mercoledì 24 agosto 2016

The Descent - Discesa nelle Tenebre - Recensione #26


A cura di Anthony

Attenzione : Recensione già pubblicata da me su un altro sito


The Descent, mi era passato sotto al naso diverse volte, in questi anni in cui è in commercio, ed io ogni volta lo avevo snobbato, cercando sempre qualcosa di meglio, ma che spesso si rivelava essere molto peggio. Adesso finalmente mi sono deciso a guardarlo e, con mio sommo piacere, ho trovato un film davvero degno di essere visto ! Horror nel vero senso della parola, The Descent - Discesa nelle Tenebre, è claustrofobico, è oscuro in poche parole, mette i brividi in modi molto diversi tra loro.
La Storia inizia con delle ragazze che discendono le rapide di un fiume a bordo di un gommone, di cui una (Sarah, interpretata dalla splendida Shauna McDonald), ha marito e figlioletta ad attenderla sulla riva. L'introduzione è molto lunga (cosa che a me piace e che prendo come un merito) e si notano addirittura due colpi di scena, il primo, serve al regista, per avere una protagonista già precedentemente traumatizzata, prima ancora che il film entri nel suo vivo, ed il fatto che noi vediamo l' incidente stradale (uno dei più belli che abbia mai visto) che la sconvolge, ci rende partecipi della cosa e ci fa assistere ad un dramma vero, reale. Ora il film poteva prendere una piega assolutamente diversa da quella in cui si è poi sviluppato e così sembra, dato che si prede molto tempo, nella presentazione dei vari personaggi, il regista voleva in qualche modo, farci conoscere il più possibile le ragazze e farci "affezionare" a loro, attraverso feste, risate momenti gioiosi passati dalle amiche insieme, a cui lo spettatore è portato a far parte.
Ma oltre a questo il regista ha voluto darci di più. Abbiamo un trauma esistenziale e adesso avremo anche l' avventura quando il gruppetto di amiche (tutte bellissime tra l' altro), decide di andare ad esplorare le grotte e anche il thriller, nel momento in cui vediamo Jun posare in macchina il libro della guida alle grotte con una strana espressione sul viso.
Arrivate all' interno della caverna, la fotografia diventa superba, ottimi e stupendi giochi di luci e ombre, ci sarà ancora molto tempo prima che le terrificanti creature escano allo scoperto e nel frattempo vivremo scene al limite della soggettiva, dove lo spettatore vede, solo quello che riesce a vedere, dato che non abbiamo altra fonte di luce che le torce e i fuochi delle ragazze. Si muoveranno in cunicoli talmente stretti, che una esile ragazza, a stento riesce a strisciare attraverso. Non c' è mai noia, ma anzi, c' è tensione anche nelle scene potenzialmente "inutili" anche quelle mai tralasciate, ma anzi, ottimamente realizzate, persino le scene tranquille del film, o quelle "non-horror" tengono con il fiato sospeso. Il crollo dentro al cunicolo dell' entrata, segna davvero l' inizio dell' incubo per le ragazze, adesso sono rinchiuse sotto terra, al buio, senza una via d' uscita e non hanno ancora idea di cose le aspetta.
Dal crollo, all' entrata in scena delle creature fameliche, che segna l' inizio della componente orrorifica, passerà ancora altro tempo, ma senza mai annoiare. Vedremo Sarah e il suo comportamento post-traumatico, infatti lei sentirà spesso questa "bambina che piange" ma è impossibile che ci sia una bambina in quella caverna, così lei sarà preda della sua instabilità mentale e si allontanerà dal gruppo, quando Hollie aveva bisogno d' aiuto e sarà allora che le ragazze inizieranno a sospettare di non essere sole...
L' attacco delle creature è bellissimo, inaspettato ma sospettato e cmq avviene in un modo originalissimo. Le creature sono forse il punto a sfavore principale del film, insieme alle attrici, più belle che brave in alcuni (rari) punti, ma cmq molto, molto convincenti, perché questi mostri sono un po "banali" a livello di fisicità, sono infatti i classici umanoidi a metà tra vampiri in stile "Dal tramonto all' alba" e metà goblin, ma tant' è, fanno sempre il loro effetto e lo spavento è assicurato. E' assicurato soprattutto nel momento in cui vengono piazzati in un bel primissimo piano davanti alla telecamera e provateci in quel punto a non saltare dalla sedia !!
Con l' avvento delle creature assetate di sangue, abbiamo un livello crescente di splatter veramente buono e notevole per un film mainstream e adesso manca solo che le ragazze inizino ad aver paura l' una dell' altra ed infatti proprio questo succede...Solo la fotografia, impeccabile fino ad ora, inizia a perdere i colpi, ma questo avviene solo per favorire una maggiore resa cinematografica, che non si sarebbe avuta, nel caso le luci sarebbero rimaste quelle "reali" per tutta la durata della pellicola. La regia e le inquadrature sono presso-che ottime per tutto il film, aumentano di tensione a rilassano nei punti dove serve.
In pratica The Descent - Discesa nelle Tenebre, è un film completo, horror ma non solo, che colloca al centro dell' attenzione, prima i personaggi, interpretati come persone reali, che pensano, parlano si muovono, in una realtà diversa dalla nostra, ma in fondo molto simile, personaggi che lottano con le difficoltà della vita, prima che coi mostri e che quando si trovano ad essere faccia a faccia con le feroci creature sono "vittime" non solo di queste ultime, ma anche di loro stesse e del loro "essere umane". Si trovano in una situazione in cui devono collaborare, ma ciò avviene in grande difficoltà e ci troviamo in una realtà spaventosa in tutti i sensi e soprattutto, spaventosa in molti modi diversi.
The Descent è un film assolutamente da vedere e io consiglio anche da avere, sia chiaro che non si tratta di un capolavoro, ma sicuramente di qualcosa che gli arriva molto vicino.

Anthony

giovedì 18 agosto 2016

Fiume Nero - "Fragore Urla D' Orrore" - Recensione Album #6



A cura di Anthony

I problemi di line-up si sa, sono un cancro che rode il metal dall' interno, gente poco seria, poco preparata e addirittura personaggi che non hanno idea di cosa sia il metal, eppure si vogliono mettere in gioco in questo campo. Il Black metal soprattutto, soffre di questa maledizione vera e propria ed è per questo che questa coppia di Brescia, si è rimboccata le maniche e tra uno sbaciucchiamento e l' altro (ahahahah) ha dato vita a questa band che ha preso il nome "Fiume Nero" il cui EP è ora nelle mie mani e sono stati così gentili da aggiungere anche non una, ma ben due patches della loro band, come dono extra per il sottoscritto, e devo dire che ho apprezzato la cosa, veramente tanto ! 
"Fragore urla d' orrore" è il primo lavoro in studio dei Fiume Nero, che forti di una drum machine (non si può fare altrimenti, mi dispiace...) realizzano piano piano il sogno di una coppia, di due persone unite nella vita e in sala prove. 
Il primo pezzo è una Intro molto cupa ed inquietante. Un fiume, un bosco, una chiesa in lontananza con tanto di suono di campane e composizioni operistiche in sottofondo. I suoni naturali racchiudono un fascino molto sinistro che ci fa addentrare nel buio di questo Ep...
"33-1203" è la prima vera traccia, dopo un battito di raid, entra in campo un riffing sporco e grezzo, veramente malsano e glaciale. Mi da l' idea di avanzare in una palude oscura, guardandomi intorno, un attimo prima di infartuare quando la gelida e tremenda voce di "Simon" fa la sua comparsa in un attimo e vomitando le sue blasfeme lyrics in italiano, su una produzione non eccelsa per ovvie ragioni, ma abbastanza per essere gradevole, un richiamo al Black degli anni '90, senza però raggiungere velocità estreme, si fa un buon dosaggio di rabbia e oscurità, facendo calare il tramonto... "Fiume Nero" al numero tre, è la traccia omonima che racconta della band con un riffing molto dinamico e veloce e devo dire che il testo è una vera poesia, quasi recitata dallo scream soffocato. Ciò che salta immediatamente all' attenzione è che il grosso del lavoro è fatto dalla chitarra, tra rallentamenti e sfuriate improvvise, i riff circolari dalle ali di zanzara alzano spesso la voce e sono una parte viva e tangibile dei brani, siccome la parte ritmica è lasciata a componimenti digitali, la chitarra di "Enna" fa il lavoro maggiore e devo dire che si fa notare ed apprezzare. Posto numero quattro per "Broken Glasses" e la sua glaciale intro. Un brano veramente pieno di oscurità, maligna e potente, che mette addosso una inquietudine veramente pesante. E' calata l' oscurità nella mia stanza, non credevo ! Il riff principale è veramente coinvolgente e accattivante, la voce è assolutamente malefica, la mancanza di potenza sonora poi, non è un difetto, ma anzi, qui fa in modo che sia la parte macabra e spaventosa ad emergere, soprattutto quando "Simon", ci racconta che "solo la menzogna ti si offre" e li, veramente il tutto diventa estremo, degno del black più gettonato.
La numero cinque è "Sulla riva D' Archeronte", scampanellio dei piatti e si parte. Arpeggio lento e dissonato che crea una atmosfera decadente e sinistra, anche quando è la ritmica ad entrare in gioco. L' attenzione si sposa sul testo, ma è sempre la tecnica vocale usata a catturarla a sprazzi. Perché lo scream è veramente acido e malsano e andrebbe ascoltato assolutamente ! Comunque il brano è lento e piano piano, arrivo all' ultima traccia "Eternal Torment" un brano che ricorda atmosfere addirittura "punk", passatemi il termine con un testo che è uno sfogo totale, la voglia di rialzarsi e ribellarsi, non avere più la voglia di sopportare tutto questo... 
Purtroppo il mio viaggio su questo Fiume Nero è già concluso, ma consiglio assolutamente l' ascolto di "Fragore Urla D' Orrore" nell' attesa del primo lavoro sulla lunga distanza della band, che a quanto mi dicono, è in fase di realizzazione. 

Anthony



Line Up :
Simon Desecrator - Vocals
Enna Cancry - Guitars

Paese : Italia
Città : Brescia

Genere:
Black Metal

Discografia:
Fragore Urla D' Orrore - Ep (2014)
Fronte Nero - Split (2014)

Contatti : 

giovedì 11 agosto 2016

Thanatomorphose - Recensione 25

Grazie a Caroline Darko

Oggi, per la 25esima recensione di film al limite, nella Stanza B-151, una recensione un po' diversa, abbiamo un' ospite veramente gradito e che definire "speciale" è poco. Di seguito, potrete trovare la recensione di "Thanatomorphose", scritta per l' occasione insieme a Caroline, dello splendido blog Suspiria che vi invito a seguire. Quindi ecco la sua analisi, la mia la troverete dopo, leggetele entrambe, magari ci troverete spunti diversi ! 
Anthony 


Thanatomorphose - A cura di Caroline Darko

Laura è una ragazza esile, graziosa e calma, che vive una vita noiosa e statica. La ragazza è un'artista momentaneamente in fase di blocco, lavora e ha una casa tutta sua. La sua relazione amorosa è fatta di abusi e violenze, le sue amicizie sono superficiali e non ha nessun altro accanto e ciò la corrode interiormente. Comincerà piano piano a deteriorarsi, a morire dentro: avrà origine così la sua decomposizione fisica, pur restando ancora viva e Laura, che ha riscoperto la propria sessualità, riprenderà poco a poco la sua morte, fino ad arrivare al decadimento e alla fine delle sue sofferenze.
''Thanatomorphose'' ha bisogno delle degne presentazioni; esso è, infatti, un body horror filosofico e allegorico dalle tonalità originali e struggenti.
Film canadese, è il grande, originale e prezioso esordio alla regia del regista Éric Falardeau, realizzato il 2 Ottobre del 2012. Thanatomorphose è una parola francese, che simboleggia il succo più importante del film: la mutazione che la morte provoca al nostro organismo. La promettente e sconosciuta Kayden Rose la vediamo nei panni della protagonista Laura, ovvero il ruolo primario e più rilevante del film, dove svolge un lavoro grandioso e di ottima professionalità.
Non consigliabile a tutte le tipologie di pubblico, il film è weird allo stato puro, nocivo, corrosivo, inquietante e disturbante. Siamo di fronte ad un'opera antropologica e filosofica, che renderà soddisfatti gli amanti del genere e del gore, pur non contenendo una moltitudine di scene altamente e puramente splatter. Il film comincia con immagini psichedeliche e bizzarre, colorate di rosso, blu e di tinte fosforescenti rimandanti al film francese ''Irréversible'' di Gaspar Noé, che infastidiscono e al contempo affascinano non poco. Da lì, la pellicola può essere mal digerita, avendo un ritmo piuttosto tedioso e annoiante, anche se con la giusta dose di incalzamento per gli estimatori. Fluisce molto lento, catapultandoci nella quotidianità della protagonista e facendocela vivere in prima persona. Il senso di soffocamento ansiogeno ci percuote e siamo spinti a percepire ogni emozione di Laura, ogni sentimento scaturito dalla noia e dalla stasi, dalla monotonia che tanto uccide.
Siamo noi stessi a morire insieme a lei.
Il decadimento ci attanaglia e qui fa da star, avendo tutti i riflettori puntati addosso al contrario della fertilità, della crescita. C'è una lotta tra l'eros e il thanatos così forte e palpabile che ciò diviene il punto saliente e principale di tutta la narrazione: il film si basa principalmente sulla battaglia fisica e psicologica tra la vita e la morte. Mentre la vita nasce, si moltiplica, continua a dare i suoi frutti e a tenere in vita il suo soggetto, la morte lo rapisce, cattura il suo corpo come un ladro facendo di esso la propria vittima e la propria amante, per poi infine farla appassire e morire.
Laura è viva, svolge la sua vita, compie le medesime azioni di ogni dì, ma intanto il suo corpo si decompone, lentamente viene corroso da necrosi e mangiato dalle larve. Le larve che ci avvisano che la morte è giunta e sta avendo la meglio, quelle che tanto ci rammentano ''Suspiria'' e ''Phenomena'' del maestro nostrano Dario Argento e ''Demonia'' dell'immenso genio di Lucio Fulci.
I temi qui trattati si rifanno ai capolavori del genere del regista Jörg Buttgereit ''Nekromantik'', ''Nekromantik 2'' e ''Der Todesking'', avendo come tema principale la morte e la visione di essa completamente artistica, mentre la claustrofobia rimanda a ''Repulsione'' , ''Rosemary's Baby'' e ''Carnage'' di Roman Polanski e al più recente ''Musarañas''. La parte legata all'eros e thanatos, il continuo macchiarsi di rosso, il reclutamento in casa e la figura femminile, ricordano il bellissimo ''Cannibal Love'' di Claire Denis.
La regia è lenta ma di ottimo livello, con una fotografia pregna di rosso, magenta, nero e colori caldi... fatta di toni scuri e contrasti e, sopratutto verso la fine, di tinte verdastre e cupe.
Il tutto è contornato da una colonna sonora di estrema bellezza: da un lato abbiamo la traccia permeata da beat e bassi profondi, che ci ricorda ''Valley'' tratta da Phenomena e ti guida nei frammenti psichedelici, ritmati e a sfondo sessuale e violento; dall'altro invece, si presenta un sottofondo disturbante, difficile, dove primeggiano i violini creando un contrasto dissonante e melodioso... La musica ricorda la colonna sonora di ''Cannibal Love'', l'immensa e drammatica ''Trouble Every Day'' targata Tindersticks ed è la più adatta per descrivere lo stato mentale e fisico di questo prodotto. I violini accompagnano molte scene del film, tra cui quelle in cui si ha a che fare con la vera e propria decomposizione, con la morte in sé. Sono disarmonici come il film stesso, privi di un vero ritmo, ma colmi di note aspre e strazianti. E' come un lamento continuo, lo sfogo delle pene subite... come gli urli struggenti, drammatici e disperati di Laura, che grida al mondo un dolore troppo grande, che rimbomba e rimane racchiuso in quelle quattro mura di cui lei è prigioniera, intrappolata.
L'atmosfera è tetra e l'ambiente agorafobico, si rimane intrappolati in quella casa come se fosse la più misera e malsana prigione esistente: come se fosse la nostra minaccia.
Questo rispecchia la realtà in cui viviamo, perché in un modo o nell'altro siamo tutti schiavi di qualcosa, di qualche posto: siamo tutti in gabbia, ma non ce ne accorgiamo.
Un'altra morale del film è proprio questa: portiamo avanti i nostri corpi, trascinandoli nei posti più bui, stanchi e dilaniati, morti, mentre viviamo una vita vuota e deceduta, deceduta come il nostro Io più interiore.
Laura è vittima di abusi sessuali da parte del suo ragazzo, si lascia andare fisicamente con un altro uomo e credendo di avere un'eritema causato dalle violenze subite, non si rende conto di star cominciando a perdere tutto... anche se probabilmente l'ha già perduto; ha perso ogni valore, ogni amico, ogni familiare, ogni passione, ogni ispirazione: l'amore.
Mentre da un lato la voglia di vivere si è assopita e ha lasciato spazio a quel che rimane dell'apatia, una parte di sé, (il corpo) lentamente marcisce mentre qualcosa rinasce e continua ad essere: la sessualità.
Tramite la morte e il dolore, si ha una visione sofferente, perversa, importunante e complessa del sesso, una rinascita spirituale e interiore verso i piaceri della carne. La più alta forma di desiderio sessuale la vediamo qui tramite gli atti compiuti con gli uomini, il desiderio di avere rapporti nonostante il corpo sia rinsecchito, putrefatto e malconcio e, più principalmente, tramite l'auto-erotismo. L'auto-erotismo è forse la più alta rappresentazione della perversione sessuale, la voglia di procurarsi piacere e il godimento che si prova osservando nudo il proprio corpo percosso da spasmi da noi stessi recati... ed è proprio ciò che, ripetutamente come un rituale giornaliero, la protagonista si accinge a fare, fino a sanguinare, fino a farsi male, fino a non provare più nulla: fino a morire.
La morte è in questo senso un contenuto redivivo che riaccende ciò che la vita ha spento.
Durante la nostra esistenza, noi perdiamo i valori, le persone a noi care; siamo schiavi di una società superficiale, consumista, limitata, frivola... e ne diveniamo vittime.
Si è schiavi di un mondo in cui vale soltanto l'aspetto esteriore, in cui si è esteti ma senza limiti e a livello negativo, dove non si apprezzano le cose per come sono realmente ma unicamente per come appaiono, dove si usano le persone soltanto per loschi scopi: dove si desidera il corpo, ma non l'anima.
Lo sguardo al mondo che Falardeau vuole dare è anche questo: siamo soggetti a sofferenze indotte dalla falsità e dalla pochezza degli altri e con esse noi siamo portate a morire, prima interiormente e poi esteriormente... giungendo al completamento.
Siamo corpi morti che si reggono in piedi e fingono di vivere un'esistenza già buttata e consumata.
Siamo solo cadaveri privi di vita.

La carne si decomporrà e consumerà fin dentro le interiora, le larve si nutriranno di noi e ci consumeranno... e la vita spirerà fino a quanto non diventeremo solo dissipata polvere.
Caroline


Thanatomorphose - A cura di Anthony
Arriva dal Canada questa pellicola così estrema e “strana” che non poteva non farci rizzare le orecchie. Thanatomorphose è un Body Horror estremamente Weird e malsano, del regista “Éric Falardeau”, qui alla sua opera prima, dove l' idea stessa di base è Weird e lo sviluppo della trama, non può che far attizzare gli amanti di un certo cinema, per lo più girato in un certo modo, come me !
Ma passiamo alla trama, Laura, è una ragazza carina quanto basta... non un mostrino, ma neanche una grande bellezza... diciamo però che vestita di bianco simil-gelataia, con frangetta rossastra e occhiali da intellettuale, fa il suo figurino. All' inizio del film, ha un rapporto sessuale con un tizio che non brilla certo per simpatia, che pare essere il suo ragazzo, o comunque qualcuno che ha una certa storia con lei. Anche grazie ai pochi dialoghi, il film è lento, pieno di tempi morti ed inquadrature statiche, quindi non si capisce bene per quale motivo, ma ad un certo punto, Laura inizierà a decomporsi, pur essendo ancora in vita. Nonostante il dolore e lo spavento, mentre la sua carne si corrode, aumenta in lei un incontenibile desiderio sessuale, la vedremo masturbarsi e fare sesso mentre le sue necrosi si espandono e piano piano, sarà totalmente marcita.
Qui il decomporsi viene visto come il decadimento di uno modo di vivere, la morte dei valori quali l' amore, l' amicizia e degli affetti in genere, quali possono essere i familiari ad esempio, e l'evidente conseguenza di questa morte. Siamo marci dentro, tutti, ma non ce ne rendiamo conto, perché finché il corpo, l' esteriorità è piacevole, allora chi se ne frega se sei morto dentro ? Ed ecco che qui entra in scena il sesso, che non solo rende il tutto più marcio, malsano... perché insomma, lo sappiamo bene che aggiungere delle scopate su certi temi, rende immediatamente un' idea perversa e malata, ma un “sesso stuprato”, fatto per liberare le endorfine, ma dimenticandosi quasi dell' “amore” di cui esso dovrebbe essere il culmine; e lo si nota molto chiaramente nella scena in cui dei ragazzi, gli amici di Laura, stanno insieme sul divano e passano il tempo a sbaciucchiarsi, senza “fare realmente qualcosa” per stare insieme, ma condividere il tempo solo per non essere da soli, e non perché si ama e si apprezza la compagnia di quelle persone in particolare, una scena che nonostante i sorrisi dei giovani (e ci sono pure un paio di belle ragazze), trasuda una tristezza immensa. Qui la componente sessuale si allontana da quello che può essere in Nekromantik, Aftermath o in Lucker The Necrophagous, dove il corpo del cadavere, diventava l' oggetto del piacere, la rappresentazione di un desiderio oscuro e malato, ma che, ovviamente, era il modo dei registi di parlarci di altri temi, in Thanatomorphose invece, è il corpo stesso della protagonista a diventare cadavere, e desiderare il sesso, ma non si tratta di necrofilia, in quanto, la ragazza, seppur decomposta è ancora in vita, e poi, non è un voler fare sesso con un defunto, ma quanto un “defunto” voglia fare sesso, con chiunque, ed è molto diverso. Quando Laura si allontana ed uno dei ragazzi prova un approccio con lei, è palese l' intenzione del regista, di denunciare “l' amicizia” fasulla, quella che ci porta ad approcciare con delle persone, solo perché ci piacciono e ci attirano sessualmente; “l' amicizia tra uomo e donna esiste ?” secondo il regista sembrerebbe di no. Ma il punto cardine del film, torna ad essere la condanna del sesso occasionale, del sesso “ricreativo” usato non per darsi piacere, come dovrebbe essere, ma per alleviare lo squallore della vita, la morfina che ci salva dalla decomposizione della nostra esistenza. Siamo morti che camminano e ci sentiamo vivi solo scopando, ed è il sesso che cerchiamo assiduamente, è il sesso che è ovunque, usato ed abusato nella pubblicità, nello spettacolo, nella televisione... gli stimoli sessuali sono dappertutto e sbattuti in faccia senza nessuna remora. La ricerca continua dell' orgasmo come la ricerca della dose per un eroinomane: ormai non ci da nessun piacere, ma non farlo ci fa del male. Non ci fermiamo e non ci rendiamo conto di quanto la nostra società si sia non solo iper-sessualizzata, ma è anche incredibilmente ipocrita, nel non ammetterlo, nel non riconoscerlo. Altro tema toccato dal regista, è quello della correlazione tra sesso, droga e malattie come accadeva in “Rabid – Sete di sangue”, anche se in modo marginare e non approfondito, come nel film del conterraneo Cronenberg. E' palese nella scena del rapporto orale, dove la fasciatura sulla testa di lei si riempie di sangue incredibilmente scuro e denso, dove è più che evidente che c'è qualcosa che non va, eppure loro non si fermano, continuando l' atto fino alla sua completezza. Stesso escamotage viene usato in una delle scene di masturbazione della ragazza, dove il lenzuolo si riempie di sangue, proprio all' altezza del suo pube durante l' atto, ma lei pare non curarsene, ma si preoccupa solo di venire. Tecnicamente il film è molto piacevole. Una regia lenta, con numerosi tempi morti, una particolare attenzione viene data alle scene distintive del filone dei Body Horror, ad esempio l' unghia che si alza, sangue dalle gengive, un chiodo sotto ad un piede, larve in primo piano... e soprattutto le necrosi che si formano man mano, partendo da essere delle irritazioni, poi dei lividi che si espandono sempre di più, per poi arrivare alla vera e propria cancrena con conseguente decomposizione. Il tutto viene reso egregiamente con una fotografia “afosa” fatta di rossi spenti che si appiccicano addosso, ambienti bui e con luci minimali ed ovattate, che prendono vita attraverso un abbondante uso della camera a mano e di inquadrature quasi statiche. Il regista ci fa “assaporare” la lentezza della decomposizione e lo spaventoso tormento che essa si porta dietro, attraverso i suoi tempi dilatati, lunghi silenzi e close-up succulenti sulle parti del corpo che si staccano man mano. Inutile dire, adoro questo modo di dirigere, vicino ai capolavori del genere come “Der Todesking” o anche “Nekromnatik 2” dello stesso regista “Jörg Buttgereit”, ma che ricordano anche capisaldi dell' horror più “accessibile” come “Rosemary's Baby” e “Repulsion” di Polanski, soprattutto per le location del film, praticamente sempre lo stesso appartamento, come accadeva nei capolavori sopracitati, dove l' appartamento diventava una tana, un posto dove rifugiarsi per leccarsi le ferite e stare al sicuro, in questo film invece, la propria abitazione è un posto opprimente, dove nessuno viene a trovarci e possiamo morire soli e dimenticati, anche da vivi, ma in avanzato stato di decomposizione.
Quando poi, Laura, totalmente marcita ormai, chiede al ragazzo di fare sesso con lei, il rifiuto di questo ci riporta alla chiave di lettura iniziale del film, ovvero, che succede se oltre che ad essere morti dentro (e ad affogare quindi, questo dolore nel sesso compulsivo), fosse visibile anche fuori la morte della nostra felicità ? Perché le persone depresse, poco curate, non vengono amate ? Perché il loro aspetto non è piacevole e quindi la depressione aumenta e tutto si riduce ad una putrefazione vivente : Mi amavi quando ero bella e desiderabile, ma ora che non lo sono più, mi ami ancora ? Farai l' amore con me, anche se non ti piaccio ? Anche se ti faccio schifo ? Una profondità rappresentata con un' opera assolutamente estrema e scioccante, ma anche assolutamente splendida, un inizio col botto quello di Éric Falardeau, che si conquista sicuramente un posto nel cuore del appassionati del genere, con una pellicola, già destinata a diventare un cult. Assolutamente consigliato !
Anthony

sabato 6 agosto 2016

Banned in America 2 - Recensione 24



A cura di Anthony


Io in genere non guardo gli Schockcumentary, per vari motivi... preferisco i film perché bene o male sono prodotti artistici, o almeno ci provano ad esserlo e a me piace l' arte, anche “estrema”, anche “malsana”, in tutte le sue forme. Gli Schockcumentary non rientrano in questa categoria di prodotti artistici (o pseudo tali) perché come dice la parola stessa, sono documentari e quindi non fanno altro che riportare la realtà così com' è, nuda e cruda e devo dire, che è vero il luogo comune, che vuole che “la realtà, superi la fantasia”, almeno in questo campo. Comunque, anche se non li amo normalmente, capita che ne guardi qualcuno, e così mi è passato tra le mani questo “Banned in America 2”, seguito ben più sanguinolento del primo “Banned in America”, in poco più di quarantacinque minuti di playlist, assistiamo a molti video presi direttamente dalla strada e montati l' uno dietro l' altro, un po' come accadeva in “Faces of Death”, ma senza le finte ricostruzioni girate appositamente per allungare il brodo.
La prima scena è sinceramente quella che apre col botto, dopo un piccolo avviso che ci informa che quello che stiamo per vedere è del tutto reale, che si tratta del lato oscuro dell' umanità e di proseguire la visione “a nostro rischio e pericolo”, troviamo un ragazzo che è finito sotto un ascensore ed il filmato dei soccorritori è così cinico da essere disarmante. Con estrema tranquillità recuperano le braccia del povero ragazzo e le mostrano alla camera come se fossero pezzi di legno e devo dire che è veramente avvilente. Non sono le immagini in se a lasciare turbati, quanto la reazione totalmente “normale” degli addetti al recupero del povero corpo straziato, come se per loro fosse soltanto routine, come se sia solo uno dei tanti, solo che questa volta, c' era una telecamera... da brividi sul serio !
Dopo di ciò avremo decine di incidenti stradali, disastri aerei, corpi bruciati, vittime di sparatorie, filmati della polizia di scene del crimine, un uomo che mangia degli scorpioni e dei piercing ai genitali; ma anche un idiota che si colpisce in testa con una bottiglia da solo, fino a quando non la rompe... poi vedremo dei ragazzi che cercano di dare fuoco ad un tizio strafatto, che a stento se ne rende conto ed un pestaggio della polizia ai danni di un motociclista e anche immagini di combattimenti tra pitbull e scene della corrida. Devo dire che queste sono le scene che maggiormente sono state ostiche da digerire per me, perché se è vero che alla violenza ed al sangue ci si abitua e ci si desensibilizza, è anche vero che tutti abbiamo un punto debole, che proprio non riusciamo a sopportare, per me sono le violenze sugli animali, non riesco assolutamente a guardarle neanche in un film vero, figuriamoci qui che sono assolutamente reali... è più forte di me !

Che dire infine... è un prodotto sicuramente non adatto a tutti, anche chi ha un buon rodaggio in fatto di horror, non lo considererà una passeggiata, come tutti gli Schockcumentary. Non c'è molto da dire, non c'è una regia da analizzare, né una fotografia da goderci e l' aria marcia che emana, è quella di ogni prodotto underground che puzza di “proibito”, ma lo schock maggiore, è dato dal fatto che non si tratta di finzione, niente effetti speciali, niente trama, qui è tutto vero, anche se, ci sono documentari estremi, ben peggiori (o migliori !) “Orozco the embalmer” e “The most disgusting people on planet Earth”, tanto per citarne due dei più “meritevoli” (in realtà meriterebbero solo di scomparire dalla faccia della Terra). Tornando a “Banned in America 2”, tenete sempre presente che è veramente tosto e veramente estremo, però magari guardatelo visto che dura meno di un ora, ma come dice la dicitura iniziale “a vostro rischio e pericolo...”

Anthony

mercoledì 3 agosto 2016

Emian "Khymeia" - Recensione Album #5



A cura di Anthony

Oggi per la prima volta mi trovo a recensire un album Folk Pagano, ma che niente a che vedere con il mondo del metal e con il lato del folk più legato a quest' ultimo. Qui non trovano spazio le bevute dei Korpiklaani, le leggende dei Finntroll e neanche le storie sui pirati degli Alestorm, si perché la band campana “Emian”, è uno di quei gruppi che crede fortemente in ciò che fa ed usa la musica allo stesso modo di come la usano i cristiani in chiesa, ma la loro cattedrale è il bosco. Diciassette tracce in una confezione digipack minimale ed elegante, che già dall' immagine ci parla di cosa tratteremo. Sfoglio il bel booklet con disegni etnici e tradizionali e non mi resta che premere “play”.
“Tribus Hirpeis” è la opening che tra il suono scoppiettante di un fuoco e l' ululato sinistro dei lupi, crea una bella atmosfera etnica che prepara le leggere e soavi note di “Hyria” con un bel testo in italiano. Con una produzione praticamente ottimale, la voce di “Aianna Egan”, ci parla di antichi vaganti e danze del Sole, un folk che venera la natura, niente a che vedere con lo “scellerato” (si fa per dire) Folk metal e la loro birra, questa è una preghiera in musica, una danza rituale legata ad antiche tradizioni anche di popoli lontani, ma che qui, nella italianissima irpinia, trova nuova linfa e nuova adorazione, in modo che una fede antica quanto l' umanità stessa, possa rinascere. E mentre mi dilungo nei miei soliti vaneggiamenti, “La Giga del Lupo” è già entrata nel vivo. Terzo brano molto simile a quanto ascoltato fino ad ora, ma quasi totalmente strumentale, così come la lunga intro di “Rebys”, testo iberico questa volta, con un riff che si arricchisce di un battito di mani a tempo, davvero molto coinvolgente. Ovviamente, qui scordatevi distorsioni, doppia cassa e growl cavernosi, qui di metal non c'è traccia e mi godo così, il resto del brano fino alla fine. “La Cama Nupcial” è un brano estremamente dolce ed evocativo, totalmente acustico come tutto il resto, si avvale di arie vocali e flauti estremamente melodici. Un suono arcaico, tra vocals ammalianti e campionamenti di gufi. Molto più cupa ed occulta è invece “El Viaje de Maria”, una sorta di cantilena molto piacevole, una filastrocca in musica che ti coinvolge e resta in testa per parecchio. La numero sette è “Nìl Sé' n La”, con il suo suono di liuto.... o strumento simile (perché sono certo che non si tratti di un liuto), che saltella sulle percussione secche e per niente modificate digitalmente, con una voce totalmente “reale” che si fa notare.
E nonostante la somiglianza dei brani stessi tra di loro, è innegabile la grande cura degli “Emian” nel loro lavoro, niente è lasciato al caso, ogni colpo di tamburo è ben calibrato e gli arpeggi si amalgamano tra di loro per creare immagini oniriche di feste pagane, preghiere e devozioni a Madre Natura, non è un suonare per esprimere sentimenti o per hobbie, è un suono religioso, che è quasi blasfemo ed irrispettoso commentare (e quindi recensire), perché è come dare un giudizio su qualcosa in cui questi ragazzi credono e che è esattamente identico a tutte quelle “Ave Maria” o “Symbulum 77” che siamo sempre abituati ad associare ad un concetto religioso. Qui non si tratta di cattolicesimo, ma la sostanza non cambia.”La Gavotte” al numero otto e “Karnak A.D.” numero nove di questo “Khymeia” non fanno altro che aumentare il senso di amore e rispetto che sto provando, nello scrivere questa recensione. “Invocazione” poi, è un brano incredibile. Una voce maschile che recita in dialetto più che cantare, senza musica, su una base quasi ambient all' inizio e di una dolce arpa poi, quando tornano le vocals femminili di “Aianna” e l' aria continua in uno splendido dialetto napoletano, che davvero, donano uno spessore totalmente palpabile ! Un brano da ascoltare assolutamente, che lascia tanto sia a livello di rispetto e amore per la propria terra e tradizioni, sia a livello di cultura di nicchia e reale, un pezzo che insieme al successivo “Mephite”, sono il vero punto di forza di “Khymeia” a mio avviso.
Un brano più orecchiabile e divertente è senza dubbio “Chéne Blanc” con il riffing allegro e il battito di mani a portare il tempo, cosa che si accentua nella seconda parte e nel finale, per risultare ancora più sbarazzino, molto bello ! Arrivo alla numero tredici “Kuulin Aanen” e torna il senso poetico di devozione, quella religione pagana che reclama il suo giusto posto nel cuore dei fedeli, di chi ha sentito il richiamo della terra ed a lei consacra il proprio credo e la propria anima, cantando in acustico nei boschi della propria terra. Ma soprattutto mi godo nel vero senso della parola, la quattordicesima traccia “Auciello Grifone”, dove torna il testo in dialetto campano, che è veramente una poesia da ascoltare in questo frangente. Quindi mi fermo, blocco la scrittura, per ascoltare col cuore questo brano. Così come la successiva “Le Due Sorelle”, questa volta cantata in italiano, che è la storia di un fratricidio, dal sapore gotico, che pare quasi un racconto di Edgar Allan Poe, ma con un suono melodico di strumenti acustici, così lievi da sembrare quasi il racconto di una commedia nera, ma, nonostante ciò, intrisa di sentimento, tra malinconia e desiderio di ricordare quel triste avvenimento. Penultima traccia al numero sedici “Owen's Boat” con il suo malinconicissimo arpeggio sul suono del mare che poi diventa più andante e anche allegretto se vogliamo, per permettere alla voce femminile di recitare la sua filastrocca, trasferendo un sentimento che è tangibile e si taglia col coltello. Ultimo brano, al numero diciassette è “Tramontana”, ennesimo brano strumentale che va a chiudere il cerchio, così come l' uroboros in copertina. La dimostrazione di quando per pregare non servono parole, non servono formule o riti preimpostati, quando per esprimere il proprio credo e ringraziare i propri dei, basta lasciarsi andare nel modo più naturale possibile, ed è proprio questo che loro chiedono a noi stessi, l' abbandonare lo stato di “coscienza umana” per tornare alla terra, agli elementi, far tornare il nostro corpo e la nostra anima a ciò che realmente è : Il miracolo della vita, che nasce dalla natura e dall' amore.
Se amate il genere assolutamente consigliato, se cercate cose più casiniste e meno profonde, no.

Voto
8/10

Anthony




Line Up :
Aianna Egan
Emain Druma
Rohan
Màrtìn Killian

Genere:
Folk/Pagan Music

Paese : Italia

Città : Avellino

Discografia :
Acqua terra : Full legth (2014)
KHYMEIA : Full legth (2016)

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