all' apparenza fa invidia al
Mulino Bianco, ma che invece, è falsa come i loro sorrisi. Una scena così
forte, che va a chiudere un cerchio amaro, che trova forse il suo
apice nel momento in cui Anna, cerca in tutti i modi di liberarsi di questa
consapevolezza, sanguinando dalle orecchie e dalla bocca, mentre è
già fisicamente sotto terra (è nella metropolitana), ma da cui, l'
unico (forse), scampo che abbiamo, è la pazzia, il rifiuto della
coscienza, il dimenticarsi di noi stessi, pur di non sapere tutto
ciò.
L' estrema capacità registica di
Andrzej Zulawski, fanno entrare sotto la pelle questi concetti e
questi personaggi, in un' opera pregna di arte, e di Weird, che si
maschera da horror e gioca a fare il film mainstream, per arrivare
alla grande massa (cosa che poi non è avvenuta per i soliti motivi
di censure e decreti restrittivi dei vari giudici), con una
fotografia fredda, ma luminosa e gradevolissima, Possession è un
film che va oltre, oltre il cinema, oltre lo schermo, che parla
faccia a faccia allo spettatore e gli dice “Cosa ridi ? Il tuo
partner ti sta tradendo mentre tu guardi il film !”. Weird e
videoarte allo stato puro, Cinema con la “C” maiuscola, da
guardare, riguardare, scoprire, sviscerare, ma soprattutto amare e mai tradire.
Anthony