sabato 30 dicembre 2017

La Top 10 della Stanza B-151 dei migliori Dischi Metal 2017 !


E torno dopo qualche mese di latitanza, a scrivere della musica che amiamo qui nella Stanza più buia, e, colgo l'occasione per augurare a tutti voi lettori buone feste per un felice anno nuovo ! Ci tengo a sottolineare, che questa classica è assolutamente personale, dettata dai gusti del sottoscritto !

1- 1.SEPTICFLESH – CODEX OMEGA


2- CANNIBAL CORPSE – RED BEFORE BLACK


3- CRADLE OF FILTH - CRYPTORIANA-THE SEDUCTIVENESS OF DECAY


4- PARADISE LOST – MEDUSA


5- THE BLACK DAHLIA MURDER - NIGHTBRINGERS


6- SCUORN - PARTHENOPE


7- MARILYN MANSON - HEAVEN UPSIDE DOWN


8- KREATOR – GODS OF VIOLENCE


9- DYING FETUS – WRONG ONE TO FUCK WITH


10- NE OBLIVISCARIS - URN


lunedì 18 settembre 2017

MISTEYES il Videoclip Ufficiale di Creeping Time !



Arriva finalmente l' attesissimo Videoclip della Title track del primo full dei torinesi Misteyes, "Creeping Time", non ci resta che godercelo, in attesa dei prossimi lavori di questa fenomenale band!

Anthony


venerdì 8 settembre 2017

Epica - The Solace System - Recensione Album #19


A cura di Anthony

Attenzione, recensione disponibile anche sul sito All Around Metal

Gli Epica fanno sul serio !
La band olandese sembra stanca di essere considerata parte di un genere per ragazzini e, diciamolo, ogni fan è stanco di sentirsi dire che li ascolta solo per l'abbagliante bellezza della singer Simone Simons, cosa veramente ridicola.
Hanno quindi appesantito il loro sound già da tempo, inserendo elementi tipici di generi molto più estremi, come Death Metal, Djent, ma anche Progressive e Black, creando uno stile proprio della band, che ha ben poco da spartire, a mio avviso, con le restanti nuove leve del Synphonic.
Le composizioni della band sono serie, moderne e fresche, impegnative, geniali oserei dire, i brani sono studiati, sono sofferti e mai banali, l'immensa capacità compositiva degli olandesi, si è andata raffinando, affinandosi ed affilandosi, divenendo col tempo, una vera e propria punta di diamante del Metal mondiale di oggi-giorno.
Accantonati i temi più “goth”, che li avevano resi celebri all'inizio della loro carriera, gli Epica, si sono spesso concentrati su tematiche sociali ed introspettive, ma, dall'uscita di “The Quantum Enigma”, il nuovo amore concettuale della band, sembra essere la fisica quantistica, lo spazio, l'universo e tutto il senso cosmico di un senso ed una modalità dell'esistenza della vita e della materia stessa, che è veramente troppo inconcepibile per un semplice essere umano, ma al tempo stesso, ugualmente affascinante. Ed ecco quindi, che a più di tre anni di distanza da “The Quantum Enigma”, vede la luce ciò che possiamo definire come il completamento di “The Holographic Principle”, la chiusura del cerchio, ovvero l'Ep “The Solace System”, uscito esattamente un anno dopo l'album di cui è il giusto proseguimento.
“The Solace System” contiene sei brani ripescati tra quelli scartati dalla tracklist di “The Holographic Principle”. Si presenta con una elegante ed accattivante confezione digipack, con una copertina che definire meravigliosa è un eufemismo, e non solo perché dopo anni finalmente torna Simone in copertina, e la cosa non può fare che piacere !
La prima traccia, senza nessun fronzolo, senza una classica intro, tanto care alla band, è la title-track “The Solace System” e, ciò che salta subito all'occhio, o meglio, all'orecchio, è l'immenso senso di “elevazione”, di cui è pregna l'atmosfera. Si ha subito la sensazione di stare ascoltando qualcosa di “alto”, di maestoso e complesso. I cori iniziali donano immenso spessore e carattere al brano e, dopo una pausa generale, la voce dolce e fresca di Simone entra in campo già sparata a mille, subito seguita a ruota dal grunt granitico di Mark Jansen, contornato dai cori, ampi ed accattivanti. La sezione ritmica non accenna mai ad un calo, neanche durante le strofe, ma resta costante, aggiungendo colpi di doppia cassa a tappeto, durante il ritornello e, come sempre nello stile della band, molta importanza è data alla parte puramente strumentale dei brani, che qui raggiunge il suo apice con un assolo splendido e funesto, forse leggermente corto per i miei gusti, ma che poi va ad esplodere sul drop e regala un ricamo sublime, dove il sistema solare, viene meravigliosamente omaggiato. Con la seconda traccia, “Fight Your Demons”, tornano i temi positivi e carica di speranza di cui gli Epica hanno sempre abusato e mi stupisco di come un brano del genere, possa essere stato scartato dalla tracklist dell'album principale (The Holographic Principle). Il Djent regna, su delle fasi forse leggermente canoniche, ma con una immensa potenza delle terzine e con una distorsione dura come un masso, creano una cascata di martelli dietro le pelli. L'assolo poi, è il vero punto d'arrivo di questo brano, uno sfogo, una violenza unica, voci femminili e growl cupi si alternano in una costante ascesa verso l'infinito, ricordandoci di non arrenderci mai e di continuare a combattere i nostri demoni. Il vero capolavoro di questo Ep, è però sulla pista d'atterraggio, ed arriva puntuale al numero tre, con il titolo “Architect of Light”, un brano magnifico, emozionante e sensazionale, che con i suoi cinque minuti e ventun secondi, riesce a far realmente immaginare mondi “exta-materiali”, fatti di una essenza che non possiamo neanche immaginare e concepire sulla Terra, vivi una dimensione cosmica talmente assurda e reale al tempo stesso, che può solo appartenere al divino. E mi chiedo cosa abbiano pensato quando lo hanno scartato, perché è uno dei punti di forza non solo di questo concept, ma di tutti gli ultimi anni della band.
Scintillii di Synth, tastiere che paiono uscite da un film epico su Re Artù e i Cavaliere della Tavola Rotonda, per poi esplodere con un riffing ed una melodia vocale dei cori, che è tra le migliori ascoltate nell'ultimo periodo. La lead vocalist accarezza le nostre anime con una voce dolce e fresca, e smorza la potenza incontenibile della sezione ritmica che non accenna a calare di un tono, soprattutto quando sono i Grunt di Mark ad entrare in gioco ed un blast beat fitto come un groviglio di rovi, si stende a tappeto sotto tutta la composizione. E poi la magia : Architetture innaturali di castelli fatti di luce e pietra si stagliano davanti ai miei occhi sognanti, con fasci di luce dorata che tagliano in diagonale le loro sagome bianche, cori angelici e l'immensa maestosità di questa band e della Dea che fa da Frontgirl, che si eleva al di sopra di tutto, della terra, del sistema solare, della realtà stessa, che ci dona un assaggio, un pezzo d'Arte, di una magnificenza ultraterrena !
Ancora imbambolato da una meraviglia del genere, con l' anima sazia ed in estasi, mi accingo ad ascoltare “Wheel Of Destiny”, quarta tappa di questo viaggio in musica, nel sistema solare. Una esplosione di potenza e riffing da old school, creano il giusto mood per aprire la strada ad un pre-chourus strumentale che va ad allungare l'intro senza stancare. La voce di Simone saltella sulla chitarra ritmica, rincorsa da un poderoso growl, che la costringe a rifugiarsi in un ritornello molto piacevole ed accattivante. Benché il brano non raggiunge il livello del suo predecessore, risulta ben studiato, bilanciato e con una buona sezione strumentale a cui viene lasciato una buona dose di spazio, pur restando su fasi canoniche. Il giusto brano per alleggerire l'Ep, almeno emotivamente, perché qui il metal è predominante e la potenza dei brani è costante, almeno fino alla prossima canzone, ovvero “Immortal Melancholy”, dove se la potenza cala, donando un attimo di tregua ai nostri timpani, è l'emotività a raggiungere le stelle ! La ballad è lenta e calma, ed è una leggera chitarra acustica a partire, sorretta da un basso forse troppo predominante e potente. La voce di Simone è molto “in your face”, pulita, melodica, molto fresca e tenera ma con delle punte di lirico che ne smorzano la dolcezza. Il brano è corto, si tratta del pezzo più breve dell'Ep e credo che sia la sua dimensione adatta, una lunghezza maggiore avrebbe finito per snaturarlo, a discapito della freschezza. Una canzone che, pur essendo una ballad, dice in faccia ciò che ha da dire e lascia l'ascoltatore a riflettere su quelle parole, senza aggiungere altro, facendo in modo che sia egli stesso, ad aggiungere ciò che il proprio cuore pretende ancora di sentirsi dire. Meraviglioso.
Ultimo step, purtroppo, per “Decoded Poetry”, la vera chiusura del cerchio, con questo, il principio olografico è finalmente concluso, eviscerato, spiegato e completo, ultimo brano che può finalmente liberare la band da questo macigno troppo pesante da reggere e da sopportare, ed ora con queste note prepotenti, che tornano a martellare innalzandosi nel cosmo, possono finalmente dare pace a quest'arte irrequieta.
Il pezzo torna sul livello dei pezzi precedenti ad “Immortal Melancholy”, ovvero un brano molto potente in pieno stile Epica, con parti sinfoniche che vanno ad arricchire la composizione ritmica che oscilla tra Thrash metal e Djent, con spruzzate di vari altri sottogeneri, che non fanno altro che dare ulteriore “odore”, ad un pezzo che di suo, è già molto vario e complesso. La voce che si unisce alla parte finale dell'assolo, è veramente la ciliegina sulla torta, che ci accompagna al finale, al culmine di tutto, che non poteva essere che magnifico e maestoso, pomposo come solo una band sinfonica di tale livello può essere.
Gli Epica sono tornati alla grande a solo un anno di distanza e ci regalano un ulteriore assaggio, dopo una gustosissima ed abbondante portata come lo è stato The Holographic Principle, di quello che possono tirare fuori dalla loro incredibile capacità compositiva e bravura eccelsa. Inutile dire il contrario.
In conclusione, con il chitarrista Isaac Delahaye, ha tenuto in più di una occasione a ribadire, “se prima d'ora gli Epica sono stati una band Synphonic, con componenti metal, ora sono una band assolutamente Metal, con componenti Synphonic”, lontana anni luce (è proprio il caso di dirlo), dal finto metal che infesta i festival ormai, che vive d'immagine con frontgilrs scosciate, scollate ed ammiccanti, con un look che oscilla tra il goth e l'emo, e che hanno ben poco da offrire se non una distorsione durante gli innumerevoli ritornelli e sempre più centimetri di pelle da mostrare.
Gli Epica sono un altro mondo, un altro universo e lo dimostrano lavoro dopo lavoro, con una bravura, capacità e coraggio, che li ha già resi maestri di tale genere e che li sta portando man mano, sempre di più nella leggenda.

Anthony
Tracklist:

01. The Solace System
02. Fight Your Demons
03. Architect Of Light
04. Wheel Of Destiny
05. Immortal Melancholy
06. Decoded Poetry

Line Up: 

Simone Simons – Lead Vocals
Mark Jansen – Chitarra ritmica, Grunt
Isaac Delahaye – Chitarra solista, Cori 
Rob van der Loo – Basso 
Coen Janssen – Tastiere e Synth
Ariën van Weesenbeek – Batteria, Growl



giovedì 7 settembre 2017

R.I.P. Ameara LeVay


A cura di Anthony

Amici estremi piangete con me, oggi è un brutto giorno per tutti gli appassionati dell' eccesso su pellicola, Ameara LeVay (al secolo Brandy Petrie), muore in un conflitto a fuoco, ad appena trentaquattro anni. La pupilla di Lucifer Valentine, la vera star della Vomit Gore Saga (non ha più senso chiamarla "Trilogy"), è morta per le ferite riportate dai colpi di pistola, mentre era nella sua casa di Langley, in Virginia, insieme al suo amico ventenne "Avery Levely-Flescher", anch' esso deceduto qualche ora dopo in ospedale, il 1° settembre 2017. 
Il sospetto sarebbe "Travis MacPhail", un ventunenne residente a Langley, già noto alla polizia perché in passato accusato di molestie sessuali e minacce, che è stato trovato a curiosare intorno alla scena del crimine con fare sospetto ed è stato preso in custodia dagli agenti, MacPhail è inoltre stato denunciato per detenzione abusiva di armi da fuoco e munizioni da guerra, illegali in Virginia. 
Il Capitano "Frank Jang" della "Integrated Homicide Investigation Team", ha dichiarato ai cronisti che non si tratterebbe di un crimine a sfondo sessuale e che le precedenti accuse di Travis MacPhail, non avrebbero nessun collegamento con la tragedia avvenuta, tuttavia, avrebbero già abbastanza prove per incriminare MacPhail, per duplice omicidio, ma non ha fornito ulteriore dettagli. 
Non sappiamo al momento se il presunto colpevole, fosse una conoscenza delle due vittime, ma il capitano Jang, ha tenuto a dichiarare che sebbene MacPhail fosse un pregiudicato, non era un grande criminale e che probabilmente non sarebbe in grado di compiere un delitto del genere, ma le prove sembrano essere tutte contro di lui. 
Che dire... la notizia mi ha colto impreparato, ci sono rimasto molto, molto male. Ameara LeVay, con la sua bellezza particolare, quel viso ammiccante e triste, aveva fatto sognare molti appassionati, sia nell' horror estremo, che grazie ai suoi trascorsi nel porno, ma è ovviamente, con Lucifer Valentine che viene consacrata a vera extreme star. La sua morte la farà entrare nella leggenda, anche se mi dispiace realmente non poco, ma a questo punto, possiamo solo augurarci che riposi in pace.

Anthony



A sinistra il ventenne "Avery Levely-Flescher", amico di "Brandy Petrie", meglio nota come "Ameara LeVay", di trentaquattro anni, uccisi entrambi nella di lei casa di Langley, in Virginia.


R.I.P.  

lunedì 21 agosto 2017

Agglutination Metal Fest, da 23 anni, sulla cresta dell' onda !


A cura di Anthony

Attenzione : Live Report disponibile anche sul sito All Around Metal

Finalmente ! Aspettavo con trepidazione l' edizione 2017 dell' Agglutination Metal Fest, che anche quest' anno si riconferma come il più grande ed importante festival metal del sud Italia, con un bill di tutto rispetto. Tanti ormai sono i grandi nomi che si sono succeduti sul palco dell' Agglutination, come Cannibal Corpse, Marduk, Edguy, Obituary, addirittura Carcass e Therion, e tantissime altre band internazionali. Quest'anno, è stata la volta di Sodom e Venom, ma andiamo per ordine.
Arrivo con un certo ritardo a Chiaromonte (PZ), ed è già un' emozione rivedere la collina sulla quale sorge la cittadina. La campagna circostante e la grande ospitalità di queste persone, che una volta all' anno si ritrovano la città bloccata ed invasa da capelloni metallari ! A proposito di questo, perdo ancora un po' di tempo per trovare un parcheggio, ma finalmente riesco ad arrivare al campetto della scuola, proprio durante lo show degli IN.SI.DIA, che con il loro Thrash-Hardcore, deliziano i presenti e, propongono addirittura una cover della leggendaria band torinese dei “Negazione”, ovvero “Tutti Pazzi”. Una bellissima sorpresa, e se questi sono i propositi, mi rammarico di non essere riuscito ad assistere alle performance delle band precedenti, cioè Memories of a Lost Soul, Ghost of Mary, Assaulter e Gravestone, ma poco male, il pubblico sembra rilassato e già divertito, quindi sono certo che siano state grandiose.
Gli IN.SI.DIA scendono dal palco poco dopo, giusto il tempo di posizionare strumenti e suoni, ed è pronto il tabellone di quella che sarà la vera rivelazione di questo Agglutination, il primo dei Main Events della serata, ovvero i “White Skull”, che con tanto di teschio bianco sotto al microfono principale, fanno la loro entrata a luci basse, uno ad uno. Ciò che colpisce immediatamente, è inutile negarlo, sono i capelli biondi della bella Federica, ma imbracciate le asce, la band inizia a far vedere di che pasta sono fatti. Lo show è grandioso, io conoscevo già questa band di nome, ma non mi era mai capitato di ascoltarli dal vivo e devo dire che mi hanno lasciato a bocca aperta. L' ugola della singer mescola un pulito in pieno stile Thrash metal, con uno scream acido e perfettamente integrato nel pezzo, i cori sono perennemente ben dosati ed entrano in gioco solo quando ne è richiesta la presenza, tastiere perfette, per niente invadenti (come ahimé, capita spesso con altre band dotate di Keyboards), ma soprattutto, gli eccezionali e mastodontici assoli di Danilo. Qualcosa da lasciare sconcertati, faceva cantare quella Ibanez che sembrava un misto tra Maria Callas e Sasha Grey, ma con la grazia e la sensualità di Grace Kelly e Simone Simons, qualcosa che mi ha lasciato senza parole, composizioni da orgasmo ed una tecnica ostentata senza arroganza, né aria di superiorità, ma anzi, insieme alla stimolazione assolutamente erotica di certe note che facevano tremare i clitoridi delle donzelle presenti, trasmetteva anche tanta riconoscenza per gli applausi che giustamente ricevevano e la contentezza e l' orgoglio, di essere li su quel palco, con la propria musica. Una band come tutte dovrebbero essere. Conclusasi la performance dei White Skull, perfettamente, così come era iniziata, si riaccendono le luci, per dare il tempo ai tecnici di fare il loro lavoro sul palco ed al pubblico di ristorarsi ai vari stand sempre presenti ad ogni edizione e di usare gratuitamente i bagni, messi a disposizione dalla grande organizzazione del festival, ed il palco si colora d' azzurro, con un immenso logo che capeggia sul palco, una parola “Sodom” ed il pubblico si affretta a prendere il proprio posto in prima fila per il secondo Main Event. Così il boato accoglie Tom Angelripper e company e si inizia immediatamente a martellare. I Sodom sono una vera e propria macchina da guerra, inarrestabili continuano a macinare accordi in up, mentre il pubblico poga e qualcuno si fa lanciare oltre le transenne. Dopo circa 5 brani eseguiti dalla band, si rompe una corda al basso di Angelripper e bisogna attendere la sostituzione, mentre il frontman intrattiene la folla che al grido di “Sodom, Sodom”, attende impaziente che sia tutto in ordine per riprendere il delirante pogo che partirà immediatamente dopo e che porterà la band ad eseguire i pezzi storici e più amati, come “M16”, “Blasphemer”, “Agent Orange”, “Ausgebombt”, “Nuclear Winter”, “Remember the Falling” e soprattutto le monumentali “City of God” e “Napalm in the Morning”, con il palco che si colora di rosso acceso, blu e giallo quando occorre. Pian piano anche i Sodom giungono al termine, ed il momento che tutti aspettavano è praticamente giunto. Lo storico logo dei Venom viene issato, con tanto di satanasso sul retro della batteria e quando si calano le luci, ecco che dal lato sinistro del palco, Cronos, Rage e Danté fanno la loro comparsa. Devo dire che il pubblico, forse per la stanchezza, si era raffreddato un pochino, nonostante le continue incitazioni di Cronos, che si lascia andare ad una fecciatina nei confronti di quei “Venom Inc.”, tenendoci a ribadire che esiste soltanto una band chiamata Venom, ed è quella che sta suonando su quel palco quella sera. Così anche il pubblico ritrova le forze e, nonostante resti leggermente impalato senza un pogo o a grandi acclamazioni, esplode letteralmente durante i grandi classici della band, come “Countess Bathory”, la leggendaria “Black Metal” ed il colpo finale, è un vero pezzo di storia, cioè “In League with Satan”. Un' ora e mezza abbondante che è la ciliegina sulla torta di un festival magnifico, che di anno in anno porta prestigio al metal in Italia ed in particolare al Sud, sempre troppo dimenticato dai grandi eventi. Peccato che Cronos non si conceda a foto o autografi con i fan, ma preferisce scappare subito, senza neanche rilasciare una dichiarazione a noi giornalisti, ma tant' è, il caro vecchio dio del tempo è così, o lo si odia o lo si ama, ma devo dire che questa sera, con la sua band, colonna portante del metal mondiale, si è fatto apprezzare non poco !
Grazie immenso all' organizzazione e a tutti quelli che hanno permesso tutto questo. All' anno prossimo per un nuovo Agglutination !


Anthony



sabato 5 agosto 2017

Francesca e Paolo - Racconto



Di Anthony

<<I tuoi capezzoli rossi, come ciliegie o fragole, monopolizzano lo sguardo, suscitano sensazioni dolci e potenti. L’ incavo delle tue clavicole, il lago secco, dove il mio bacio trova casa, sotto le linee del tuo collo, lunghe ed inevidenza, spettacoli divini, come fiumi in piena si riversano sull’ altopiano del tuo seno, il calore che emani, è la grazia che da la vita nata nella valle del tuo ventre, perché tu, donna mia e mia soltanto, sei il respiro che mi fa sognare, la luce che dona la vista agli occhi miei, tu, donna mia, sei ciò che permette al mio cuore di pompare il sangue bollente, che in piena, invade le mie vene cancellando ogni cosa e lasciando ovunque solo il tuo nome, ardente. >> Paolo, in piedi accanto alla porta socchiusa, ammirava la sua ragazza, come se fosse l’ opera maestra del più grande degli artisti. Nella penombra della stanza, un fascio di luce solare, sfacciato, entrava tra le tapparelle abbassate, accarezzando il mazzo di rose rosse portato in dono, come ogni fidanzato che si rispetti dovrebbe fare, perché non v’è passione più onesta, di quella di cui parlano i fiori.
Accarezzando il suo corpo, dalla pelle d’ oca per il contatto con la formìca fredda, Francesca era sdraiata sul tavolo, sapeva cosa stava per succedere e, quando Paolo si alzò, discostandosi dall’ infisso della porta, iniziò a tremare…
La lingua del ragazzo, seguiva il movimento che poco prima aveva fatto il suo dito lungo la gamba. Arrivato dietro al ginocchio destro, il viso di Paolo si fermò e numerosi baci vennero lasciati nella zona, proprio in mezzo ai tendini. Il suo movimento era lento e dolce, gustava il momento e tutto il profumo della sua amante. Francesca sentiva i brividi salire lungo la coscia, ma dopo un po’, pensò che quel movimento nascondesse qualcosa di vampiresco, stava per ritrarre la gamba, quando il dito indice di Paolo, scivolò con il dorso tra i leggins, velocemente, dall’ ano alle labbra del pube, che mano a mano andavano gonfiandosi. Tre dita, furono posizionate sopra l’ invitante rigonfiamento tra le cosce e premendo appena, Paolo le faceva muovere disegnando piccoli cerchi e, quando finalmente sentì la clitoride turgida sotto le dita, alzò lo sguardo e le disse :<< Chiudi gli occhi...prenditi qualche secondo... in silenzio... voglio che immagini il mio cazzo, con le palle gonfie... che poggia la punta calda sulle tue labbra... – il suo linguaggio maleducato, eccitava ancora di più la ragazza - si muove un po'... struscio sul clitoride per tutta la lunghezza... prima verso l' alto, piano... poi torna giù...ancora piano piano... alzi il bacino e a quel punto, te lo spingo dentro... tutto d' un fiato... aprendoti...senti il calore che t' invade...ti tengo stretta per i fianchi e te lo sbatto dentro con forza... gustati il momento...- la sua voce era ferma e profonda, comandava la sua compagna, senza lasciarle il fiato per provare a ribattere, poi continuò - prova a pensare al mio sesso, che prepotente ti percorre le viscere, mettiti le dita dentro e immagina la scena... vorrei che ti abbassassi gli slip per me... >>. La ragazza non assecondò il suo desiderio, ma prese a muovere il bacino, le sue mani trovarono quella di Paolo che continuava a muoversi lentamente sui suoi leggins, ormai fradici, tenendo strette le sue dita, le costrinse a muoversi più velocemente. Si leccava le labbra socchiudendo gli occhi, mentre il suo bacino, creava un eccitantissimo movimento, sensuale e porco allo stesso tempo. Le dita del ragazzo, l’ indice e il medio, tennero stretto la clitoride, e, mentre il palmo continuava a massaggiare le labbra, che sempre di più bagnavano la stoffa sintetica dei pantaloni, la punta delle dita stringevano l’ organo erettile, muovendone la pelle su e giù. Lo massaggiavano ai lati, prima a destra, poi a sinistra, passando da sotto… solo la punta non veniva sfiorata, anche perché era il tocco della stoffa a lambirne la punta. Il movimento durò ancora qualche minuto, fino a che, Francesca, ansimando, tra un gemito e l’ altro, riuscì appena a pronunciare le parole “Ti prego…leccamela…” ma Paolo non fece altro che sorridere, si sistemò in modo che la sua bocca, sfiorasse il sesso della sua ragazza, ma, proprio quando pareva che stava per esaudire la sua richiesta, Paolo pronunciò queste parole : <<I tuoi occhi cercano i miei, abbassi la fronte e ti appoggi alla sedia, aprendo le gambe... capisco che è il momento di darti piacere e, portando quanta più saliva possibile dietro di se, la mia mano scende... tu abbassi rapidamente i pantaloni rivelando il tuo tesoro, che mi fa impazzire e, senza perdere un secondo, ci metto sopra la mano piena di saliva... calda e densa... le labbra colano, gonfie di piacere... e ci passo le dita in mezzo... premo il palmo sopra... muovo la mano, creando dei piccoli cerchi... e poi, finalmente, tiro piano, senza farti male, le grandi labbra, facendo uscire il clitoride, turgido e bramante di sesso... è in quel momento, che slacciandomi i pantaloni, ti guardo negli occhi e maliziosamente, ci poggio la lingua... appena il tuo corpo si contorce, inarcando la schiena, prendo la tua mano... e me la porto sul mio cazzo...duro, gonfio... la giro e la stringo intorno... >>. Eppure, nessuna di queste cose fu realizzata. L’ eccitazione impediva a Paolo di ragionare pienamente, eppure, con la mano destra tra le gambe tremanti di Francesca, il suo monologo continuò :<< La guardo, la bacio, la respiro... passo la lingua sul monte di venere e continuo a darci piccoli e numerosi bacini... tutto intorno...vorrei dirle quanto la amo... ma mi limito a succhiare il clitoride, a strusciarci la lingua sotto... e il tuo sapore mi inebria...metto le dita in verticale... l' indice tocca la punta, mentre medio e anulare, scivolano intensamente tra le labbra... la muovo velocemente... premendo forte ora... ti sto masturbando seriamente e con l' altra mano, tengo stressa la tua intorno al mio sesso... a volte la succhio forte, prendendo in bocca tutte le labbra... infilandoci la lingua dentro... la premo intorno alle pareti, forte... non riesco a farne a meno... ti passo un dito sul secondo buchetto... lo bagno per bene.. – Poi continuò - scendo baciandoti tutto intorno... adoro quando mi stringi la testa tra le cosce...metto il naso tra le labbra e la lingua scende... sul tuo ano... lecco bene tutto intorno... quella pelle morbida e delicatissima... bacio a fondo l' incavo tra le tue chiappe e muoio vedendo che alzi il bacino spingendolo in fuori... la tua voglia mi accende dentro... leccando avidamente, con tanta saliva che mi cola anche sulla faccia, piano infilo un dito... sento i tuoi spasmi che me lo cingono e ne approfitto per farlo entrare di più... con l' altra mano ti struscio il clitoride...>>. Le mani di Francesca, a questo punto, lasciarono le dita di Paolo, velocemente si sfilò i leggins e l’ erezione del ragazzo, si strusciò sulle labbra bagnate e calde… fece per penetrarla ma si fermò, Paolo godeva nel vedere la sua compagna ridotta senza forze per via di tale eccitazione, il glande iniziò a masturbare la clitoride della giovane, che ansimando, pregò il ragazzo “No, non così…per favore…ora non più…”. Sorrise. Paolo pensò che era ora di scopare finalmente e, senza nessun preavviso, penetrò a fondo la ragazza, tenendola stretta per i fianchi. Francesca si sentì invasa dal calore crescente, si sentiva riempire e respirava ogni volta che il maschio si ritraeva, prima di tornare dentro di lei, ancora più prepotente ed esigente. Paolo tirava la ragazza dai fianchi verso di se, quando la penetrava, per poi rilasciarla un istante dopo, prima di ripetere la cosa, ancora e ancora, tirarlo fuori, quel tanto che basta per risbatterlo ancora dentro con forza. Estasiato, ammirava il seno rigoglioso della giovane, che si muoveva seguendo il movimento dei due corpi, così si chinò su di lei e la baciò con passione. Le loro lingue, ora erano insieme, unite in una danza armoniosa e senza sosta, tutto era bollente e, le mani scorrevano sulla schiena, premendo a fondo. La pelle umida e sudata, veniva tirata, lasciando solchi rossi che parlavano di passione. Quando le mani del ragazzo, affondarono nei meravigliosi capelli di lei, non gli fu più possibile trattenersi : Si alzò di colpo, dal suo pene carico, spruzzò una grande quantità di sperma denso e caldissimo, che colò all’ esterno del canale vaginale, macchiando il tavolo. Tenendolo con la mano destra, ogni volta che la pelle veniva tirata all’ indietro, un bianco flotto caldo si riversava sul ventre e sul seno della ragazza, per diverse volte. La giovane si contorceva, infuocata da tale azione. A quel punto, i ragazzi esausti, crollarono l’ uno sull’ altra, scoppiando a ridere, baciandosi teneramente, poi, Francesca, sorridendo gli disse :<< Sei un bastardo, uno stronzo immenso, lo sai ?!>> e lui rispose : << Si, lo so, e so anche che ti piace da morire !>>. Risero e continuarono a baciarsi, erano complici… come un solo essere.
FINE

Anthony 

mercoledì 21 giugno 2017

Keres - Heresy - Recensione Album #18


A cura di Anthony

Primo lavoro in studio di questa band giovane, ma i cui membri hanno già una notevole esperienza, che irrompe sulla scena italica con un Ep di debutto che colpisce già dalla copertina, forse un po' troppo “scarabocchiata”, ma noi siamo qui a valutare la musica e non ci facciamo abbindolare da queste cose secondarie !
Il primo pezzo è “Aibohphobia”, una intro di poco più di un minuto e mezzo che ci fa addentrare nel mondo oscuro raccontato in musica dai Keres. Una chitarra tutto sommato calma, sporcata da un basso opprimente e minaccioso e devo dire che se l' intento era quello di creare una certa tensione, l'intro ci riesce benissimo. La potenza, quella vera, arriva con “The Unworthy Ones” ed il suo scream iniziale. Si nota immediatamente il guitar working per niente banale e mai piatto, un brano che richiama i Behemoth di “Zos Kia Cultus”, così come “Strings of Fate”, torna un Blackened Death Metal superbo ed originale, che però mai va ad intaccare i canoni del genere. Colpiscono le vocals alternate tra uno scream non molto acido a dire il vero, ad un growl abbastanza cavernoso e che deve molto a Belphagor. Una cattiveria ed una potenza notevoli, quando le corse in doppia cassa prendono possesso della scena e questo brano è caratterizzato da sfoghi dietro le pelli, prima di un intermezzo acustico inaspettato e gradevolissimo, un' idea stupenda e malsana, che aggiunge tensione e anche cattiveria a tutta la composizione, grandissimi !!
“Heresy”, parte lento per poi sfociare immediatamente in un infernale corsa attraverso le tenebre. L'Influenza di band come Necronomicon, ma anche vocals tipiche di band più classiche, come Ancient, è palese e distinguibile, nell' immensità di note che i “Keres” vomitano battuta dopo battuta, ma sempre con dedizione, chiarezza ed originalità. Questa title-track racchiude tutto il meglio che una band giovane come questa può dimostrare, un lavoro che lascia col fiato sospeso di traccia in traccia. “Phosphorus” è forse il brano più veloce ed estremo di questo mini-cd, con un lavoro sulle corde pazzesco ed una batteria paragonabile ad una mitragliatrice, non c'è un attimo di pace, non un secondo di respiro, tutto è finalizzato ad arricchire i pezzi. Anche la produzione stessa del disco, seppur non impeccabile, è assolutamente adatta al tipo di sound proposto e credo che una produzione più plastica, avrebbe di sicuro tolto magia e magnificenza ad una band che si fa notare non solo per originalità di composizione, ma anche per una esecuzione eccellente. “Dawn of the Titans” è purtroppo l' ultima traccia dalla bella intro cadenzata, un brano che mi fa pensare ai brasiliani “Unearthly”, un pezzo che gira più volentieri verso il death metal, con chitarre pesanti e granitiche e growl cupi. A mio avviso, questo “ Dawn of the Titans” è un po' la traccia più debole di tutto il lavoro, ma attenzione, è assolutamente degno di far parte di questo Ep, e devo dire che chiude bene “Heresy”.
In conclusione, si tratta di un lavoro che rasenta la perfezione, sono poche le band, soprattutto in Italia, che si dedicano al Blackened Death Metal e che lo fanno con un grande amore e passione per questa musica estrema, e che riescono ad ottenere certi risultati. Una band da tenere d' occhio per le prossime release e nel frattempo, goderci questo esordio da paura ! Assolutamente consigliato.

Anthony

Band : Keres

Line Up : 
Ares - vocals, 
Astahrot - guitar,
Hrymr - bass,
Notrhakr - guitar

Genere : Blackened Death Metal / Black - Death Metal

Paese : Italia

Città - /

Discografia : "Heresy" ( Ep 2016)

Contatti : Facebook



lunedì 22 maggio 2017

SCUORN - Sepeithos (OFFICIAL VIDEO)


I napoletani Scuorn hanno rilasciato il primo videoclip ufficiale della band, il video del singolo "Sepeithos", estratto dal primo full-leight della band "Parthenope" di cui trovate la recensione seguendo il link. Qui di seguito, il video di "Sepeithos".
Anthony



lunedì 15 maggio 2017

Hastur - The Black River - Recensione Album #17



A cura di Anthony

Attenzione :  Questa Recensione è disponibile anche sul sito All Around Metal

Il Death metal nasce verso la fine degli anni '80, come estremizzazione del Thrash metal, per lo più nelle tanto amate regioni scandinave, da band che sono sempre state avanti in quel campo, e quasi parallelamente, si viene a creare uno stile analogo, ma profondamente molto differente, negli Stati Uniti. Forse, anche per questo motivo, il Death Metal trae spesso linfa vitale dai martellanti giri Thrash e spesso le due cose si fondono, finendo per diventare una cosa sola. E' questo il caso degli “Hastur”, band molto interessante che è rimbalzata all' attenzione di chi ha l' occhio lungo per l'underground, con l' album “The Black River”. Un concentrato di rabbia e violenza controllatissima e tremendamente efficace già dal primo brano “Black River”, ma, a sorprendermi, è stato l'interessantissimo guitar working della seconda traccia “Consumer the Soul”, mai banale, mai scontato e sempre in primissimo piano al centro dell' attenzione. Una sei corde che da il meglio di se saltellando sul tappeto di martellate dietro le pelle, che non disdegnano momenti tiratissimi in doppia cassa e altri più ragionati. “Infamous” parte subito a trecento all' ora e non c'è un attimo di tregua. E' il pezzo giusto al giusto posto della tracklist, che trovo come corretta e naturale proseguimento di “Consumer the Soul”. Fanno il loro ingresso le tastiere, che nella seconda parte del brano, contribuiscono a smorzare la furia iniziare e creare l' atmosfera marcia e macabra che si andava perdendo per far posto alla raffica di violenza. Lo splendido riffing di “Possessed”, cattura totalmente la mia attenzione, grande è il coinvolgimento emotivo che crea innanzitutto la sezione ritmica, contornata da una prima chitarra sempre attiva ed carismatica, che sfocia in un assolo crescente a metà tra l' hard rock più raffinato di Steve Vai e la rudezza di Pat O'Brien, e... la cosa si ripete ! Un brano favoloso, che non smetterei mai di ascoltare, con una carica ed una profondità pazzesca. Superbo. Se è possibile, si va ancora oltre con “The Clock of Evil” e la sua intro parlata, per non contare l'arpeggio di basso che apre la strada ad uno dei migliori esempi di Death Metal made in Italy, che abbia sentito negli ultimi anni. La nostra penisola infatti, si conferma sempre ad altissimi livelli per quanto riguarda il metallo della morte, basti citare gruppi come “Fleshgod Apocalypse” e “Hour of Penance” su tutti, senza voler scendere nei bassifondi dei fiumi di porpora, nominando Vulvectomy e band ultra-extreme che bazzicano il Death-Grind. Ma proseguendo, la meraviglia continua con “Hate Christians”, ed anche qui, la perfetta continuazione di un album che mi sta prendendo totalmente, non riesco a notare un passo falso o un giro banale, è tutto, incredibilmente perfetto e di più. A voler partire dalla sezione ritmica, ai giri solisti e persino la voce, che nonostante non scenda mai a livelli di growl veramente cavernosi e gutturali, è l' esatto timbro che dona ai brani ciò di cui hanno bisogno per essere vivi e, completandosi, nei magistrali assoli che sono sempre la chiusura del cerchio, per ogni pezzo che derivi dalla controcultura rock del secolo scorso. E questo ragionamento va a trovare conferma con “Brain Buried” ed il suo momento solista e il tempo che raddoppia e dimezza improvvisamente, creando vortici da cuore in gola, un delirio controllato, come sotto LSD. “Prisoner of Christ” è leggermente più legata ad una tradizione Grindcore, rispetto alle altre, ma anche qui è il Death-Thrash che regna, in un modo sublime e palesemente ispirato, con una blasfemia dirompente ed un' arte, che distrugge in secondo piano e prende forma sulle note di un pentagramma che sembra una pista di formula uno, quando le dita di un chitarrista maestro, sfrecciano sulla tastiera dello strumento. La fine purtroppo, arriva troppo prematuramente, con il brano numero nove, l' ultimo di questo “The Black River”, firmato “Hastur”, cioè “Purgatory” e a questo punto immagino abbiate tutti, voi cari lettori, immaginato la grandezza di questo album, un disco che si colloca di diritto tra le migliori uscite in ambito metal estremo degli ultimi anni, italiano e non, Concludo con la speranza che la band prosegua su questa strada e che possa presto sfornare altri lavori del genere, confermandosi uno delle migliori sorprese delle nuove leve, una band assolutamente da tenere d'occhio per le prossime releases. Tornando a questo particolare lavoro, lo consiglio altamente, non si tratta di un lavoro fatto bene, di quelli ce ne sono a centinaia ormai, si tratta di un album superlativo !

Voto
8-10

Anthony

Band : Hastur

Line Up : 
Napalm- guitar and vocal
Grinder- bass guitar
Docdeath- guitar
Hayzmann- drum

Genere : Death Metal / Death-Thrash

Paese : Italia

Città : Genova

Discografia : 
Live in Fear - Demo (1994)  
Macabre Execution  -  EP  (1997)  
The Black River - Full-length  (2016)

Contatti : E-Mail



sabato 6 maggio 2017

Dyrnwyn - "Ad Memoriam" Recensione Album #16


A cura di Margoth

Continua oggi l'ondata folk della "stanza più buia" con i Dyrnwyn, il gruppo Pagan/Folk Metal romano nasce nel 2012 e realizza un demo dal titolo "Fatherland" seguito dal loro primo EP rilasciato nel 2015, "Ad memoriam". Ogni volta che ho la fortuna di ricevere a casa un CD, immediatamente vengo assalita dalla voglia di piombare in camera ad ascoltarlo trascurando tutto ciò che magari stava impegnandomi l'attimo prima, ancor di più se tra le mani poi mi ritrovo un album folk o folk metal. Oggi a far da colonna sonora alla mia giornata sono i Dyrnwyn. Il mio occhio cade subito sul logo dal font ben pensato, che lascia trapelare qualche tematica che, successivamente scoprirò se affrontata o meno, curato nei minimi dettagli, in risalto su un artwork di non minore importanza. All'interno troviamo un booklet da sei pagine in cui sono presenti tutti i testi delle canzoni, una foto molto suggestiva, capace di rievocare il potente spirito folk caratterizzante della formazione ed i ringraziamenti, la grafica, inoltre, è curata da Gianmarco Colalongo. Come quasi sempre del resto, se la parte grafica riesce ad ammaliarmi ed i testi a catturare la mia attenzione, le aspettative musicali sono molto alte, infatti, non impiego molto tempo per dedicarmi all' ascolto musicale. La prima track è una intro strumentale sinfonica, introdotta da un incombente temporale incorniciato da flauti e chitarra che si susseguono lentamente, quest'ultimo introduce il secondo brano "Sangue fraterno", in cui è narrato il conflitto tra Romolo e Remo, la musica è caratterizzata da un tema principale in cui il flauto, l'assoluto padrone del pezzo, riesce a protrarre la sua melodia nella mia testa anche dopo l'ascolto degli altri brani e che introduce un alternarsi di scream e growl vocali con un doppio pedale incessante e una fisarmonica molto interessante. Il terzo brano "Sigillum" lancia un prorompente manifesto anticristiano, la voce di Thanatos col suo potente e rabbioso scream/growl permea sete di vendetta e rancore, talmente vivo da innalzare un inno pagano pregno di sangue e lotte di riscatto. Questa scena aspra e cruenta lascia però spazio ad un momento molto leggero e toccante presente nel pezzo, conferitogli dal commovente e ben interpretato narrato, che si lega amabilmente alle melodie malinconiche di flauto e chitarre. A seguire Tubilustrium, brano in cui le atmosfere ritornano gloriose ed eroiche e in cui è rievocata l'atmosfera di festa che precedeva l'inizio delle campagne militari romane. Il forte amore per la propria patria e la voglia di conquista di nuove terre riecheggia chiaramente dai toni epici delle orchestrazioni che impregnano il folk dei Dyrwyn in un dinamico crescendo inizialmente dolce e ammaliante grazie all'arpa e che poi esplode in un susseguirsi di scontri all'ultimo sangue tra batteria, chitarra e cori in latino, (caratteristica che ho apprezzato molto e presente anche in altri brani), che ci permettono di rievocare in modo ancor più empirico e realistico i gloriosi e facoltosi tempi dell' antica Roma. "Ultima quiete" completamente strumentale annuncia con le sua struggente cornamusa quella che sarà la catastrofe più assoluta in "Teutoburgo", dove si narrerà della disfatta di Varo, una delle battaglie più gravi che vide i romani subire una dolorosa sconfitta contro i germanici nel 9 d.C. Musica violenta, aggressiva ma che racchiude in se grande rammarico e sofferenza per il colpo ricevuto “Marte! Perché ci hai abbandonato?” è l'ultimo urlo sofferto con cui si conclude il viaggio dei nostri Dyrnwyn nell' antica Roma. "Ad Memoriam" è un tuffo nel passato, fatto di glorie, vittorie ma anche sconfitte che i Dyrnwyn hanno saputo narrare e rievocare sonoramente in maniera sapiente e suggestiva avvalendosi di suoni interessanti e ben prodotti. Guerre, lotte e scontri per riacquisire la propria gloria e dignità sono il giusto sentimento revanscista, che dovremo provare anche noi oggi nella società moderna, magari non in senso letterale ed evitando scontri bellici *risata*; ideale che anche il metal a suon di pogo e calci in faccia *risata* ha bisogno di riprendere per tornare in auge così come lo era un tempo. I Dyrnwyn sono uno dei tanti gruppi che probabilmente ha lo spirito giusto per farlo. Non mi resta che dare un voto a questo splendido lavoro.

Voto 8/10.

Margoth
Band : Dyrnwyn

Line Up : 
Ivan Cenerini (basso)
Alessandro Cerus Mancini (chitarra solista)
Ivan Coppola (Batteria)
Michelangelo Iacovella (tastiera)
Daniele Biagiotti (voce)

Genere : Pagan Metal, Folk Metal, Viking Metal, Death Metal, Thrash Metal

Paese : Italia

Città : Roma

Discografia :
"Fatherland" - Demo (2013)
"Ad Memoriam" - Ep (2015)

Contatti : 


martedì 18 aprile 2017

Alicia - Jaume Balagueró (1994)


Sette minuti di Weird intenso e meraviglioso. Un bianco e nero marcio e spaventoso che ci piomba nei meandri della mente alle prese con i primi approcci sessuali, al senso di colpa e al bisogno che scavano a fondo nel suo essere. Un' opera magnifica dal forte spessore e dalla incredibile sensibilità.
Cliccate sul link per godervi "Alicia", lo spettacolare corto di Jaume Balagueró, del 1994.
Anthony

mercoledì 12 aprile 2017

Scuorn - Parthenope - Recensione Album #15



A cura di Artic

Parthenope è l’album di debutto dei napoletani Scuorn.
E’ doveroso un accenno al concept generale della band essendo questo il primo full-lenght dopo la demo Fra Ciel’ E Terr’ nel 2008, stesso anno della nascita ufficiale della band.
Napoli è fra le città storiche più influenti nei passati secoli della penisola italica e come tale racchiude storia, arte, miti e leggende proprie del proprio excursus storico.
E’ proprio questo il target della band partenopea, mantenere vivo il ricordo di una tradizione forse in declino con l’avanzare delle ere moderne, ma che in questo album e soprattutto in questa band, trova un pregiato tributo.
A detta della band definiscono il loro genere “Parthenopean Epic Black Metal”, il che potrebbe certamente trarre in inganno un ascoltatore medio di primo pelo.
Non abbiamo certo a che fare con una produzione scadente e nemmeno di inesperti musicisti si parla, la definizione da loro stessa affibbiata al loro progetto è qualcosa di vero e certamente non frutto della fantasia dei membri.
Il progetto Scuorn enfatizza le dinamiche tipiche del Black e della propria terra d’origine ed intervallando ed amalgamando sonorità Epic fino alla creazione di un connubio perfetto di aggressività ed introspezione.
E’ questo ciò che ispira Parthenope sin dalle prime note, un esoterico ambiente tempestato dall’aggressiva volontà di una storia che non vuole morire.
Parthenope è un disco da ascoltare tutto d’un fiato tanta è la carica che trasmette ogni singolo brano, sono infatti pregevoli le scelte melodiche durante la stesura, accompagnate da una sequenza orchestrale la quale dona spessore e lustro ad una produzione già di altissimo livello.
Menzione d’onore va anche all’utilizzo frequente e perfettamente amalgamato di strumenti tradizionali della musica napoletana che si sposano perfettamente con il pressante Black che fa in ogni caso da padrone in tutto il disco che si avvale di un growl davvero ben costruito il quale dona il giusto impatto all’intero comparto delle lyrics in dialetto napoletano.
L’intero album gode di un ascolto estremamente fluente alternando picchi di aggressività e pathos, con una onnipresente linea melodica tipica dell’antica canzone napoletana, target preannunciato dalla band e pienamente rispettato, regalando così alla scena del Black moderno una novità davvero inaspettata adatta non solo ai neofiti del genere ma ad ogni categoria di ascoltatore di tale genere, non esiste una versione in cui Parthenope potrebbe deludere l’ascoltatore, tuttavia è un lavoro totalmente sconsigliato a chi ricerca il grezzo dei primi anni del Black, qui infatti la cura dei dettagli e delle armonie è maniacale come anche quello delle orchestrazioni.
Anche la produzione in studio è di altissimo livello, vale la pena considerare che Parthenope è stato partorito nella stessa sede in cui artisti del calibro dei Fleshgod Apocalypse hanno adottato per le loro sessioni in studio, su questo fronte quindi si sfiora l’impeccabilità ed una professionalità di enorme rilevanza.
E’ un lavoro tecnicamente impeccabile, tuttavia senza grandi picchi, l’intero plot si mantiene su un livello tecnico estremamente elevato ed attento al dettaglio come anche alla pulizia del suono, battute, tempi, armonie, sono tutte al posto giusto, in una produzione di questo calibro tuttavia questo risulta essere un ulteriore punto a favore, è un composto omogeneo di alto livello nel quale la band si fa degna di questo nome eliminando qualsiasi parte predominante sull’altra dando una nuova luce al concetto secondo la quale non serve virtuosismo per definire degli ottimi musicisti, in Parthenope tuttavia l’elemento di spicco è da definire proprio nelle orchestrazioni, è incommensurabile il lavoro sulla stesura di queste parti, il quale può essere doppiamente apprezzato nel disco bonus ove presente la versione interamente orchestrale del disco.
Le somme sono davvero ottime, Parthenope si guadagna un voto prossimo al massimo, perfezione inficiata da scelte melodiche nei riff di chitarra leggermente ripetitive, che ad un orecchio poco critico potrebbero risultare inesistenti, il che in ogni caso non inficia in nessun modo l’apprezzamento totale di questo disco.
Questo è uno di quei rari casi in cui una recensione non potrebbe effettivamente coprire il valore intrinseco di tutta l’opera, tale è il concept e la maniera in cui viene edificato musicalmente che ogni parola è superflua, disco consigliato e da riascoltare più volte per carpirne le varie sfaccettature.

VOTO 95/100

Artic

Band : Scuorn

Line up : Giulian - Vocals, All Instruments & Orchestral Arrangements

Genere : Parthenopean Epic Black Metal

Paese : Italia

Città : Napoli

Discografia :
Fra ciel' e terr' Demo 2008 
Fra ciel' e terr' Single 2016 
Parthenope    Full-length 2017

Contatti :




sabato 1 aprile 2017

Tractors - Vivi e Vegeti ! - Intervista #4



A cura di Artic

1 - Salve ragazzi, benvenuti in questa intervista agricola !
Parlateci un po' di voi, una piccola panoramica da quando eravate poveri vangatori a nobili metallari ornati di trattore !

-Emi-: Siamo diventati ancora più poveri amico mio. L’italia e non solo sta andando a picco mentre i nostri genitori deridono l’Inghilterra che ha deciso di staccarsi dal cordone ombelicale. Siamo poveri perché ci siamo fatti un bel po di strumenti sia da studio che live…Ludwig prestigiose, Jackson e non solo…In quegli strumenti c’è una anima (anzi tante anime) ma ci sono voluti tanti soldi…per non parlare delle apparecchiature!

-Emi-: E quindi bisogna zappare il doppio e piantare piantare piantare se vogliamo restati vivi e Vegeti (non vegetali)

-Mic- In verità del trattore ci è rimasta solo la ruota che ci accompagna live ahhahahaha !
Comunque scherzi a parte, Io sono l'ultimo entrato nella band in sostituzione di Mike che per problemi di salute ha dovuto abbandonare, anche se, il resto dei ragazzi li conosco da una vita, l'idea nasce 4/5 anni fa dietro ad una o forse svariate bottiglie di birra e se non sbaglio il nome venne proposto da Emiliano. L'idea di base era di rinverdire un po la scena Power Thrash Teutonica arricchendola con un costrutto lirico che esaltasse la vena ribellistica selvaggia e agricola da qui è stato ribattezzato il genere Agri-Metal !!!!

-Gio- Bene ho iniziato a suonare la batteria a 15 anni il mio primo gruppo Kiss per poi passare nei Minefield il mio primo gruppo metal dopodiché ho suonato in un po di gruppi rock e poi sono entrato nei Tractors 

2. La domanda sorge spontanea, cosa vi ha spinto a suonare metal con tematiche ovviamente agricole? E’ quindi una libera sfida al folk dei Fain ?

-Emi-: Non conosco i Fain ma sicuramente sono bravi! No…Paolo ha sempre fatto il contadino da decenni e ci pareva giusto onorare le sue imprese (e non solo). Proposi  anni fa il nome Tractors a Paolo anche se non sapevo che avrei suonato con lui…sapevo che gli piaceva tanto il Thrash ma ovviamente volevo apportare qualche piccola modifica sul tema…anche il nome doveva sembrare più “particolare”…e se non lo prendeva lui che sul trattore ci mangia e ci studia i riff  anche…

3. Avete aneddoti simpatici da raccontare sia in studio che live ?

-Emi-In studio ci penserà Michele a raccontarti tutto…penso che mi odia!

-Mic- Aneddoti simpatici penso che potremmo scrivere un libro tra quello che succede nella nostra fattoria, diciamo che la cosa più simpatica per me e dare fastidio ad Emiliano e farlo sbroccare perché mi fa morire dal ridere quando gli si prendono i cinque minuti !!!!!!
Si in fase di registrazione arrivo spesso a dichiarargli odio dato che come tecnico del suono è molto pretenzioso e mi fa suonare un accordo almeno 20 volte hhahahahahahahahahahah !!!!!!!!!!
Aneddoti live non dimentico il viaggio per raggiungere Voghera, dove ci siamo fatti l'intero viaggio con una colonna sonora personalmente selezionata da un nostro caro amico che è David Folchitto penso che lo conosciamo tutti; quel giorno era in trasferta con noi in sostituzione del nostro "batteraio" Giorgio e ci ha deliziato con classici del trash italiano marchiati Pippo Franco e l'indimenticabile Torna a casa Lessie !!!!!

-Emi: in realtà Michele non mi ha dato mai fastidio tranne quando è troppo preso dai suoi interessi personali ed effimeri…ma l’ho visto dare fastidio a Paolo con scarsi risultati visto che Paolo ha armi atomiche e una saccocciata di insulti per chi lo scoccia…

4. Quanto è stata effettivamente d’ispirazione la scena Thrash Metal anni 80 nella vostra composizione ? 

-Emi- Sicuramente per Paolo è la fonte principale di ispirazione, diciamo che la abbiamo tutti un po’ nel sangue, ma abbiamo deciso di prendere ispirazione da molte altre cose ovviamente. L’intento principale era fare un gruppo tra il Thrash e lo Speed Power tedesco ma se hai sentito i nuovi pezzi ci siamo allargati molto. Cosa faremo da grandi? Ovviamente quello che ci sentiremo di fare senza troppe paturnie o preconcetti…poi da quando Paolo si è messo a riascoltare i Rush e Michele i Faceless…o io i Vektor (hanno il nome di un mio gatto che Michele adora)…mmm..chissà. Siamo cmq dei grandi Defender !

-Mic- Diciamo che il Thrash si è un ottima fonte d'ispirazione anche se non ci rifacciamo solo a quel determinato genere, nelle nostre composizioni puoi trovare di tutto dal Riffone Thrash o Death come anche perché no anche Power. Non ci piace ancorarci solo ad una determinata corrente musicale anche perché siamo quattro individui con esperienze e ascolti totalmente diversi c'è chi come me ama il Death Metal, il Prog ma anche la musica classica e chi magari rimane saldamente ancorato a un determinato genere questo è il bello di stare in una band come i Tractors che ogni composizione si differenzia dalle altre perché ci sono quattro individui che non la vedono musicalmente allo stesso modo.

-Paolo- Diciamo che è stata abbastanza fondamentale per gettare le nostre basi,facendo riferimento alla scena americana della Bay Area e a quella teutonica, fondendolo anche con lo speed/power sempre di quel periodo,con l'aggiunta  della nostra personalità per dare il risultato finale.

-Gio- Bhe l' ispirazione non é solo dagli anni 80 cmq io penso che nel metal come quello che proponiamo sia stata molto importante 

-Mic- Cmq una cosa è certa che molte sono le band che ci hanno influenzato Slayer, Kreator, Iron Maiden, King Diamond e Mercyful Fate e chi più ne ha più ne metta !!!!!!!!!!!!

5. Come nasce una canzone dei The Tractors ? 

-Emi- :Ci si raduna in sedute spiritiche e si sacrificano pannocchie al dio ! Ci sono vari casi o uno di noi preso da ispirazione la fa a casa con santa calma oppure ci raduniamo e ognuno porta un riff…ma non  ci sono regole…le pannocchie ce le mangiamo noi non le regaliamo a nessuno!

6. Avete qualche progetto che bolle in pentola e del quale vorreste dare qualche piccolo spoiler ? 

-Mic- In pentola penso che fervono i preparativi per il prossimo live che sarà il 30 Marzo al Traffic Live Club come supporto ai mitici Tygers of Pan Tang
A livello discografico è appena uscita una bella e ruspante compilation a cura della SG Records che ci vede presenti insieme a due nuovi brani che sono Chicken Life e  Sale Marino, per il resto pensiamo a comporre e a prepararci si spera a breve per registrare il nostro primo Full – Lenght!!! 

7. Dove possono raggiungervi i vostri fan ? Avete solo una pagina faceook oppure disponete di website e merch ?

-Mic- Al momento siamo presenti solo su Facebook sia come pagina band che con i nostri profili personali, abbiamo anche un profilo Instagram che ahimè vorrei curare un po di più ma la giornata dovrebbe essere fatto di almeno 36 ore. 
Comunque tutti gli Agri-metaller possono chiedere direttamente a noi tramite facebook, poi ovvio che trovano tutto nel banchetto ai nostri concerti.

Artic

Band : Tractors

Line Up :
Emiliano Natali - Bass,Vocals 
Paolo Nevi - Guitars,Vocals
Michele Arnone - Guitars
Giorgio Pioli - Drums

Genere : "Angri Metal" (heavy, speed, thrash, German power metal, old school horror Metal = AGRIMETAL)

Paese : Italia

Città : Viterbo

Discografia : Io Campo (Ep 2014)




venerdì 31 marzo 2017

MISTEYES - IL TRAILER DEL NUOVO VIDEOCLIP !



Ci siamo, il conto alla rovescia è iniziato, Il videoclip di "Creeping Time" è stato rilasciato dalla band Misteyes e stiamo tutti aspettando con impazienza di vedere finalmente il video completo. Nell'attesa ci godiamo il trailer, che non fa altro che aumentare il nostro hype !

Anthony



mercoledì 1 marzo 2017

Night Owl - Dailymotion




Un film dimenticato, che vale la pena riscoprire e godersi. Cliccate sul link per aprire la pagina di streaming dal sito Dailymostion, assolutamente sicuro. Una storia di Vampiri, adulta e tormentata, dai toni cupi e disperati, per chi ha amato The Addiction.
Anthony