giovedì 11 agosto 2016

Thanatomorphose - Recensione 25

Grazie a Caroline Darko

Oggi, per la 25esima recensione di film al limite, nella Stanza B-151, una recensione un po' diversa, abbiamo un' ospite veramente gradito e che definire "speciale" è poco. Di seguito, potrete trovare la recensione di "Thanatomorphose", scritta per l' occasione insieme a Caroline, dello splendido blog Suspiria che vi invito a seguire. Quindi ecco la sua analisi, la mia la troverete dopo, leggetele entrambe, magari ci troverete spunti diversi ! 
Anthony 


Thanatomorphose - A cura di Caroline Darko

Laura è una ragazza esile, graziosa e calma, che vive una vita noiosa e statica. La ragazza è un'artista momentaneamente in fase di blocco, lavora e ha una casa tutta sua. La sua relazione amorosa è fatta di abusi e violenze, le sue amicizie sono superficiali e non ha nessun altro accanto e ciò la corrode interiormente. Comincerà piano piano a deteriorarsi, a morire dentro: avrà origine così la sua decomposizione fisica, pur restando ancora viva e Laura, che ha riscoperto la propria sessualità, riprenderà poco a poco la sua morte, fino ad arrivare al decadimento e alla fine delle sue sofferenze.
''Thanatomorphose'' ha bisogno delle degne presentazioni; esso è, infatti, un body horror filosofico e allegorico dalle tonalità originali e struggenti.
Film canadese, è il grande, originale e prezioso esordio alla regia del regista Éric Falardeau, realizzato il 2 Ottobre del 2012. Thanatomorphose è una parola francese, che simboleggia il succo più importante del film: la mutazione che la morte provoca al nostro organismo. La promettente e sconosciuta Kayden Rose la vediamo nei panni della protagonista Laura, ovvero il ruolo primario e più rilevante del film, dove svolge un lavoro grandioso e di ottima professionalità.
Non consigliabile a tutte le tipologie di pubblico, il film è weird allo stato puro, nocivo, corrosivo, inquietante e disturbante. Siamo di fronte ad un'opera antropologica e filosofica, che renderà soddisfatti gli amanti del genere e del gore, pur non contenendo una moltitudine di scene altamente e puramente splatter. Il film comincia con immagini psichedeliche e bizzarre, colorate di rosso, blu e di tinte fosforescenti rimandanti al film francese ''Irréversible'' di Gaspar Noé, che infastidiscono e al contempo affascinano non poco. Da lì, la pellicola può essere mal digerita, avendo un ritmo piuttosto tedioso e annoiante, anche se con la giusta dose di incalzamento per gli estimatori. Fluisce molto lento, catapultandoci nella quotidianità della protagonista e facendocela vivere in prima persona. Il senso di soffocamento ansiogeno ci percuote e siamo spinti a percepire ogni emozione di Laura, ogni sentimento scaturito dalla noia e dalla stasi, dalla monotonia che tanto uccide.
Siamo noi stessi a morire insieme a lei.
Il decadimento ci attanaglia e qui fa da star, avendo tutti i riflettori puntati addosso al contrario della fertilità, della crescita. C'è una lotta tra l'eros e il thanatos così forte e palpabile che ciò diviene il punto saliente e principale di tutta la narrazione: il film si basa principalmente sulla battaglia fisica e psicologica tra la vita e la morte. Mentre la vita nasce, si moltiplica, continua a dare i suoi frutti e a tenere in vita il suo soggetto, la morte lo rapisce, cattura il suo corpo come un ladro facendo di esso la propria vittima e la propria amante, per poi infine farla appassire e morire.
Laura è viva, svolge la sua vita, compie le medesime azioni di ogni dì, ma intanto il suo corpo si decompone, lentamente viene corroso da necrosi e mangiato dalle larve. Le larve che ci avvisano che la morte è giunta e sta avendo la meglio, quelle che tanto ci rammentano ''Suspiria'' e ''Phenomena'' del maestro nostrano Dario Argento e ''Demonia'' dell'immenso genio di Lucio Fulci.
I temi qui trattati si rifanno ai capolavori del genere del regista Jörg Buttgereit ''Nekromantik'', ''Nekromantik 2'' e ''Der Todesking'', avendo come tema principale la morte e la visione di essa completamente artistica, mentre la claustrofobia rimanda a ''Repulsione'' , ''Rosemary's Baby'' e ''Carnage'' di Roman Polanski e al più recente ''Musarañas''. La parte legata all'eros e thanatos, il continuo macchiarsi di rosso, il reclutamento in casa e la figura femminile, ricordano il bellissimo ''Cannibal Love'' di Claire Denis.
La regia è lenta ma di ottimo livello, con una fotografia pregna di rosso, magenta, nero e colori caldi... fatta di toni scuri e contrasti e, sopratutto verso la fine, di tinte verdastre e cupe.
Il tutto è contornato da una colonna sonora di estrema bellezza: da un lato abbiamo la traccia permeata da beat e bassi profondi, che ci ricorda ''Valley'' tratta da Phenomena e ti guida nei frammenti psichedelici, ritmati e a sfondo sessuale e violento; dall'altro invece, si presenta un sottofondo disturbante, difficile, dove primeggiano i violini creando un contrasto dissonante e melodioso... La musica ricorda la colonna sonora di ''Cannibal Love'', l'immensa e drammatica ''Trouble Every Day'' targata Tindersticks ed è la più adatta per descrivere lo stato mentale e fisico di questo prodotto. I violini accompagnano molte scene del film, tra cui quelle in cui si ha a che fare con la vera e propria decomposizione, con la morte in sé. Sono disarmonici come il film stesso, privi di un vero ritmo, ma colmi di note aspre e strazianti. E' come un lamento continuo, lo sfogo delle pene subite... come gli urli struggenti, drammatici e disperati di Laura, che grida al mondo un dolore troppo grande, che rimbomba e rimane racchiuso in quelle quattro mura di cui lei è prigioniera, intrappolata.
L'atmosfera è tetra e l'ambiente agorafobico, si rimane intrappolati in quella casa come se fosse la più misera e malsana prigione esistente: come se fosse la nostra minaccia.
Questo rispecchia la realtà in cui viviamo, perché in un modo o nell'altro siamo tutti schiavi di qualcosa, di qualche posto: siamo tutti in gabbia, ma non ce ne accorgiamo.
Un'altra morale del film è proprio questa: portiamo avanti i nostri corpi, trascinandoli nei posti più bui, stanchi e dilaniati, morti, mentre viviamo una vita vuota e deceduta, deceduta come il nostro Io più interiore.
Laura è vittima di abusi sessuali da parte del suo ragazzo, si lascia andare fisicamente con un altro uomo e credendo di avere un'eritema causato dalle violenze subite, non si rende conto di star cominciando a perdere tutto... anche se probabilmente l'ha già perduto; ha perso ogni valore, ogni amico, ogni familiare, ogni passione, ogni ispirazione: l'amore.
Mentre da un lato la voglia di vivere si è assopita e ha lasciato spazio a quel che rimane dell'apatia, una parte di sé, (il corpo) lentamente marcisce mentre qualcosa rinasce e continua ad essere: la sessualità.
Tramite la morte e il dolore, si ha una visione sofferente, perversa, importunante e complessa del sesso, una rinascita spirituale e interiore verso i piaceri della carne. La più alta forma di desiderio sessuale la vediamo qui tramite gli atti compiuti con gli uomini, il desiderio di avere rapporti nonostante il corpo sia rinsecchito, putrefatto e malconcio e, più principalmente, tramite l'auto-erotismo. L'auto-erotismo è forse la più alta rappresentazione della perversione sessuale, la voglia di procurarsi piacere e il godimento che si prova osservando nudo il proprio corpo percosso da spasmi da noi stessi recati... ed è proprio ciò che, ripetutamente come un rituale giornaliero, la protagonista si accinge a fare, fino a sanguinare, fino a farsi male, fino a non provare più nulla: fino a morire.
La morte è in questo senso un contenuto redivivo che riaccende ciò che la vita ha spento.
Durante la nostra esistenza, noi perdiamo i valori, le persone a noi care; siamo schiavi di una società superficiale, consumista, limitata, frivola... e ne diveniamo vittime.
Si è schiavi di un mondo in cui vale soltanto l'aspetto esteriore, in cui si è esteti ma senza limiti e a livello negativo, dove non si apprezzano le cose per come sono realmente ma unicamente per come appaiono, dove si usano le persone soltanto per loschi scopi: dove si desidera il corpo, ma non l'anima.
Lo sguardo al mondo che Falardeau vuole dare è anche questo: siamo soggetti a sofferenze indotte dalla falsità e dalla pochezza degli altri e con esse noi siamo portate a morire, prima interiormente e poi esteriormente... giungendo al completamento.
Siamo corpi morti che si reggono in piedi e fingono di vivere un'esistenza già buttata e consumata.
Siamo solo cadaveri privi di vita.

La carne si decomporrà e consumerà fin dentro le interiora, le larve si nutriranno di noi e ci consumeranno... e la vita spirerà fino a quanto non diventeremo solo dissipata polvere.
Caroline


Thanatomorphose - A cura di Anthony
Arriva dal Canada questa pellicola così estrema e “strana” che non poteva non farci rizzare le orecchie. Thanatomorphose è un Body Horror estremamente Weird e malsano, del regista “Éric Falardeau”, qui alla sua opera prima, dove l' idea stessa di base è Weird e lo sviluppo della trama, non può che far attizzare gli amanti di un certo cinema, per lo più girato in un certo modo, come me !
Ma passiamo alla trama, Laura, è una ragazza carina quanto basta... non un mostrino, ma neanche una grande bellezza... diciamo però che vestita di bianco simil-gelataia, con frangetta rossastra e occhiali da intellettuale, fa il suo figurino. All' inizio del film, ha un rapporto sessuale con un tizio che non brilla certo per simpatia, che pare essere il suo ragazzo, o comunque qualcuno che ha una certa storia con lei. Anche grazie ai pochi dialoghi, il film è lento, pieno di tempi morti ed inquadrature statiche, quindi non si capisce bene per quale motivo, ma ad un certo punto, Laura inizierà a decomporsi, pur essendo ancora in vita. Nonostante il dolore e lo spavento, mentre la sua carne si corrode, aumenta in lei un incontenibile desiderio sessuale, la vedremo masturbarsi e fare sesso mentre le sue necrosi si espandono e piano piano, sarà totalmente marcita.
Qui il decomporsi viene visto come il decadimento di uno modo di vivere, la morte dei valori quali l' amore, l' amicizia e degli affetti in genere, quali possono essere i familiari ad esempio, e l'evidente conseguenza di questa morte. Siamo marci dentro, tutti, ma non ce ne rendiamo conto, perché finché il corpo, l' esteriorità è piacevole, allora chi se ne frega se sei morto dentro ? Ed ecco che qui entra in scena il sesso, che non solo rende il tutto più marcio, malsano... perché insomma, lo sappiamo bene che aggiungere delle scopate su certi temi, rende immediatamente un' idea perversa e malata, ma un “sesso stuprato”, fatto per liberare le endorfine, ma dimenticandosi quasi dell' “amore” di cui esso dovrebbe essere il culmine; e lo si nota molto chiaramente nella scena in cui dei ragazzi, gli amici di Laura, stanno insieme sul divano e passano il tempo a sbaciucchiarsi, senza “fare realmente qualcosa” per stare insieme, ma condividere il tempo solo per non essere da soli, e non perché si ama e si apprezza la compagnia di quelle persone in particolare, una scena che nonostante i sorrisi dei giovani (e ci sono pure un paio di belle ragazze), trasuda una tristezza immensa. Qui la componente sessuale si allontana da quello che può essere in Nekromantik, Aftermath o in Lucker The Necrophagous, dove il corpo del cadavere, diventava l' oggetto del piacere, la rappresentazione di un desiderio oscuro e malato, ma che, ovviamente, era il modo dei registi di parlarci di altri temi, in Thanatomorphose invece, è il corpo stesso della protagonista a diventare cadavere, e desiderare il sesso, ma non si tratta di necrofilia, in quanto, la ragazza, seppur decomposta è ancora in vita, e poi, non è un voler fare sesso con un defunto, ma quanto un “defunto” voglia fare sesso, con chiunque, ed è molto diverso. Quando Laura si allontana ed uno dei ragazzi prova un approccio con lei, è palese l' intenzione del regista, di denunciare “l' amicizia” fasulla, quella che ci porta ad approcciare con delle persone, solo perché ci piacciono e ci attirano sessualmente; “l' amicizia tra uomo e donna esiste ?” secondo il regista sembrerebbe di no. Ma il punto cardine del film, torna ad essere la condanna del sesso occasionale, del sesso “ricreativo” usato non per darsi piacere, come dovrebbe essere, ma per alleviare lo squallore della vita, la morfina che ci salva dalla decomposizione della nostra esistenza. Siamo morti che camminano e ci sentiamo vivi solo scopando, ed è il sesso che cerchiamo assiduamente, è il sesso che è ovunque, usato ed abusato nella pubblicità, nello spettacolo, nella televisione... gli stimoli sessuali sono dappertutto e sbattuti in faccia senza nessuna remora. La ricerca continua dell' orgasmo come la ricerca della dose per un eroinomane: ormai non ci da nessun piacere, ma non farlo ci fa del male. Non ci fermiamo e non ci rendiamo conto di quanto la nostra società si sia non solo iper-sessualizzata, ma è anche incredibilmente ipocrita, nel non ammetterlo, nel non riconoscerlo. Altro tema toccato dal regista, è quello della correlazione tra sesso, droga e malattie come accadeva in “Rabid – Sete di sangue”, anche se in modo marginare e non approfondito, come nel film del conterraneo Cronenberg. E' palese nella scena del rapporto orale, dove la fasciatura sulla testa di lei si riempie di sangue incredibilmente scuro e denso, dove è più che evidente che c'è qualcosa che non va, eppure loro non si fermano, continuando l' atto fino alla sua completezza. Stesso escamotage viene usato in una delle scene di masturbazione della ragazza, dove il lenzuolo si riempie di sangue, proprio all' altezza del suo pube durante l' atto, ma lei pare non curarsene, ma si preoccupa solo di venire. Tecnicamente il film è molto piacevole. Una regia lenta, con numerosi tempi morti, una particolare attenzione viene data alle scene distintive del filone dei Body Horror, ad esempio l' unghia che si alza, sangue dalle gengive, un chiodo sotto ad un piede, larve in primo piano... e soprattutto le necrosi che si formano man mano, partendo da essere delle irritazioni, poi dei lividi che si espandono sempre di più, per poi arrivare alla vera e propria cancrena con conseguente decomposizione. Il tutto viene reso egregiamente con una fotografia “afosa” fatta di rossi spenti che si appiccicano addosso, ambienti bui e con luci minimali ed ovattate, che prendono vita attraverso un abbondante uso della camera a mano e di inquadrature quasi statiche. Il regista ci fa “assaporare” la lentezza della decomposizione e lo spaventoso tormento che essa si porta dietro, attraverso i suoi tempi dilatati, lunghi silenzi e close-up succulenti sulle parti del corpo che si staccano man mano. Inutile dire, adoro questo modo di dirigere, vicino ai capolavori del genere come “Der Todesking” o anche “Nekromnatik 2” dello stesso regista “Jörg Buttgereit”, ma che ricordano anche capisaldi dell' horror più “accessibile” come “Rosemary's Baby” e “Repulsion” di Polanski, soprattutto per le location del film, praticamente sempre lo stesso appartamento, come accadeva nei capolavori sopracitati, dove l' appartamento diventava una tana, un posto dove rifugiarsi per leccarsi le ferite e stare al sicuro, in questo film invece, la propria abitazione è un posto opprimente, dove nessuno viene a trovarci e possiamo morire soli e dimenticati, anche da vivi, ma in avanzato stato di decomposizione.
Quando poi, Laura, totalmente marcita ormai, chiede al ragazzo di fare sesso con lei, il rifiuto di questo ci riporta alla chiave di lettura iniziale del film, ovvero, che succede se oltre che ad essere morti dentro (e ad affogare quindi, questo dolore nel sesso compulsivo), fosse visibile anche fuori la morte della nostra felicità ? Perché le persone depresse, poco curate, non vengono amate ? Perché il loro aspetto non è piacevole e quindi la depressione aumenta e tutto si riduce ad una putrefazione vivente : Mi amavi quando ero bella e desiderabile, ma ora che non lo sono più, mi ami ancora ? Farai l' amore con me, anche se non ti piaccio ? Anche se ti faccio schifo ? Una profondità rappresentata con un' opera assolutamente estrema e scioccante, ma anche assolutamente splendida, un inizio col botto quello di Éric Falardeau, che si conquista sicuramente un posto nel cuore del appassionati del genere, con una pellicola, già destinata a diventare un cult. Assolutamente consigliato !
Anthony

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