Eravamo vicini quando, nelle fredde notti d'inverno ci scaldavamo facendo accostare i nostri corpi nudi sotto le coperte.
Eravamo così legati da tutto ciò che
poteva chiamarsi amore e più di noi, nulla vi era.
Come saremmo stati felici insieme in
un'altra vita magari, senza pensieri, in riva al mare in qualche
paradiso caraibico.
Ma ora sei li di fronte a me, sembri
non riconoscermi.
Era la follia assassina di Selina, la
quale continuava ad avventarsi sul cadavere del suo fidanzato, come a
volerne strappare l'anima dalle spoglie oramai deturpate e prive di
vita.
D'un tratto si scosse, una voce la
chiamava, la invitava ad un uscire fuori, di dileguarsi nel buio, la
voce parlava di qualcuno, la stavano cercando e lei doveva fuggire.
E fuggì.
In mano aveva ancora il coltello con il
quale aveva tolto la vita all'uomo che tutto era per lei prima che
arrivasse la Voce.
Doveva seguirla senza fare storie. E
così fece. Si fece largo nelle strade deserte, mentre nella notte
una sirena; avevano dato l'allarme, non doveva farsi prendere, la
Voce la guidava e Selina imboccava vicoli su vicoli incurante della
sottile vestaglia che la ricopriva, sembrava conoscere da sempre
quelle strade, eppure si era trasferita in quella cittadina da
qualche mese.
Arrivò all'ingresso di un palazzo che
all'apparenza sembrava abbandonato, ma appena lei giunse dinnanzi ad
una porta di metallo arruginita uno spioncino si aprì e dopo un
attimo scattò il chiavistello che le consentì di entrare.
Era all'interno da pochi secondi quando
la Voce le sussurò : Hai compiuto il tuo scopo. Devi morire.
L'istinto di sopravvivenza ebbe la
meglio, cercò di scappare ma la porta che prima era spalancata
adesso era chiusa e sorvegliata da due uomini con grotteschi
passamontagna.
Ehi ma aspetta ! Aveva ancora un
coltello in mano, ed in un disperato tentativo di fuggire lo brandì
per colpire i custodi della porta, ma neanche a mezzo metro da loro,
la Voce la bloccò e la costrinse a squarciarsi lo stomaco.
Viscere e sangue si sparserò sul
pavimento e Selina morì.
Una voce la chiama.
<<Selina! Selina! Svegliati è
l'ora di pranzo!>> Pranzo ? Quale pranzo ? Dove si trovava ? Si
guardò intorno, una giovane infermiera a giudicare dal suo modo di
vestire le sorrideva dalla porta.
Ammiccò per schiarirsi la vista e
scende dal letto.
La colpì un dolore lancinante allo
stomaco, si sollevò la vestaglia e scorse una rossa cicatrice
orizzantare nel basso ventre.
Era tutto reale ? Era successo davvero
? Aveva davvero ucciso il suo fidanzato ? I ricordi le salirono alla
mente ed ebbe un violento conato di vomito, dopo che si fu ripresa,
l'infermiera l'aiutò ad alzarsi dal letto e l'accompagnò al reparto
mensa, dove altre persone stavano già consumando il pasto in un
deprimente silenzio.
Sedette a tavola e iniziò a mangiare
ciò che le veniva servito.
Dall'aspetto vi era una bella bistecca
di carne, però non aveva mai visto quel tipo di taglio, era davvero
strano.
Assaggiò e le piacque anche, iniziò a
mangiare con gusto e i dolori parvero placarsi, dopo poco si alzò
dal tavolo e decise che le avrebbe fatto bene una passeggiata e così
imbocco un corridoio, poi un altro, poi un altro, e più avanzava e
più sembrava aumentare una strana aura di tenebra.
Si ritrovò dinnanzi ad una porta di
ferro di fattura rozza ed a tratti arruginita, perchè decise di
aprirla non lo sapeva, se ne pentì subito dopo, perchè quella porta
conduceva in una spaziosa stanza quadrata dove persone corpulente e
deformi macellavano quelle che erano persone.
La carne che le era tanto piaciuta era
carne umana.
La videro.
O per meglio dire, la fiutarono, perchè
erano tutti ciechi ed al posto degli occhi avevano vuote orbite a
volte abitate da vermi che si nutrivano della loro cancrena.
Due mani possenti e rozze la
afferrarono, cercò di divincolarsi ma era tutto inutile, come in un
lampo carpì stralci della realtà intorno a lei.
Veniva sollevata.
Veniva appesa ad un gancio. Il dolore.
Un coltello.
Il suo sangue in una vasca.
Si svegliò di soprassalto, si ritrovò
a fissare il soffitto di casa sua.
Ma che cosa era successo ? Era un sogno
senza dubbio, era tutto ok, era li nella sicurezza della propria
casa.
Le dolevano lo stomaco e la gola,
probabilmente colpa del ciclo e di una congestione, poteva capitare
si disse.
Entrò in bagno, si guardò allo
specchio e notò un taglio alla gola, alzò la vestaglia e trovò
anche lo squarcio all'addome.
Era un incubo non c'erano alternative,
non poteva essere vero, era tutto così assurdo!
Doveva uscirne e non sapeva come,
dov'era il suo fidanzato ?
Era vivo o morto ? La risposta era alla
sua destra. Era lui, deturpato così come lei lo aveva ridotto,
brandelli di carne penzolanti ovunque, le ossa delle mandibole
scoperte, era un mostro, non l'uomo che aveva amato. Ma perchè lo
aveva ucciso ? Non se lo ricordava e se lui era lì come faceva ad
essere morto ? Nel frattempo però se la sua mente si poneva quesiti
alla velocità della luce, lei rimaneva impietrita, e non riuscì a
reagire nemmeno quando lui cominciò a mangiarla partendo dalle
estremità.
La mantenne in vita per farle provare
ciò che aveva provato lui.
Oramai allo stremo la vita l'abbandonò.
Di nuovo.
Stavolta era pronta a tutto, sapeva che
si sarebbe risvegliata in qualche posto assurdo e con le sue ferite
di ogni "vita" passata.
Aveva ragione, ma solo in parte, era in
un posto sconosciuto, un albergo forse, ma le sue ferite erano
sparite, anzi, era vestita in una delicata tuta bordata di rosa.
E le ferite ? Si era svegliata ? E
dov'era ? Nel frattempo uscì fuori, imboccò il corridoio e prese
l'ascensore, mentre le porte si chiudevano da una stanza adiacente
uscì uno dei macellai dell'ospedale.
Impazzita dal terrore si scostò dalla
porta e mentre l'ascensore scendeva verso il basso lei lo udì
urlare.
A quell'urlo se ne aggiunsero altri ad
ogni piano che oltrepassava.
Era braccata, e da tutti i piani
giungevano urla che si richiamavano a vicenda quasi a coordinare
quella macabra caccia all'uomo che si stava per svolgere.
Giunse finalmente al piano terra dopo
quella che le sembrò un tempo infinito, e li lo shock.
Era di nuovo nelle cucine dove gli
uomini venivano sgozzati; ma proprio li davanti a lei, si rivide
sgozzare da un essere deforme.
Stava rivivendo il suo risveglio in
terza persona.
Tutti nella stanza la videro e le
urlarono contro, quanti erano ? Dieci ? Venti ? Non lo sapeva, doveva
solo fuggire.
E lo fece.
Correva a ritroso lungo il corridoio
che ricordava vagamente, ma eccola fuori dall'ospedale.
Non si fermò a controllare dove fosse,
pensò solo a scappare, finchè non si ritrovò nello stesso vicolo
dove tutto era iniziato, e li di nuovo vide il suo alter ego venire
squarciato e lasciato morire.
Superò tutto con un balzo, non voleva
vedere tutto ciò, non voleva ricordare, e mentre fuggiva ebbe un
blackout.
Era in casa sua, e la Selina di quel
momento passato stava per uccidere il suo fidanzato.
Doveva impedire almeno quello.
Afferrò il braccio della sua
"gemella", finirono a terra, ma questa la bloccò al
pavimento e le vomitò addosso litri di sangue.
Gridò con quanto fiato aveva in gola.
Le luci si accesero ed una voce la
chiamava.
Era lui, il suo amato, la chiamava e
scuoteva, sapeva essere tutto vero perchè ne sentiva il calore, e
senza smettere di piangere affondò la faccia nel suo petto e pianse.
Passarono i minuti, le ore e lei
continuava a piangere.
Alzò lo sguardo, e lui la fissava con
amore, le disse che era stato un sogno, era tutto passato, qualsiasi
cosa fosse successo, ora erano assieme, lei gli credette, e lo baciò.
Il mattino seguente i segni dei suoi
sogni erano ancora evidenti.
La paura l'attanagliò a tal punto da
spingerla a gettarsi dalla finestra dell'albergo in cui viveva, lo
stesso nel quale lavorava come cuoca nella sala da night dello
stesso.
A volte il confine fra sogno e realtà
è talmente sottile da unire le due cose.
Artic