A cura di Anthony
E' Passato un po' di tempo (mea culpa),
dall' invio di questo disco ed ho tardato a recensirlo per altre cose
che avevo in scaletta. Comunque, proprio per questo, bando alle
ciance e iniziamo la recensione!
Il Black metal si sa, è molto più
versatile di quanto non si creda. Un genere molto chiuso e che
raramente mostra il volere di aprirsi ad altre contaminazioni, ma che
quando misto a generi che gli conferiscono ben altre emozioni ed
interpretazioni, diventa qualcosa di veramente magico, per chi, come
noi, ha il gusto (e perché no, anche l' esperienza), di apprezzare
certe cose.
E' il caso di questi ragazzi torinesi,
i Blacksters “Gotland”, di cui oggi mi trovo a recensire l' album
di debutto sulla lunga distanza “Gloria et Morte”, in attesa del
secondo full-leght album, che vedrà il nuovo vocalist Edoardo
“Irmin” Iacono, già co-frontman dei grandiosi “Misteyes”,
con l' ugola d'oro di Denise “Ainwen” Manzi, dietro al microfono.
Qui infatti, è ancora la voce di “Vidarr” (che ha lasciato la
band subito dopo la registrazione dell' album) ad accompagnarmi in
questi undici pezzi, che iniziano con “Proelium Aeternus –
Intro”, suoni glaciali e cupi che iniziano già a non promettere
niente di confortante, mentre qualche nota di pianoforte squarcia il
synth iniziale, creando una danza funesta, fatta di poesia macabra e
oscura epicità. Niente di insensato, ma anzi, una mano nera che ti
prende e coinvolge attirando magistralmente l' attenzione,
trasportandomi quindi a “Courage to Die” la prima vera traccia al
numero due. Riffing veloce e aggressivo su una produzione tipicamente
black metal. Immediatamente la voce violenta invade le casse e
inaspettatamente mi trovo un intermezzo di piano che va a smorzare la
furia del blast beat e il vortice inarrestabile delle chitarre che si
tramuta in un poderoso palm-muting. Sono immediatamente riconoscibili
le attitudini tipiche dell' Epic metal dei Gotland, messe si in
secondo piano rispetto alla base assolutamente Black metal, ma non
per questo meno importanti. L' epicità qui è palpabile ed è
essenziale ai fini della resa artistica desiderata dai torinesi. Cosa
che si ripete nel brano seguente “A New Reign” che sbalordisce
con l'entrata in scena di strumenti a fiato, bellissimi e piacevoli.
Ornamenti di flauti e (credo) cornamuse, ad affiancare le chitarre su
un tappeto ritmico notevole e assolutamente da head-banging :
Qualcosa di sublime ! La voce tende a perdere leggermente nel momento
in cui la strofa prosegue forse un po' troppo, creando un rimando ai
Cradle of Filth, ma senza la malignità tipica del timbro di Dani
Filth. Il punto forte di questo brano sono assolutamente gli
strumenti a fiato, senza i quali non sarebbe stato lo stesso,
soprattutto quando creano riff nuovi e freschi, intrecciati a gridi
di guerra e suoni epici di battaglie, anche con l' ausilio di
campionamenti, sempre accattivanti. Un brano da ascoltare e godersi,
lasciandosi trasportare dall' energia e dalle atmosfere messe in
musica dai Gotland. Un inizio col botto praticamente, che al terzo
brano già ha saputo catturare la mia attenzione. Proseguo quindi
immediatamente con “Adrianopoli”, titolo curioso per un pezzo che
parte carico di tensione crescente, con un guitar working che salta
subito all' occhio, ops, pardon, all'orecchio volevo dire, per una
melodia potente e graffiante, prima dell' entrata in scena di una
batteria precisa e martellante, che si trasforma subito dopo in un
blast beat a tappeto, potente e che non lascia un secondo di respiro.
Le orchestrazioni pretendono il loro giusto spazio e forse un po' a
discapito delle chitarre, lo ottengono in armonie pompose ed
evocative, così come l' inizio di “Guta Saga” al numero cinque.
Trovo un brano che mi fa innamorare immediatamente già dalle prime
note. Molto più oscuro degli altri, qui è predominante la
componente black metal, che però si amalgama perfettamente con una
epicità sorprendente, non posso fare a meno di pensare agli Emperor
ed alle atmosfere eteree e malefiche portate in musica da Ihsahn e
compagni, e così, mi cade tra capo e collo la title-track “Gloria
et Morte” e la sua intro strumentale, a dir poco sensazionale.
Chitarre prepotenti, synth magnifici ed eterei, si incontrano e si
scontrano con un blast beat predominante ed acido da scampanellio sui
piatti, mentre la voce dona la sua violenza ed oscurità, persino in
un fantastico intermezzo fatto da flauti e strumenti a fiato. I riff
circolari si arrampicano su scale rock ed acide, il tutto contornato
dalle danze di strumenti folkroritici, senza però mai dimenticarsi
della potenza sonora che trova il suo apice nei cori di battaglia sul
finale. L' atmosfera si fa pesante con “Heroic Eternity” con una
intro cupa ed agghiacciante, sfociante poi nella sfuriata delle
strofa. Un brano devo dire, molto più cupo ed oscuro degli altri,
dove la componente Black prende il sopravvento e contamina tutto il
resto. Pare di ascoltare la storia di un qualche necromante che ci
racconta del suo tormento e dei suoi poteri, in un' epicità oscura.
Sensazione che si accentua nel momento in cui i rallentamenti fanno
il loro ingresso. Il tutto è pregno di malignità e le leggende
raccontate, sanno di cattiveria ed occulto, di cose negate, oscurate,
cose che non si possono e non si devono sapere ! “Slaves ov the
Empire” ed i suoi campionamenti iniziali, ribaltano questa
sensazione e mi ritrovo su un campo di battaglia medievale. Le
cavalcate della batteria seguono i cavalli nella loro corsa contro il
nemico, le chitarre raccontano di spade scintillanti all' orizzonte e
trovo un pezzo veramente vario ed entusiasmante. Dinamicità e
tecnica sono spiattellate in bella mostra, devo dire uno dei pezzi
migliori questa numero otto, che eleva tutto l' album ad un livello
ancora superiore, data la varietà e la bellezza di questo brano. Più
di sette minuti che scorrono via come se fossero tre, qui viene
palesata tutta la tecnica e la bravura, sia esecutiva che compositiva
di questi ragazzi, e mi sarebbe piaciuto trovare più brani con
questa varietà di elementi, tutti perfettamente amalgamati tra di
loro, in una ricetta perfetta ! Numero nove, occupato da “Tenebrae
in Urbe”, che apre magnificamente con il campionamento di un
temporale, arricchito da synth e pianoforte, in un connubio stupendo,
magnificamente evocativo, che sfocia poi in una violenza controllata,
precisa al millesimo e trovo anche accenni di Pig-squeal nelle
vocals. Le chitarre si dedicano a creare una tensione costante, con
una cattiveria fuori dal comune, che si addolcisce magicamente, nell'
entrata di un flauto e tutto si trasforma in qualcosa di etereo e
viscerale. Un legame alle vecchie leggende che non sono solo storie
da raccontare ai bambini, ma che bisogna conoscere ed onorare, per
dare il giusto valore agli eroi caduti in battaglia, nei secoli
passati, che mai dovranno essere dimenticati. Sul finale poi, le
chitarre si regalano un ricamo di pura bellezza sonora, da ascoltare
! Arrivo quindi al finale con “From Ashes to a New Era – Outro”,
ed il pianoforte torna a massaggiarmi la tromba di Eustacchio, con
una melodia decadente e malinconica. Un arpeggio in acustico che
altro non è se non pura estetica ed emozioni in musica, qualcosa di
veramente superbo. Nei suoi tre minuti e dieci secondi, “From Ashes
to a New Era – Outro” è un brano strumentale vero e proprio, più
che una semplice outro, nonostante i campionamenti sul finale che la
rendono più post-moderna e sperimentale, ma è comunque un viaggio
tenue e meraviglioso alla fine di questo album. Le sorprese non
finiscono qui, perché la bonus track al numero undici è “The
Spiritlord”, cover dei “Windir”, realizzata (di sicuro
appositamente), con una produzione molto più bassa rispetto al resto
di questo “Gloria et Morte”. Quindi in conclusione, mi godo
l'ultimo brano e consiglio a tutti di recuperare il primo lavoro in
studio dei “Gotland”, una prova perfetta per un gruppo alla sua prima release di spessore, da conoscere e supportare, assolutamente, e, ovviamente, da godersi, in attesa del nuovo album con il nuovo
vocalist, previsto per questo 2017 !
Voto
8 – 10
Anthony
Line Up :
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